Le trombe suonate dai pescherecci ormeggiati al porto di Mazara del Vallo. Uno, due, tre, quattro e più minuti, in cui il singhiozzo della commozione dei familiari dei 18 pescatori sequestrati in Libia viene coperto dal frastuono delle trombe dei pescherecci.
Una rumore potente, che in mare aperto squarcia la penombra per far strada verso il ritorno in un porto sicuro. Un rumore potente, che a quasi 100 giorni dal sequestro, punta a scuotere l’immobilismo delle istituzioni, arrivare a Roma per far sentire, ancora una volta, che è passato troppo tempo. Che i pescatori devono ritornare a casa, che non c’è più spazio per le parole, e che i 18 uomini devono riabbracciare le loro famiglie
E’ l’ennesima protesta messa in campo, quella di sabato a Mazara del Vallo per i pescatori che a bordo delle imbarcazioni Medinea e Antartide sono stati sequestrati dalle milizie libiche del generale Haftar il primo settembre scorso. Sono passati più di tre mesi, quasi 100 giorni. Un tempo infinito per le famiglie che ogni giorno presidiano i palazzi istituzionali di Roma per far sentire la propria voce, per chiedere al Governo di fare qualcosa di concreto e di fare in fretta. Un tempo infinito in cui, però, dai palazzi romani, e soprattutto dal Ministro degli Esteri Luigi Di Maio si è sentito dire uno sbrigativo “lasciateci lavorare”.
Al porto di Mazara sabato mattina c’erano i familiari dei pescatori, che brandivano ancora una volta lo striscione che campeggia da mesi davanti i palazzi istituzionali di mezza italia. “Li rivogliamo a casa per Natale. Conte, Di Maio: fateci questo regalo”, dice la mamma di uno dei pescatori.
Quella di Mazara non era l’unica protesta, tutte le marinerie italiane sono state invitate ad unirsi nella protesta suonando le trombe delle imbarcazioni. Da Nord a Sud diverse flotte hanno risposto all'appello.
Manifestazioni anche davanti alle prefetture di Messina, Catania e Palermo.
Manifestazione organizzata da Antudo, Siciliani Liberi, Figli di Sicilia e Attiva Sicilia con il suo gruppo parlamentare all'Ars. "Sono passati ormai tre mesi dal sequestro. Più di 90 giorni lontani da casa. Dal Governo sempre la stessa solfa: "stiamo lavorando". Davanti al silenzio delle istituzioni, alle infinite attese, alle false promesse, non possiamo rimanere con le mani in mano", dice Giovanni Siragusa di Antudo. “Ci appelliamo al prefetto, che rappresenta il governo nazionale a livello locale. Ci rivolgiamo anche al presidente Musumeci, che ha secondo noi gli strumenti per applicare la giusta pressione sul governo nazionale”, dice Tiziana Albanese di Antudo. “Non ci interessa cosa bisogna pagare, chi bisogna liberare, quali interessi bisogna sacrificare in favore della libertà dei mazaresi: vogliamo che tornino a casa immediatamente”, conclude Albanese.
Sui pescatori di Mazara, tra gli altri, è intervenuto anche il leader della Lega Matteo Salvini che in un video prima delle manifestazioni ha letto i nomi degli ostaggi in Libia e ha attaccato Conte e Di Maio. "Sono lontano da casa e dalle loro famiglie, nel disinteresse almeno apparente del governo italiano - ha detto il leader della Lega -. Le famiglie aspettano un segnale concreto. Governo sveglia, Conte sveglia, ministro degli Esteri sveglia. Riportiamo a casa questi figli del nostro Paese, è già passato troppo tempo".