Le stelle sono cadute, lentamente senza lasciare nessuna scia luminosa. Qualcuno ha abbandonato la navicella prima dell’esplosione o implosione, poi gli ultimi fatti mediatici hanno accelerato anche la decisione di Davide Casaleggio: addio al M5S.
La piattaforma Rousseau è piena di debiti, i gruppi parlamentari vanno sfaldandosi, al Parlamento Europeo anche Adinolfi lascia i pentastellati per transitare al Ppe, l’ultimo video di Beppe Grillo ha squarciato l’ultimo drappo della decenza e con lui tutti i parlamentari che si sono schierati accanto al “padre” Grillo, come se fossero due entità diverse.
E poi quelle parole pesanti, inopportune, fuori dalla logica istituzionale pronunciate dalla sottosegretaria alla Giustizia, Anna Macina, tanto da essere richiamata dalla Ministra Cartabia.
Si chiude il sipario di un Movimento che nasceva per abolire la casta, per aprire il parlamento come una scatoletta di tonno, per cambiare la politica fatta da truffatori, condannati, corrotti e corruttori. Le peggiori parole per la politica sono state pronunciate in tutti questi anni dai grillini, gli stessi che “Mai con il partito di Bibbiano (PD), mai con il partito del mafioso Berlusconi” per poi governare con tutti. Si sa, la poltrona ha un prezzo che non è solo quello del sacrificio ma delle capriole all’indietro.
Il M5S non esiste più, deve trasformarsi come serenamente hanno fatto in questi lunghi anni ma dovranno presentarsi agli elettori, senza essere più santi, casti, puri, diversi.
Loro, i Cinque Stelle, che non potevano fare compromessi nemmeno con l’altra metà della mano, adesso sono finiti. Piegati su se stessi.
Giuseppe Conte lo aveva ben interpretato e intuito questo collasso mortale, ne ha spinto la decadenza per una rinascita lontana da quei parlamentari che hanno avvelenato il dibattito politico e sociale di tutto il Paese.
Il danno in questi anni è stato fatto, adesso ci vorrà tempo per riordinare una comunicazione civile e democratica, un dibattito politico non urlato e di condanna sempre alla ricerca di un nemico da abbattere mediatamente.
Grillo ha finito i suoi teatrini, ha gettato tutte le sue maschere. Non è un padre disperato, è un padre furbo che sa che attraverso i media avrebbe potuto condizionare l’opinione pubblica. Ma questa volta ad applaudirlo sono rimasti in quattro.
Legalmente il simbolo del M5S appartiene a Grillo, resta però un contenitore vuoto senza Conte che è pronto a mettere in piedi il suo di Movimento liquidando l’esperienza tragicomica dei pentastellati.
Si è chiuso il sipario ma stavolta non c’è nessuno che chiede il bis.