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08/03/2021 06:00:00

Le polemiche sull'assoluzione del fan di Messina Denaro, qualche domanda ad Enzo Guidotto

 L’assoluzione di Giambalvo, il fan di Matteo Messina Denaro intercettato mentre diceva che si sarebbe fatto 30 anni di galera per nascondere il boss e che, al suo posto, avrebbe ucciso il figlio del collaboratore di giustizia Lorenzo Cimarosa per impedirgli di parlare, ha suscitato in città diverse reazioni (ne abbiamo scritto qui).

Ma in una provincia difficile come quella di Trapani, crediamo sia necessario ribadire ancora una volta la differenza tra la rilevanza penale e la condanna morale.

 

Abbiamo provato a farlo con Enzo Guidotto.

È quel preside che si trovava accanto al giudice Borsellino in quella storica e conosciutissima lezione sui temi della mafia agli studenti dell’istituto “Remondini” di Bassano del Grappa, nel 1989.

Guidotto, che prima di trasferirsi in Veneto ha abitato a lungo a Paceco, è da anni consulente della Commissione parlamentare antimafia nazionale. Nominato da presidenti di diverso colore politico, da Roberto Centaro (FI) nel 2003, a Francesco Forgione (RC) nel 2007, fino a Nicola Morra (M5S) nel 2019, è da sempre attento a quello che succede in provincia di Trapani.

Un tecnico indipendente dai partiti dunque, che bada solo ai fatti, non soltanto nella loro accezione giudiziaria, al quale abbiamo chiesto delle opinioni a titolo personale.

 

Che idea si è fatto del caso Giambalvo e delle polemiche che hanno seguito la sua assoluzione?

 

Come sa, le mie origini trapanesi mi portano a seguire sui media le vicende di Castelvetrano, per cui mi sono convinto che il “caso Giambalvo” è stato e rimane a futura memoria anche un caso di carattere morale e politico. E chi, nell’esprimere pareri su casi del genere si basa esclusivamente sull’aspetto giudiziario, finisce per rivelarsi assolutamente parziale e giustificazionista.

Mi ha colpito la posizione di questa signora, avvocato ed ex candidata a sindaco, secondo la quale addirittura qualcuno dovrebbe chiedergli scusa. Ancor di più reputo singolare come sia cambiato il suo punto di vista sulle intercettazioni.

Da candidata a sindaco, infatti, nella primavera del 2019 aveva giudicato quelle emerse dall’ Operazione Artemisia  “una cosa gravissima, contro i principi cardine della democrazia, a prescindere da quelli che saranno i risvolti giudiziari”, aggiungendo che “ciò che è venuto fuori dalle intercettazioni, a prescindere dal rilievo penale, è indubbiamente significativo in termini morali”. Nei giorni scorsi, invece la stessa ha sostenuto che sulle frasi intercettate nelle quali Giambalvo manifestava ammirazione e fedeltà a Matteo Messina Denaro auspicando l’uccisione del figlio di un collaboratore di giustizia che lo accusava, dopo le assoluzioni, “la giustizia ha messo una pietra tombale”. Insomma, non si capisce perché nel caso di Artemisia la pubblicazione delle intercettazioni andava bene e la differenza tra il rilievo penale e il peso morale viene sottolineata, mentre nel caso di Giambalvo no.

 

È comunque stato assolto in Appello.

 

Beh! Intanto, rimanendo nel campo giudiziario, bisogna aspettare che arrivino le motivazioni dell’ultima sentenza: chi può escludere che la Procura Generale presenti ricorso in Cassazione contro l’assoluzione?

Ma prescindendo da quello penale, nel “caso Giambalvo” rimangono l’aspetto morale per le frasi intercettate che non possono non suscitare dappertutto riprovazione sociale e l’aspetto politico, dato che il personaggio le pronunciò mentre era consigliere comunale. L’articolo 54 della Costituzione dice che “I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore”. Devono cioè assumere comportamenti esemplari, soprattutto per i giovani.

Senza contare che, sempre nella Costituzione, l’articolo 4 dice che “Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, una attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società”. Le “possibilità” di un consigliere comunale sono tante, se vuol mettere in pratica correttamente il proprio “dovere” e la propria “funzione”. Ma Giambalvo ha calpestato l’uno e l’altra… Nel processo si è difeso, ma non mi pare che abbia manifestato l’auspicio che Matteo Messina Denaro finisca in galera al più presto e per sempre, come tutti vogliamo.

 

Le posso assicurare però che l’avvocato Pellerito non c’entra nulla con l’ambiente del Giambalvo. Questo suo commento su Facebook sarà stato uno scivolone, magari dettato da sue antipatie personali di tipo politico e giornalistico.

 

Condivido! Anche chi gode una buona reputazione può “scivolare”: le antipatie, appunto perché sono sentimenti personali, bisognerebbe tenerle per sé. Se vengono esternate sui social, diventano di dominio pubblico, suscitando inevitabilmente giustificate polemiche. Se di questo si è trattato, vorrebbe dire che, secondo l’avvocato, non tutti dovrebbero chiedere scusa a Giambalvo. Ma soltanto le persone che evidentemente non le stanno simpatiche e che, dai suoi riferimenti criptici, potrebbero appartenere al mondo della politica e del giornalismo del territorio.

Mi hanno incuriosito le frecciate sul “grillo parlante per eccellenza” e sul “giornalaio castelvetranese che ha il gusto per le intercettazioni”. Ma tutti sanno che il “grillo parlante” è quello di Pinocchio, un soggetto positivo del racconto di Collodi, perché invita il burattino al buon comportamento, gli dà buoni consigli e gli sconsiglia certe frequentazioni. L’allusione quindi non può che essere rivolta ironicamente ad una persona perbene, dotata di senso civico e di capacità critica, che sarà intervenuta doverosamente sulla questione.

Sul “giornalaio”, mi pare evidente che il termine sia stato usato in senso dispregiativo, come se per parlare su giornali e siti internet di intercettazioni legittimamente disponibili, bisognerebbe aspettare il terzo grado di giudizio: una pretesa assurda, anche per le note lungaggini della giustizia italiana.

Insomma… Cosa vuole che dica? Mi convinco sempre di più che a tanti farebbe piacere che esistessero solo media imbavagliati o imbavagliabili grazie alla compiacenza di giornalisti pennivendoli - non solo per denaro ma anche per favori, carriera al primo posto, posti per parenti e via dicendo - come quelli entrati nella rete del “Sistema Montante”.

Bisogna invece rendersi conto che attraverso i media, le verità che è doveroso raccontare, non sono solo quelle processuali dato che – soprattutto negli ambienti ad alta densità ed intensità mafiosa, caratterizzati da omertà per il clima di intimidazione che si respira – quella che emerge in ambito giudiziario è soltanto una parte di tutta la verità.

“Cercherete la verità e la verità vi farà liberi”, si legge nel Vangelo. Tutta la verità, ovviamente. E chi la nega, se credente, non può sentirsi libero!

 

Egidio Morici