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14/12/2020 06:00:00

Il caso tamponi ad Alcamo. Ecco perchè l'indagine si è "sgonfiata"

 Com’è finita la storia del laboratorio di Alcamo finito sotto inchiesta per una presunta truffa sui tamponi anti-covid?


Il caso aveva fatto molto scalpore
, e riguardava un laboratorio di analisi di Alcamo che ad ottobre ha ricevuto la visita dei Nas dei Carabinieri. In seguito a questa ispezione era stato sequestrato il macchinario per processare i tamponi per riscontrare la presenza del Coronavirus. Secondo quanto rilevato dai Carabinieri il laboratorio di analisi avrebbe utilizzato macchinari non idonei per riscontrare la presenza del Sars Cov2. Più altri tipi di inadempienze. Il laboratorio ha processato tamponi per l’Asp, per strutture di assistenza come Rsa, e per privati, ed è convenzionato con la Regione. Per i titolari del centro di analisi, quindi, è scattata l’accusa di frode nelle pubbliche forniture, e le strumentazioni ritenute non ideonee sequestrate. Questo ad ottobre, dopo le ispezioni degli investigatori. Ma le cose sono cambiate, e di molto, nelle ultime settimane, e il caso si è ridimensionato. Tant’è che il Riesame del Tribunale di Trapani ha disposto il dissequestro perchè “non c’è reato”.


Andiamo con ordine. Perchè in un periodo di emergenza come quella che stiamo vivendo le vicende giudiziarie che riguardano laboratori di analisi, strutture sanitarie in genere, e operatori che lavorano nel campo della sanità possono avere un diretto impatto sulla percezione della gente sull’emergenza sanitaria. E perchè da quell'indagine sono scaturite anche altre denunce, come quella che avrebbe portato la Procura di Trapani ad indagare sulla morte di una donna, e  che raccontiamo qui.

Ad ottobre il sequestro
L’indagine riguarda il centro di analisi Emolab, che fa parte della società consortile Koala. Nei primi mesi della pandemia ha processato circa 10 mila tamponi. Ad ottobre arriva l’ispezione dei Nas che procedono con il sequestro dei macchinari, e non dell’intero laboratorio come inizialmente era sembrato. Indagati per truffa ai danni del sistema sanitario nazionale Benedetto Fabio Di Giorgi, rappresentante legale della società e Salvatore Ciaccio, direttore tecnico del laboratorio Emolab.


Questo è quanto si legge nella nota dei Carabinieri:

Il provvedimento è scaturito dagli esiti investigativi del NAS che hanno evidenziato come il laboratorio abbia continuato ad analizzare tamponi molecolari per conto dell’ASP di Trapani, di cliniche delle province di Palermo e Trapani nonché di privati, nonostante le apparecchiature utilizzate (nei mesi di aprile ed agosto) fossero state valutate non idonee per lo screening del codiv-19 da parte dell’ente certificatore regionale di controllo qualità. Inoltre era stato rilevato che le matrici oggetto di analisi erano risultate difformi dal reale contenuto e, in alcuni casi, l’esame analitico aveva dato esito negativo al virus quando in realtà doveva essere positivo. Nel contempo, le indagini hanno fatto emergere che il titolare della struttura diagnostica ed il direttore tecnico del laboratorio:
hanno omesso di inserire nella piattaforma web regionale per il codiv-19 i test privati eseguiti e processati ed il relativo esito;
hanno praticato ai privati un prezzo per tampone variabile tra 80 e 100 euro, anziché applicare la tariffa di euro 50 a test stabilita dalla circolare regionale, una delle condizioni per la quale lo specifico esame era stato accreditato anche ai laboratori privati;
non hanno adempiuto alla presenza obbligatoria del biologo specializzato in microbiologia, virologia o genetica; figura professionale indispensabile nella processazione dei tamponi oro-rino-faringei per il codiv-19,


L’indagine parte dalla denuncia di un privato cittadino che ha effettuato un tampone molecolare pagandolo 90 euro, molti di più dei 50 euro pattuiti come prezzo per l’esame dalla Regione Siciliana.
La Procura della Trapani e i carabinieri del Nas avevano contestato ai titolari del laboratorio il fatto di avere utilizzato macchine non idonee, però alla luce di tre esiti: un falso positivo e due inaccettabili.

