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17/12/2020 06:00:00

Mafia, operazione "Ruina". La vicenda dell’enologo marsalese Leonardo Urso

 Tra gli arrestati dell’operazione antimafia di martedì scorso, come abbiamo già scritto, c’è anche Leonardo Urso. E’ l’enologo di Marsala, proprietario del camping Biscione a Petrosino.

E’ accusato di favoreggiamento perché, secondo gli inquirenti, avrebbe negato di conoscere dei fatti a lui noti, ostacolando così le indagini e favorendo Cosa nostra.

 

Tutto è collegato ad un debito che l’enologo, raccontano gli investigatori, aveva con il sindaco di Calatafimi Antonino Accardo, anch’egli indagato in questa stessa operazione

Quest’ultimo, per riavere i soldi si era rivolto a Cosa Nostra. E dopo l’intervento  di Tommaso Leo, della famiglia mafiosa di Vita, Urso aveva acconsentito a pagare la metà della somma. Ma il sindaco Accardo pretendeva l’intera cifra.

 

Ma qual era questa cifra? E soprattutto, perché il sindaco ne era creditore?

A gennaio del 2012 Accardo era proprietario al 90% di una società per la lavorazione di prodotti agricoli, con un capitale sociale di 10 mila euro: “Regno delle due Sicilie s.r.l.”.

Nel 2014 però, insieme all’altro socio che deteneva il restante 10%, cedettero l’intero pacchetto societario a Leonardo Urso, che corrispose 2.750 euro (le quote versate dai soci cedenti).

Rimasero quindi fuori i restanti 7.250 euro, che l’enologo si impegnò a versare nelle casse della società, visto che fino a quel momento i vecchi soci non avevano ancora liberato interamente le loro quote.

 

Dalle intercettazioni, emerge come il sindaco Accardo avesse delle forti difficoltà economiche “in ragione della propria elezione alla carica di sindaco”. Tanto che, ad una conoscente confida:

“… Ti sembra che tra quattro anni mi candido di nuovo?... Difficile mi sembra…”.

 

La sera del 30 novembre 2019, in un bar di Marsala, Accardo si incontra con Placenza e Tommaso Leo. I tre, dopo meno di mezz’ora, salgono in macchina e si spostano a Petrosino. Destinazione il camping “Biscione” di Leonardo Urso.

Gli esiti di questa trasferta verranno raccontati nel febbraio scorso, da Placenza al capo della famiglia mafiosa di Calatafimi Segesta, Nicolò Pidone.

 

PLACENZA: No ... no ... siccome l’altra volta con lui siamo andati a Marsala qua a Petrosino con il Sindaco ...

PIDONE     :  Eh ...

PLACENZA: Lui ha una cosa con Nanà ... eh ... al comune di Petrosino lui non fu ...  gli hanno fatto un “pacco” là ... “cummigghiaru na cosa”...

PIDONE     :  Ma cu è?

PLACENZA: Il Sindaco ...

PIDONE     :  E Nanà chi è?

PLACENZA: Nanà (incomprensibile)....

PIDONE     :  Ah Nanà (incomprensibile) “puru ... 'nto mezzu a iddu?”

PLACENZA: Hanno fatto una società... avevano fatto una società ... cose...

PIDONE     :  E c’era pure Nanà e...

PLACENZA: E lì ... come minchia erano combinati ... e lui mi ha portato sempre lì a Petrosino ... ma io che cazzi ci posso fare? ... se quelli soldi non te ne danno ... non ci sei stato tu nel mezzo... invece di domandare … (incomprensibile)…

PIDONE     :  E glielo è andato a dire a quello pure?...

PLACENZA: “Quello era da tempo passato che doveva raccontargli questa cosa ... perché lui ... il discorsi... da Petrosino viene l’enologo  ... e gli ha mandato … inc ... soldi ... lui ... testone ... non li ha voluti...”.

