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30/03/2021 09:20:00

La pandemia aumenta il divario sull'aspettativa di vita. Al Sud 10 anni in meno rispetto al Nord

 Il risultato più drammatico del Covid è l'accentuazione del divario Nord-Sud nella speranza di vita che, mentre a livello nazionale continua ad essere la seconda più alta d'Europa, presenta difformità significative tra le città di Milano e Napoli fino a 3 anni che aumentano a 10 se si considerano le fasce sociali più povere del Mezzogiorno e quelle più ricche dell'Italia settentrionale.

Lo sottolinea il Cnel nella Relazione 2020 al Parlamento e al Governo sui livelli e la qualità dei servizi offerti dalle Amministrazioni pubbliche centrali e locali alle imprese e i cittadini, che è stata realizzata con il contributo di 30 enti e verrà presentata martedì prossimo dal presidente Tiziano Treu, con l'intervento del ministro per la Pubblica Amministrazione Renato Brunetta.

Nell'analisi si segnala come la pandemia ha accelerato il gap con una spesa sanitaria pubblica pro capite, per esempio, pari nella media nazionale a 1.838 euro annui, ma molto più elevata al Nord rispetto al Sud (2.255 euro a Bolzano e 1.725 euro in Calabria). Elevata è anche la spesa di tasca propria da parte dei cittadini italiani rispetto a quelli degli altri paesi europei sia in termini di incidenza sul PIL, pari al 2,3% in Italia - superiore dunque a quella della Germania (1,7%) ed a quella della Francia (1,9%), e inferiore a quelle di Spagna e Portogallo - sia in termini di valore assoluto (39,7 miliardi in totale e 656 euro pro-capite). Inoltre il Cnel evidenzia come restano notevoli, sulla base di tutte le analisi disponibili, le differenze tra territori e categorie sociali in termini di offerta sanitaria e di sua qualità, nonché quelle relative al rispetto del diritto universale di accesso alle cure.

L'emergenza Covid ha prodotto una pressione sulle strutture sanitarie ma anche sui carichi di lavoro del personale, sulla tutela delle categorie di utenza più fragili, sulla continuità assistenziale per i pazienti cronici e disabili, sui programmi di screening, nonché in termini di benessere psicologico e di prevenzione del disagio psico-sociale, molto pesante. A farne le spese soprattutto i pazienti affetti da patologie pregresse diverse dal Covid. I dati dei sistemi di sorveglianza, infatti, segnalano sin dall'inizio della pandemia la maggiore gravità ed il maggior numero di morti tra i pazienti affetti da pregresse patologie, ed in particolare da malattie polmonari, cardiache, diabete e patologie del sistema immunitario.

Questo - secondo il Cnel - è il risultato del cronico sottodimensionamento degli organici rispetto alla dinamica della domanda di prestazioni, in particolare per quanto riguarda le professioni sanitarie non mediche, di cui soffre il Servizio sanitario da almeno 12 anni. A ciò si aggiunge, segnala l'analisi, in termini di aggravamento, il recente dato relativo ai nuovi pensionamenti anticipati a seguito della norma che porta il nome di ''Quota 100'' dal 1° gennaio 2019 al 1° ottobre 2020, che secondo le fonti governative sono stati in sanità pari a 11.897 unità, di cui 1.676 medici. Le criticità emerse sono riconducibili al de-finanziamento che la sanità pubblica italiana ha subito nel corso degli ultimi anni, e che ha riguardato in particolare il personale e gli investimenti per l'ammodernamento delle strutture e delle tecnologie.