Non è ancora il periodo della raccolta delle olive, ma all’ex cementificio al confine tra Castelvetrano e Campobello di Mazara ci sono sempre una quarantina di migranti (che tra ottobre e novembre diventano centinaia).
Persone che vivono lì per tutto l’anno, in strutture precarie poggiate su pedane di legno, senza luce, senza rete idrica e senza bagni.
Oggi sembrano circondati dai rifiuti che, non essendo differenziati, non vengono ritirati.
E la “soluzione”, come spesso accade, è il fuoco: di tanto in tanto i cumuli vengono dati alle fiamme per fare posto.
Il caldo, come è facile immaginare, rende le cose ancora più complicate.
Lo sgombero previsto nel marzo del 2020 era stato sospeso (il sindaco Alfano aveva reputato “assurdo buttare fuori questi ragazzi senza dare loro un’alternativa”) prevedendo di ospitarli in modo civile e con umanità in una tendopoli da istituire con la Croce Rossa, ma oggi la situazione è ancora in stallo.
E ancora una volta, da troppi anni, i tempi della burocrazia e dei progetti tecnici sono lontanissimi da quel buon senso e quell’umanità che si vorrebbe garantire.
EM