“Non c’è reato. Macchinari ideonei”. Cosa dice il Riesame
I titolari del centro di analisi, assistiti dall’avvocato Vincenzo Abate, hanno, però, fatto ricorso, contro il provvedimento di sequestro. E il Tribunale gli ha dato ragione.
Infatti il Tribunale del Riesame di Trapani, collegio presieduto da Daniela Troja, ha annullato nei giorni scorsi il sequestro, con un provvedimento di 33 pagine che smonta le tesi dell’accusa, accogliendo invece quelle della difesa.
I giudici stabiliscono, in sostanza, che “non c’è reato”, perchè non ravvisano la presenza del “fumus commissi delicti”. In sostanza, il collegio presieduto da Daniela Troja ritiene che non si può affermare che le macchine con cui sono stati processati i tamponi Covid fossero non idonee. Inoltre non viene ravvisato alcun intento fraudolento che giustifichi l’ipotesi delle frode in pubbliche forniture. Non c’è il dolo. E questo per diversi motivi.

 

 

I tamponi "falsi"
Sono tre su 14 i tamponi ritenuti sospetti e che in due cssi sono stati ritenuti “inaccettabili” e un altro è stato riscontrata la falsa positività. Delle anomalie troppo esigue per configurare un intento fraudolento. Inoltre non è stato possibile escludere anomalie nel trasporto e nella conservazione, quindi neanche una contaminazione delle provette.

Apparecchiature non idonee?

Se così fosse stato, rileva il tribunale, “non vi sarebbero stati solo tre risultati inaccettabili su 14 campioni esaminati, ma la inidoneità dello strumento avrebbe falsato anche l’esito sugli altri tamponi”.
Il Tribunale, accogliendo la tesi della difesa, sottolinea che per configurarsi la frode nelle pubbliche forniture avrebbe dovuto esserci il dolo. Invece il laboratorio si è dotato di un macchinario all’avanguardia, tra i migliori al mondo, come riconosciuto anche dal Ministero della salute. In più, sia prima che dopo la rilevazione delle anomalie nei tre test da parte del centro regionale di controllo, il laboratorio aveva sottoposto a verifiche il macchinario.

La denuncia e il prezzo dei tamponi
Altro elemento è l’avvio delle indagini. Come detto tutto è partito dalla denuncia di un cliente che ha pagato 90 euro un tampone. Questo nonostante il prezzo pattuito a livello regionale fosse di 50 euro. Il tribunale, però, fa notare che questo aspetto non rientra nella frode in pubbliche forniture. “E’ significativo - rilevano i giudici - che l’indagine abbia preso le mosse dalle doglianze mosse da un soggetto che non lamentava un risultato errato del tampone effettuato, ma un prezzo del tampone superiore a quello che si rassegnava fosse stato individuato dalla Regione Siciliana”.
Sottolineano i giudici che la Koala ha applicato il prezzo convenuto, di 50 euro a tampone, alle case di cura, ad esempio, come anche fatturato all’Asp di Trapani. E che l’applicazione di un prezzo maggiore ai clienti non forniti di ricetta non rientra in un profilo penale, ma nel rapporto tra i laboratorio e la Regione Siciliana.


Il biologo
Altra questione poi era quella dell’assenza di un biologo specializzato all’interno del centro di analisi. I Nas hanno rilevato che il laboratorio si avvaleva di una microbiologa “non legata da un contratto di lavoro, svolgendo la propria attività in regime libero professionista”. Il Tribunale però rileva che tra il laboratorio e la dottoressa era stato stipulato un contratto di consulenza, che la dottoressa aveva staccato regolarmente fattura per le sue prestazioni professionali, e che l’Assessorato regionale parla di “presenza” della figura di microbiologa all’interno dei laboratori, e non per forza con un rapporto di lavoro con contratto di lavoro.


Un caso quello del laboratorio di Alcamo che ha certamente suscitato molte reazioni, quando la notizia è venuta fuori, nelle prime settimane. Ma che sembra essere stato smontato dalle 33 pagine del tribunale del Riesame che annulla il sequestro preventivo dei macchinari. Che direzione prenderanno gli altri accertamenti?

 



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