Cresce sempre di più la rabbia e la delusione a Mazara del Vallo per i 18 pescatori da oltre 105 giorni in ostaggio in Libia.
I familiari dei marittimi sequestrati il primo settembre con i pescherecci Atlantide e Medinea sono disperati, e in tutta Italia, da Nord a Sud, ogni giorno è un sit-in, una protesta, un corteo davanti i palazzi istituzionali per chiedere di fare qualcosa di concreto per liberare i pescatori. Una rabbia quella dei familiari che aumenta sempre di più vedendo affievolirsi la possibilità di riabbracciare i propri cari per Natale.
Proteste e manifestazioni continue dei familiari, come quella sotto casa dei genitori del ministro Bonafede, originario di Mazara, dopo la notizia della liberazione di un cargo turco da parte dei libici dopo pochi giorni di fermo. “Perchè loro sì e i nostri pescatori no?” è stato l’urlo di rabbia delle famiglie dei 18 pescatori prigionieri delle milizie del generale Haftar. "Siamo indignati perché i nostri congiunti subiscono un trattamento diverso da quello riservato ai turchi. Mio marito e gli altri uomini erano andati a lavorare, noi tasse non ne paghiamo più. Il ministro degli Esteri ci deve riportare i nostri cari a casa, siamo indignati e disposti ad inscenare proteste estreme", urla Cristina Amabilino, moglie di Bernardo Salvo, uno dei marittimi.
Proteste e manifestazioni come quelle di Milano.
Mobilitazioni in tutta Italia, come a Pesaro, dove hanno realizzato un presepe di ghiaccio e organizzato una raccolta fondi a sostegno dei pescatori mazaresi.
I familiari dei marittimi di Mazara del Vallo nei giorni scorsi hanno incontrato il prefetto di Trapani Tommaso Ricciardi.
All'incontro hanno partecipato anche il sindaco di Mazara, Salvatore Quinci, e il vescovo Domenico Mogavero che cercano di mantenere alta l'attenzione sulla vicenda a 105 giorni dal sequestro dei due pescherecci e dei loro rispettivi equipaggi
Il prefetto ha rassicurato i parenti dell'intervento del Governo, e ha detto che c'è anche la spinta da parte del ministro Bonafede. Ha detto inoltre di condividere le proteste da parte dei familiari, "servono a mantenere alta l'attenzione sulla difficile vicenda" e ha inoltre aggiunto che si sente di condividerle, non solo come prefetto ma prima da uomo, padre e nonno. Ha ribadito, infine, che porterà la protesta alle istituzioni e ha confermato che il Governo si sta occupando di tutti i pescatori.
Intanto anche il ministro degli Esteri Luigi Di Maio è intervenuto di nuovo nelle scorse ore dicendo che il governo sta lavorando “ma senza cedere ai ricatti”. “Haftar dice che li ridà se noi restituiamo quattro scafisti, è inaccettabile”, ha affermato Di Maio. Quindi “se questo signore non ci ascolta, faremo diversamente.”
“Il problema è che sono andati in acque dove da dieci anni sconsigliamo di andare e sono finiti nelle mani di un autoproclamato governo e un’autoproclamata milizia”, ha argomentato il ministro degli Esteri, precisando che la sottolineatura deve valere “non per loro, ma per i prossimi perchè l’abitudine di andare a pescare lì è un problema.”
Finalmente si muove qualcosa per i marittimi mazaresi anche in Europa. L’Unione Europea ha lanciato un appello formale alla Libia affinché “vengano rilasciati immediatamente i 18 pescatori di Mazara del Vallo, trattenuti da settembre senza che sia stata avviata alcuna procedura legale” si legge nel documento. La richiesta è stata inserita nelle conclusioni del Consiglio europeo in corso in questi giorni.
Detenuti da oltre 105 giorni dalle milizie del generale Khalifa Haftar, i pescatori sono stati accusati di aver sconfinato nelle acque libiche, e ancora una volta, vogliamo ricordare che questa accusa è infondata, poiché la Libia ha esteso unilateralmente le sue acque territoriali a 74 miglia dalla costa. Dunque, in realtà, i pescatori si trovavano in acque internazionali. Nei prossimi giorni intanto potrebbe cominciare il processo ai pescatori davanti a un tribunale militare a Bengasi.