Arriverà a breve in Italia il vaccino di Janssen (Johnson & Johnson). L’Ema ha infatti appena comunicato di aver ricevuto richiesta formale di autorizzazione condizionata al commercio dopo la valutazione dei dati della fase III di sperimentazione. Iter che potrebbe portare all’approvazione del vaccino entro metà marzo.
Realizzato con la “tecnologia” degli adenovirus, la peculiarità del vaccino sviluppato dall’azienda statunitense è nella singola dose. Sperimentato su oltre 43 mila persone, l’efficacia - in attesa dei dati sottoposti alla peer-review- si attesterebbe intorno all’85% nel prevenire le forme più gravi di malattia.
A differenza dei già noti vaccini a mRNA di Pfizer-BioNTech e Moderna, il prodotto di Johnson & Johnson appartiene alla categoria dei vaccini a vettore virale come quello sviluppato da AstraZeneca e dai russi del Gamaleya Research Institute of Epidemiology and Microbiology. L’obiettivo comune di tutti i vaccini è far produrre al sistema immunitario gli anticorpi diretti contro la proteina spike del coronavirus. Ciò che cambia nel caso dei vettori virali è il metodo con cui ciò si verifica. Mentre per quelli a mRNA si inietta direttamente l’informazione, quelli a vettore virale contengono una porzione di DNA - che serve per far produrre la proteina spike - incapsulata all’interno di un adenovirus. Una volta iniettato all’interno del corpo, il virus - reso opportunamente innocuo - rilascia il materiale genetico utile a produrre la proteina. Una strategia che si è dimostrata già utile sia nella produzione del vaccino per Ebola sia per Covid-19. Ma a differenza di AstraZeneca e Sputnik V (il vaccino russo di cui Ema, al momento, non ha ricevuto ancora richiesta di autorizzazione), il prodotto di Johnson & Johnson ha la caratteristica di essere somministrato in un’unica dose.
Secondo quanto dichiarato dall’azienda produttrice - basandosi sui dati del trial clinico Ensemble trasmessi all’Fda e ad Ema per la richiesta di approvazione - il vaccino si è dimostrato efficace all’85% nella prevenzione delle forme gravi della malattia e nel 100% dei casi ha evitato ricoveri e decessi a 4 settimane dalla somministrazione. Efficacia che si è attestata globalmente al 66% nella prevenzione delle forme da moderate a gravi. Percentuali che variano però tra le varie aree geografiche: 72% negli Stati Uniti, 66% in America Latina e 57% in Sudafrica. Particolarmente interessante è proprio l’ultimo dato relativo al Sudafrica, dove è presente la variante B.1.351. Pur essendo meno efficace, il vaccino si è dimostrato utile contro le forme da moderate a gravi. Ma c’è un altro dato che fa ben sperare: il 41% dei partecipanti allo studio apparteneva a categorie ad aumentato rischio di progressione a forme gravi di Covid-19, ovvero persone obese, diabetiche, ipertese, sieropositive e immunocompromesse.
Oltre a presentare il vantaggio della singola somministrazione, il vaccino Johnson & Johnson ha dalla sua il fatto di poter essere conservato ad una temperatura di “frigorifero” per tre mesi e per due anni a meno venti gradi centigradi. Un vantaggio notevole in termini di logistica. Caratteristiche che vanno ad incidere notevolmente sui costi. Secondo l’azienda, pur considerando che il prezzo dipende dalle trattative con l’UE, una singola dose costerebbe non più di qualche euro.
Quando il vaccino sarà approvato le dosi a disposizione per i Paesi dell’Unione Europea saranno 200 milioni più un’opzione per altre 200. Nel nostro Paese, delle 200 milioni di dosi, ne arriveranno 27 milioni. Nel frattempo la ricerca avanza e diverse multinazionali stanno incominciando le sperimentazioni per altre fasce di età non comprese nei primi studi. Per la fascia pediatrica in Italia il centro di riferimento per lo studio del vaccino Johnson & Johnson sarà l’ospedale pediatrico Vittore Buzzi di Milano.