Ecco i nomi delle persone arrestate, a vario titolo, nell'operazione antimafia di oggi, denominata, Ruina, che ha portato al fermo di personaggi legati alle famiglie mafiose di Castellammare del Golfo ed Alcamo, e di qualche insospettabile "colletto bianco".
Personaggio centrale, al vertice capo della locale famiglia mafiosa, Nicolò Pidone, già condannato per 416 bis nell’ambito dell’indagine denominata Crimiso, che nel 2012 aveva portato all’arresto di altrettanti affiliati appartenenti anche alle famiglie di Castellammare del Golfo e di Alcamo.
Tra gli indagati spiccano i nomi di personaggi già condannati per mafia come Leo Rosario Tommaso, pregiudicato attualmente dimorante a Marsala, ma anche il cugino di questi Leo Stefano, a carico del quale sono stati documentati contatti recenti con il rappresentante della famiglia di Calatafimi. In ordine al LEO Stefano, personaggio anch’esso di rilievo, sono stati raccolti elementi che lo vedevano vicino al defunto boss Gondola Vito e al condannato Giglio Sergio, entrambi coinvolti nelle vicende della veicolazione dei “pizzini” diretti al capo indiscusso di Cosa Nostra Matteo Messina Denaro, venute alla luce nel corso delle varie fasi dell’operazione denominata “Ermes”.
Tra coloro che favorivano gli incontri e le comunicazioni, il quarantaseienne imprenditore agricolo vitese Simone Domenico.
Nelle maglie dell’indagine, Barone Salvatore, fino alla trascorsa estate presidente del Consiglio di Amministrazione pro tempore dell’azienda per i trasporti Atm di Trapani, già direttore generale della stessa compagine societaria a partecipazione pubblica, destinatario del fermo e il sindaco di Calatafimi, al momento indagato e non destinatario di provvedimento, per i reati di tentata estorsione e corruzione elettorale, aggravati dal metodo mafioso.
Barone, nella qualità di presidente della cantina sociale Kaggera di Calatafimi – altra carica da lui da tempo ricoperta - è risultato completamente assoggettato ai voleri del capo della locale famiglia mafiosa, Pidone Nicolò, il quale, direttamente o attraverso il proprio fiduciario Placenza Gaetano, allevatore, anch’egli sottoposto a fermo e facente parte dell’organigramma della compagine direttiva societaria, in qualità di consigliere, ne pilotava le policy di governo, decidendo le assunzioni di personale finalizzate a dare sostentamento alle famiglie dei detenuti mafiosi e la dazione di somme di denaro, a favore di esponenti di Cosa Nostra, aggirando le norme statutarie interne.
Sono state documentate inoltre frequentazioni del primo cittadino con esponenti di Cosa Nostra ed un tentativo di recuperare somme di denaro, nei confronti di un imprenditore di Petrosino, ex socio in affari dello stesso sindaco, avvalendosi dell’intervento del Leo Rosario Tommaso, attraverso l’intermediazione della stessa famiglia mafiosa di Calatafimi.
A carico dello stesso imprenditore Urso Leonardo, di origini marsalesi e di professione enologo, è stato emesso provvedimento di fermo, avendo tenuto un comportamento reticente nel corso delle attività d’indagine, finalizzato comunque a favorire Cosa Nostra.
In manette anche l’imprenditore agricolo Andrea Ingraldo, di origini agrigentine, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa, per aver assunto fittiziamente il leader della famiglia di Calatafimi Nicolò Pidone, al fine, tra l’altro, di far figurare l’esistenza di una regolare posizione lavorativa per ottenere un trattamento meno afflittivo nell’ambito di un procedimento per l’irrogazione di una misura di sicurezza di cui è destinatario.
Tra gli episodi ricostruiti incendio della vettura dell’imprenditore Caprarotta Antonino, ordito dallo stesso Pidone Nicolò e realizzato con il concorso degli altri fermati ed aderenti all’associazione mafiosa, Aceste Giuseppe, Sabella Antonino – quest’ultimo già in carcere perché colpito da provvedimento restrittivo a seguito dell’operazione “Cutrara”, coordinata dalla D.D.A di Palermo, nello scorso giugno - e Fanara Giuseppe, agente di commercio.
Tra le persone fermate figurano anche Gennaro Giuseppe, altro esponente della famiglia mafiosa di Calatafimi, accusato, oltre che di associazione mafiosa, anche di aver rubato un trattore agricolo, nell’interesse dell’associazione stessa, unitamente agli altri esponenti di Cosa Nostra Francesco Domingo, Stabile Sebastiano e Salvatore Mercadante, raggiunti da provvedimenti restrittivi nell’ambito dell’indagine “Cutrara” incentrata sulla famiglia di Castellammare del Golfo.
Destinatario di fermo anche il trentasettenne calatafimese Chiapponello Ludovico, indagato per aver favorito l’associazione mafiosa mediante l’effettuazione di un’attività di bonifica, finalizzata alla rilevazione della presenza di eventuali microspie all’interno della fatiscente dependance del capo della famiglia mafiosa Nicolò Pidone.
Tra gli indagati anche un appartenente alla Polizia Penitenziaria, cui è contestato il reato di rivelazione di segreto d’ufficio, commesso al fine di agevolare Cosa Nostra.