 

 

“Quello” cui fa riferimento Pidone nella conversazione intercettata - precisano gli inquirenti - sarà poi identificato nel sodale mafioso Rosario Tommaso Leo. Mentre a “Nanà” corrisponderebbe l’enologo Urso.

 

Ma tra la fine di febbraio e l’inizio di marzo 2020, il sindaco Accardo torna alla carica. Telefona di nuovo a Placenza e gli chiede di contattare ancora “quello” (il Leo): “Chiamalo, e gli dici ma come è, non è che lo dimentica?”.

 

 

ACCARDO: Gliene parli e gli dici se chissà lo dovesse contattare e lui è d'accordo, gli dici che "agguanta" e non c'è bisogno di inc. ...

PLACENZA: Va bene va bene...

ACCARDO  :            Va boh?...

PLACENZA: Ciao ciao...

ACCARDO  :            gli dici “carta bianca” gli dici...

 

A questo punto però gli investigatori sembrano incorrere in un errore di interpretazione.

“Gli dici che agguanta” viene inteso come una richiesta al Placenza “di sollecitare il Leo ad intervenire presso il debitore e, questa volta – si legge ancora nel provvedimento di fermo - di non usare le sole modalità persuasive tipiche di Cosa nostra ma di ‘agguantarlo’, cioè di utilizzare finanche la violenza per costringere l’Urso a pagare”.

Ma il significato più probabile di “gli dici che agguanta” è, con ogni evidenza: “Gli dici che prende ciò che è possibile”, nel senso, che anche la metà a questo punto andrebbe bene lo stesso.

La “carta bianca” invece, più che “non porre alcun limite all’estorsione”, sembra invece riferirsi alla libertà su quanto ricevere a chiusura del debito.

 

Insomma, un’estorsione abbastanza atipica, che Leonardo Urso avrebbe anche potuto non percepire come tale.

Alla base del suo arresto però c’è il fatto che l’enologo, assunto a sommarie informazioni, avrebbe mentito davanti alla polizia giudiziaria. Avrebbe infatti negato di essere stato o di essere debitore nei confronti dell’Accardo, dichiarando anche di non averlo più incontrato dal giorno dopo le elezioni (avvenute il 28 aprile 2019).

Invece, come si è detto, l’avrebbe incontrato al Biscione il 30 novembre. E successivamente avrebbe incontrato anche il Placenza e Rosario Tommaso Leo in altre due occasioni.

Secondo gli inquirenti la cosa configurerebbe il reato di favoreggiamento, avendo di fatto ostacolato le indagini e agevolato Cosa nostra.

Si dirà, ma c’erano le intercettazioni. Gli inquirenti però a questo proposito richiamano nel provvedimento una sentenza di Cassazione del 2010, in cui per il favoreggiamento personale “è sufficiente che la condotta dell’agente abbia l’attitudine, sia pure astratta, ad intralciare il corso della giustizia”.

 

Su come sia finita la vicenda del debito, il 26 novembre scorso veniva intercettata un’altra conversazione tra Pidone e Placenza.

Quest’ultimo afferma, riferendosi al sindaco Accardo: “… Allora metà non li ha voluti… ora va cercando di mandare… inc…”.

Per poi concludere: “…Lì … paga a rate… non ti posso aiutare… gli è finita bene che è salito…piglia questi duemila euro lì… quanto minchia piglia… e si va pagando... e se le paga…”.

 

Intanto la prima dichiarazione di solidarietà nei confronti dell’enologo Urso arriva dall’ex parlamentare regionale Nino Oddo:

Per essere chiari, io sull’enologo Nardino Urso mi espongo. È  un grande professionista che nel suo settore ha fatto onore alla nostra terra. Lo conosco bene e mi onoro della sua amicizia. Non credo assolutamente che abbia avuto commistioni di qualsiasi tipo con la mafia. Ho fiducia nella giustizia e confido che in tempi, spero meno lunghi del solito, abbia modo di chiarire la sua posizione”.

 

Egidio Morici

 



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