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15/12/2020 07:12:00

Mafia: colpito il clan di Calatafimi Segesta.  Indagato il Sindaco Accardo, arrestato l'enologo Urso 

18,30 - Si è avvalso della facoltà di non rispondere Antonino Accardo, il Sindaco di Calatafimi Segesta indagato per corruzione elettorale nell'ambito dell'operazione antimafia che oggi ha portato a decine di arresti.

Secondo la Procura Antimafia Accardi sarebbe diventato sindaco di Calatafimi “comprando” i voti e godendo dell’appoggio dei mafiosi.

Oggi il Sindaco è stato interrogato dai magistrati e e ha deciso di avvalersi della facoltà di non rispondere, nell'attesa di vedere tutte le carte dell'indagine che lo riguarda.

Al momento contro di lui ci sono le intercettazioni telefoniche. Come quella del 15 Aprile scorso.

La potete leggere cliccando qui.

 11,40 -  C'è anche Leonardo Urso tra gli arrestati dell'operazione antimafia di questa notte, che ha portato al fermo di tredici persone coinvolte negli affari della cosca di Calatafimi Segesta.

Urso è un enologo di Marsala, che vive a Petrosino, molto noto.

Per lui l'accusa è favoreggiamento. In particolare è stato arrestato per un episodio documentato dalla Squadra Mobile. Urso, infatti, era socio in affari del Sindaco di Calatafimi Segesta, Antonino Accardo. Quest'ultimo doveva recuperare delle somme da lui, e ha chiesto l'intervento di Rosario Tommaso Leo e della famiglia mafiosa di Calatafimi.

Urso è stato arrestato perchè ha tenuto un comportamento reticente nel corso delle attività d’indagine, finalizzato, secondo gli investigatori, comunque, a favorire Cosa Nostra.

 11,00 - Ecco i nomi delle persone arrestate, a vario titolo, nell'operazione antimafia di oggi, denominata, Ruina, che ha portato al fermo di personaggi legati alle famiglie mafiose di Castellammare del Golfo ed Alcamo, e di qualche insospettabile "colletto bianco".

Personaggio centrale, al vertice capo della locale famiglia mafiosa, Nicolò Pidone, già condannato per 416 bis nell’ambito dell’indagine denominata Crimiso, che nel 2012 aveva portato all’arresto di altrettanti affiliati appartenenti anche alle famiglie di Castellammare del Golfo e di Alcamo.

Tra gli indagati spiccano i nomi di personaggi già condannati per mafia come Leo Rosario Tommaso, pregiudicato attualmente dimorante a Marsala, ma anche il cugino di questi Leo Stefano, a carico del quale sono stati documentati contatti recenti con il rappresentante della famiglia di Calatafimi. In ordine al LEO Stefano, personaggio anch’esso di rilievo, sono stati raccolti elementi che lo vedevano vicino al defunto boss Gondola Vito e al condannato Giglio Sergio, entrambi coinvolti nelle vicende della veicolazione dei “pizzini” diretti al capo indiscusso di Cosa Nostra Matteo Messina Denaro, venute alla luce nel corso delle varie fasi dell’operazione denominata “Ermes”.

Tra coloro che favorivano gli incontri e le comunicazioni, il quarantaseienne imprenditore agricolo vitese Simone Domenico.

Nelle maglie dell’indagine, Barone Salvatore, fino alla trascorsa estate presidente del Consiglio di Amministrazione pro tempore dell’azienda per i trasporti Atm di Trapani, già direttore generale della stessa compagine societaria a partecipazione pubblica, destinatario del fermo e il sindaco di Calatafimi, al momento indagato e non destinatario di provvedimento, per i reati di tentata estorsione e corruzione elettorale, aggravati dal metodo mafioso.

Barone, nella qualità di presidente della cantina sociale Kaggera di Calatafimi – altra carica da lui da tempo ricoperta - è risultato completamente assoggettato ai voleri del capo della locale famiglia mafiosa, Pidone Nicolò, il quale, direttamente o attraverso il proprio fiduciario Placenza Gaetano, allevatore, anch’egli sottoposto a fermo e facente parte dell’organigramma della compagine direttiva societaria, in qualità di consigliere, ne pilotava le policy di governo, decidendo le assunzioni di personale finalizzate a dare sostentamento alle famiglie dei detenuti mafiosi e la dazione di somme di denaro, a favore di esponenti di Cosa Nostra, aggirando le norme statutarie interne.

Sono state documentate inoltre frequentazioni del primo cittadino con esponenti di Cosa Nostra ed un tentativo di recuperare somme di denaro, nei confronti di un imprenditore di Petrosino, ex socio in affari dello stesso sindaco, avvalendosi dell’intervento del Leo Rosario Tommaso, attraverso l’intermediazione della stessa famiglia mafiosa di Calatafimi.
A carico dello stesso imprenditore Urso Leonardo, di origini marsalesi e di professione enologo, è stato emesso provvedimento di fermo, avendo tenuto un comportamento reticente nel corso delle attività d’indagine, finalizzato comunque a favorire Cosa Nostra.

 

In manette anche l’imprenditore agricolo Andrea Ingraldo, di origini agrigentine, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa, per aver assunto fittiziamente il leader della famiglia di Calatafimi Nicolò Pidone, al fine, tra l’altro, di far figurare l’esistenza di una regolare posizione lavorativa per ottenere un trattamento meno afflittivo nell’ambito di un procedimento per l’irrogazione di una misura di sicurezza di cui è destinatario.

