LIVE. Dopo 108 giorni sono stati liberati i pescatori di Mazara prigionieri in Libia. La svolta in mattinata, con un blitz in Libia del premier Conte e del ministro Di Maio.
17,00 - I pescatori di Mazara sono finalmente liberi. Ieri, 16 Dicembre, Tp24 era a Mazara del Vallo, per un incontro delle famiglie dei pescatori sequestrati in Libia con alcuni esponenti della Lega.
In quell'occasione abbiamo raccolto l'appello della signora Cristina, la moglie di uno dei marittimi, oggi liberati.
Si tratta di un contributo importante, che vogliamo mostrarvi, per sottolineare con quanta forza e quanta dignità queste 18 famiglie hanno protestato in questi 108 lunghi giorni, portando la loro voce in ogni parte d'Italia, pur di non lasciare soli i loro congiunti prigionieri in Libia.
“Ce l’abbiamo fatta, ce l’abbiamo fatta! Mio figlio e tutti gli altri pescatori stanno tornando. Ringrazio tutti: Conte, Di Maio, il sindaco, il vescovo, i giornalisti. Non ho parole per riuscire a esprimere tutta la felicità di una mamma e di una nonna che finalmente, dopo 108 giorni, può riabbracciare suo figlio”. Lo ha detto Rosetta Ingargiola, 74 anni, mamma di Pietro Marrone, comandante di uno dei pescherecci sequestrati in Libia
“Sono stati 108 giorni da incubo che finalmente sono finiti. E’ un bellissimo regalo di Natale per me e per tutti i familiari dei 18 pescatori. Non vedo l’ora di riabbracciare mio figlio” ha aggiunto Nuccia Giordano, madre di Giacomo Giacalone, uno dei pescatori mazaresi liberati oggi a Bengasi.
“Adesso devo lasciarti e chiudere la telefonata, perché devo fare partire il motore del peschereccio”. Così uno dei motoristi tra i pescatori siciliani in Libia durante una telefonata alla moglie.
15,00 - Cliccando qui potete leggere tutte le reazioni.
12,20 - "I nostri pescatori sono liberi. Fra poche ore potranno riabbracciare le proprie famiglie e i propri cari.
Grazie all'Aise (la nostra intelligence esterna) e a tutto il corpo diplomatico che hanno lavorato per riportarli a casa. Un abbraccio a tutta la comunità di Mazara del Vallo. Il Governo continua a sostenere con fermezza il processo di stabilizzazione della Libia. È ciò che io e il presidente Giuseppe Conte abbiamo ribadito oggi stesso ad Haftar, durante il nostro colloquio a Bengasi".
Lo scrive su Fb il ministro degli Esteri Di Maio.
12,00 - «Siamo felicissimi di questa notizia, tanto più bella quanto inaspettata. Tre mesi vissuti insieme ai familiari ci avevano resi scettici ma ora l’incubo è finito. Aspettiamo di trascorrere queste ore di attesa per riabbracciarli. Questo è il più bel regalo di Natale per le famiglie. La gioia è tutta loro ma è anche nostra». Lo ha detto il Vescovo monsignor Domenico Mogavero, saputa notizia dell’avvenuta liberazione dei 18 marittimi mazaresi rinchiusi a Bengasi. «Un ringraziamento va all’Unità di crisi, al Governo tutto per l'impegno lungo e faticoso per superare mille difficoltà e giungere alla bella notizia di questa mattina. Un abbraccio grande ai familiari e ai 18 marittimi», ha detto ancora il Vescovo.
10.30 - I pescatori di Mazara sono stati liberati dopo un blitz di Conte in Libia.
Finalmente liberi i pescatori di Mazara del Vallo sequestrati in Libia. La notizia è stata confermata da fonti del Governo.
Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte e il ministro degli Esteri Di Maio sono infatti partiti oggi alla volta della Libia per liberare i pescatori italiani prigionieri da mesi.
"Aspettiamo la conferma ufficiale ma oggi sembra proprio la giornata giusta". Emozionato e con la voce rotta dal pianto, risponde così a Radio Capital Marco Marrone, armatore della Medinea, uno dei due pescherecci sequestrati 108 giorni fa in Libia.
La liberazione è confermata anche dai familiari: "Finalmente potremo riabbracciarli - dice Giusy Asaro subito dopo la notizia - adesso aspettiamo di sentirli presto, ancora non ci hanno chiamato ma presto lo faranno. Quando torneranno faremo una grande festa". I pescatori, probabilmente arriveranno con i loro pescherecci fino ad oggi sotto sequestro, Medinea e Antartide, percorrendo di nuovo quel tratto di mare che ha cambiato loro la vita da più di 100 giorni. "Non ho parole per l'emozione, non vedo l'ora di poterlo riabbracciare", dice Cristina Amabilino, moglie di uno dei pescatori sequestrati.
LA VICENDA – Da oltre 100 giorni 18 pescatori sono in stato di fermo in una caserma di Bengasi, città nel’est della Libia. Gli equipaggi (composti da 8 italiani, sei tunisini, due indonesiani e due senegalesi), che erano a bordo di due pescherecci partiti da Mazara del Vallo e bloccati dalle autorità libiche lo scorso primo settembre a una quarantina di miglia dalle coste della Libia, praticamente non hanno più contatti con l’Italia.
Secondo la ricostruzione più ‘accurata’ dei fatti, i due pescherecci “Medinea” e “Antartide” sono stati fermati della autorità che rispondono al maresciallo Khalifa Haftar, che controlla quell’area del paese, a circa 40 miglia nautiche dalla costa. Proprio la distanza dalla costa libica è un punto chiave della vicenda: uno Stato esercita la propria sovranità nel cosiddetto mare territoriale, una porzione di mare che si estende per un massimo di 22 chilometri, pari a 12 miglia nautiche. Ogni Stato deve però consentire il passaggio di navi stranieri al suo interno, purché non rappresentino un rischio per la sicurezza nazionale. Tra le 12 e le 24 miglia invece uno Stato ha poteri di controllo sulle navi stranieri per evitare che queste commettano reati nel proprio territorio. L’intervento libico è invece avvenuto a circa 40 miglia dalla terraferma, all’interno di una fascia marittima che da tempo la Libia rivendica come propria zona economica esclusiva.
COME VIVONO I PESCATORI – Secondo una ricostruzione del Corriere della Sera, i 18 prigionieri sono tenuti in una grande stanza al secondo piano di una palazzina sita nel porto militare di Bengasi. Il cibo, scrive il Corsera, “viene servito regolarmente: una dieta a base di pasta, pesce e verdura. Trascorrono il tempo guardando la televisione, hanno servizi igienici sempre accessibili”. Pur non essendo reclusi in un carcere, si tratta a tutti gli effetti di una prigionia: non hanno alcuna libertà di movimento e l’intera area è circondata da un muro di cemento, potendovi accedere soltanto da un posto di blocco controllato dai militari fedeli al maresciallo Khalifa Haftar.