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23/02/2021 06:00:00

Caso Arata-Nicastri, oggi in aula l'assessore Mimmo Turano e Totò Cordaro

Si torna in aula questa mattina a Palermo al processo scaturito dalla vicenda Arata-Nicastri che si celebra, con rito ordinario, davanti alla quarta sezione del tribunale.

Sul banco degli imputati per corruzione, autoriciclaggio e intestazione fittizia di beni  il faccendiere ex consulente della Lega, Paolo Arata, il figlio Francesco Paolo, il dirigente regionale Alberto Tinnirello e l'imprenditore milanese Antonello Barbieri.  Oggi saranno sentiti gli assessori regionali Mimmo Turano e Toto Cordaro. 

L'inchiesta Arata-Nicastri - La vicenda giudiziaria nasce da un’inchiesta della Dda di Palermo su un giro di tangenti alla Regione che avrebbero favorito Vito Nicastri e il suo presunto socio occulto Paolo Arata nell’ottenere autorizzazioni per affari nell’eolico e nel bio-metano. Ai regionali corrotti sarebbero andate mazzette dagli 11 mila ai 115 mila euro.

Vito Nicastri - L’inchiesta portò in carcere l’imprenditore e re dell’Eolico Vito Nicastri, al quale nel 2015 la Dia ha confiscato beni per 1,3 miliardi di euro. Nel 2018 l'imprenditore, che ha fatto una fortuna con le energie alternative, fu arrestato per aver finanziato la latitanza di Matteo Messina Denaro e per questo fu condannato in primo grado a 9 anni di reclusione. Il 21 genaio scorso è stato assolto però dalla Corte d’Appello di Palermo dall’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa. Nella vicenda Arata, invece, ha patteggiato una condanna a due anni e 10 mesi sempre per corruzione e intestazione fittizia di beni, il figlio Manlio, che rispondeva degli stessi reati, ha patteggiato a due anni.

L'accusa, corruzione per i due impianti di Biometano a Francofonte e Calatafimi – Secondo l'accusa sarebbero state pagate delle tangenti per avere le autorizzazioni per la realizzazione di due impianti di biometano a Francofonte e Calatafimi. Nelle settimane scorse nel corso delle ultime udienze è stato ascoltato il dirigente regionale Salvatore Cocina, che ha diretto per tanti anni il Dipartimento Acqua e Rifiuti alla Regione. Cocina ha raccontato in aula che gli era stato sottoposto, per l’autorizzazione, il progetto di costruzione di un impianto di biometano che avrebbero voluto realizzare Arata e Nicastri in Sicilia.

La testimonianza di Cocina - «Era un’opera che non mi convinceva - ha detto Cocina - perché dietro all’impianto di bio-metano a mio avviso si nascondeva il tentativo di realizzare un termovalorizzatore: una parte dei rifiuti infatti sarebbero stati bruciati. Perciò mi opposi». Secondo quanto ipotizzato dagli inquirenti Arata non si sarebbe fermato nei suoi intenti davanti al no di Cocina e avrebbe fatto pressioni facendo riferimenti ai suoi rapporti politici e al ruolo di capo dell’Autorità di regolazione per energia, reti e ambienti (Arera) che stava per ricoprire (la nomina poi non ci fu).

Le testimomianze di Micciché e Pierobon - Nel corso dell'ultima udienza il 9 febbraio scorso sono stati ascoltati il presidente dell’Ars Gianfranco Miccichè e l’assessore all’Energia Alberto Pierobon.

Micciché, chiamai l'assessore Pierobon per la pratica di Arata - "Dopo aver ricevuto una telefonata di Alberto Dell'Utri, mi ha contattato Paolo Arata - ha detto Micciché rispondendo al pm Gianluca De Leo -. Lo feci per cortesia come faccio in queste occasioni, lo conosco da tempo perché eravamo colleghi parlamentari. Poi chiamai l'assessore Pierobon per sapere a che punto era la pratica di Arata, ma non sono mai entrato nel merito della vicenda".

Miccichè ha anche spiegato del perché del suo intervento: "Credo che tanti mali della Sicilia e della sua arretratezza dipendano dalla burocrazia. Arata mi disse che il progetto era fermo, e mi mossi solo per ridurre i tempi, ma non sapevo nulla del progetto".

Micciché, Turano mi disse lascia perdere quel progetto - "L'assessore alle attività produttive Mimmo Turano nel luglio del 2018 mi disse: "lascia perdere questo progetto, c'è gente dietro che non mi piace", - ha continuato Micciché - ma di questo non ho formalmente parlato a Pierobon. Erano delle sensazioni di Turano e sulla base solo di queste non ne avrei parlato al telefono rischiando di far morire un progetto".

L'assessore Alberto Pierobon, nessuno mi ha riferito nulla: "Ho avuto diversi contatti con Arata, ma di quello che ha detto Turano, nessuno mi ha riferito nulla, l'ho saputo dalla stampa. Chiesi al mio ufficio del progetto di Arata solo perché da mesi attendeva una risposta e bisognava fornirla".

 A gennaio l'arresto di un altro funzionario regionale – La Direzione Investigativa Antimafia ha eseguito un provvedimento di custodia cautelare agli arresti domiciliari, emesso dal gip del Tribunale di Palermo, nei confronti di Marcello Asciutto, 58enne, funzionario della Regione Siciliana, accusato di corruzione per un atto contrario ai doveri d'ufficio. L'attività di indagine ha accertato che il pubblico ufficiale, in cambio di informazioni sullo stato di alcune pratiche amministrative, della predisposizione di provvedimenti autorizzativi e del rilascio di pareri favorevoli illegittimi, avrebbe incassato 30mila euro. I progetti che il funzionario avrebbe "spinto" erano relativi proprio alla costruzione e all'esercizio degli impianti di biotemetano di Franconfonte e Calatafimi - Segesta, proposti dalla cordata imprenditoriale guidata da Francesco Paolo Arata e Vito Nicastri. 

 



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