Tra gli episodi ricostruiti incendio della vettura dell’imprenditore Caprarotta Antonino, ordito dallo stesso Pidone Nicolò e realizzato con il concorso degli altri fermati ed aderenti all’associazione mafiosa, Aceste Giuseppe, Sabella Antonino – quest’ultimo già in carcere perché colpito da provvedimento restrittivo a seguito dell’operazione “Cutrara”, coordinata dalla D.D.A di Palermo, nello scorso giugno - e Fanara Giuseppe, agente di commercio.
Tra le persone fermate figurano anche Gennaro Giuseppe, altro esponente della famiglia mafiosa di Calatafimi, accusato, oltre che di associazione mafiosa, anche di aver rubato un trattore agricolo, nell’interesse dell’associazione stessa, unitamente agli altri esponenti di Cosa Nostra Francesco Domingo, Stabile Sebastiano e Salvatore Mercadante, raggiunti da provvedimenti restrittivi nell’ambito dell’indagine “Cutrara” incentrata sulla famiglia di Castellammare del Golfo.
Destinatario di fermo anche il trentasettenne calatafimese Chiapponello Ludovico, indagato per aver favorito l’associazione mafiosa mediante l’effettuazione di un’attività di bonifica, finalizzata alla rilevazione della presenza di eventuali microspie all’interno della fatiscente dependance del capo della famiglia mafiosa Nicolò Pidone. 
Tra gli indagati anche un appartenente alla Polizia Penitenziaria, cui è contestato il reato di rivelazione di segreto d’ufficio, commesso al fine di agevolare Cosa Nostra.

 09,50 -  Tra gli arrestati dell'operazione antimafia di oggi a Calatafimi Segesta c'è anche, Salvatore Barone, ex presidente del consiglio di amministrazione ed ex direttore dell'azienda per i trasporti Atm di Trapani.

Barone, che è stato fermato con l'accusa di associazione mafiosa, è anche presidente della cantina sociale Kaggera di Calatafimi e secondo gli inquirenti era al servizio del capo della famiglia mafiosa locale, Nicolò Pidone.

La Cantina Kaggera, che prende il nome dall'omonima contrada in cui ha sede, riunisce più di 800 produttori, con una superficce di circa 2000 ettari di terreno.

Pidone, direttamente o attraverso il proprio uomo di fiducia, Gaetano Placenza, allevatore messo ai vertici della società, decideva chi assumere scegliendo il personale in modo da aiutare le famiglie dei detenuti mafiosi e disponeva che ad esponenti di Cosa Nostra venissero dati soldi.

Tra le assunzioni più importanti, volte a favorire i clan, figura quelle di Veronica Musso, figlia del boss Calogero Musso, ergastolano, ex capo della «famiglia» di Vita. Barone, inoltre, avrebbe procurato voti al sindaco di Calatafimi Segesta, Antonino Accardo, oggi indagato per corruzione elettorale.

08,40 - Eletto un anno e mezzo fa con 1900 preferenze, il Sindaco di Calatafimi Segesta, Antonino Accardo, è tra gli indagati dell'operazione antimafia di questa notte.

Insegnante in pensione, Accardo è indagato per corruzione elettorale, con l'aggravante mafiosa, perchè, secondo l'accusa, avrebbe comprato voti dalla cosca locale. Sarà ascoltato proprio oggi dagli inquirenti. Contro Accardo ci sono alcune intercettazioni, in una delle quali si parli di voti in cambio di soldi, 50 euro a voto. Per lui anche l'accusa di tentata estorsione.

Fra gli indagati c’è anche il sindaco Antonino Accardo, insegnate in pensione di 72 anni, eletto un anno e mezzo fa. Dopo quelli di Castellammare del Golfo, Nicola Rizzo, e di Paceco, Giuseppe Scarcella, è il terzo sindaco trapanese coinvolto in indagini legate a Cosa Nostra negli ultimi mesi.

Alle ultime elezioni amministrative Accardo ha battuto la concorrenza di Nicola Cristaldi.

07.00 - 13 fermati, 20 indagati. Tra loro il Sindaco di Calatafimi Segesta ed imprenditori ritenuti vicini a Matteo Messina Denaro. 

Altro blitz nella notte in provincia di Trapani. Ad agire i poliziotti del Servizio centrale operativo e i colleghi delle squadre mobili di Trapani e Palermo che hanno eseguito tredici fermi disposti dalla Direzione distrettuale antimafia di Palermo.

Colpito il clan di Calatafimi - Segesta. 

Le accuse ipotizzate nei confronti degli indagati sono, a vario titolo, associazione mafiosa, estorsione, incendio, furto, favoreggiamento personale e corruzione elettorale, aggravati dal metodo mafioso.

In manette, è finito il nuovo capo della famiglia mafiosa di Calatafimi, che fa parte del mandamento di Alcamo: è Nicolò Pidone, 57 anni, ex operaio stagionale della Forestale che era stato già arrestato nel 2012, dopo avere scontato la condanna era tornato in servizio con un ruolo ancora più autorevole. Secondo le indagini, nella sua masseria si tenevano le riunioni delle cosche. 

Arrestato anche Salvatore Barone, ex presidente dell’Atm, l’azienda municipale dei trasporti di Trapani. E' accusato di associazione mafiosa. Oggi è alla guida di una cantina sociale. 

Nel blitz è stato arrestato anche Stefano Leo, ritenuto vicinissimo al boss Vito Gondola, il boss di Mazara che negli anni scorsi gestiva il sistema di comunicazione del superlatitante Matteo Messina Denaro. 

Notificato anche un avviso di garanzia al sindaco di Calatafimi, Antonino Accardo, accusato di corruzione elettorale e tentata estorsione, con l’aggravante di mafia.

Fra gli indagati c'è pure un agente della polizia penitenziaria in servizio nel carcere palermitano di Pagliarelli: è accusato di rivelazione di notizie riservate.