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30/11/2020 06:00:00

Gregory Bongiorno: "Il Covid sta mettendo in ginocchio le imprese trapanesi. Ma serve fare rete"

Gregory Bongiorno, presidente di Confindustria in provincia di Trapani, sono mesi difficili, anche per l'economia trapanese. L'emergenza Covid mette davanti due correnti di pensiero. Chi dice “la salute prima di tutto”, e quindi favorevoli alle chiusure totali. E chi invece dice che non si può neanche morire per l'assenza di lavoro. Lei da che parte sta?

 

Io non voglio fare quello che rimane nel mezzo a tutti i costi, ma in questa situazione il buonsenso va messo in primo piano. Va trovato il giusto equilibrio tra esigenze lavorative, per non pregiudicare ulteriormente la situazione economica siciliana, e la salute. Le due cose sono compatibili. Ci sono dei protocolli sanitari che se applicati a dovere da aziende e lavoratori permettono di coniugare le due esigenze. Bisogna continuare a lavorare, a produrre, e al contempo a star bene.

 

Confindustria è un osservatorio privilegiato di quello che accade nelle imprese e nell'economia. Il territorio della provincia di Trapani è uno dei più fragili, anche in Sicilia stesso. Avete toccato con mano già dal lockdown la crisi. Come stanno oggi gli imprenditori trapanesi?

 

Le relazioni della Banca d'Italia sulla situazione siciliana e della provincia di Trapani fotografano una situazione di assoluta difficoltà. Se parliamo di lavoratori che hanno perso il posto di lavoro, nonostante i divieti di licenziamento, come i tempo determinato, in Sicilia sono 36 mila e in provincia di Trapani qualche migliaio. Do un dato: in provincia di Trapani abbiamo avuto 40 mila richieste del famoso bonus 600 euro. Hanno partecipato tutta una serie di micro attività. Di cassa integrazione in provincia ce ne sono state altre 10 mila. Sono due dati che palesano la situazione in provincia di Trapani. A questo aggiungo che un 50% delle aziende iscritte in Camera di Commercio quest'anno avrà una riduzione di almeno il 15% di fatturato. Il settore del turismo ha avuto riduzione del 50-60%. Turismo e ristorazione sono settori che rischiano di andare in default e che a cascata mettono in crisi tutto il sistema bancario. Questa è la situazione della provincia, ma che è la fotocopia di quello che avviene in Sicilia. Noi soffriamo nel settore del commercio: su 42 mila aziende iscritte alla Camera di Commercio, 10 mila sono nel commercio. Il settore enologico e agroalimentare in generale sta soffrendo per la chiusura di bar, ristoranti, pub e di tutto il settore horeca. Anche le cantine stanno soffrendo, chi aveva un mercato locale soprattutto.

 

C'è stato un incontro di recente con Airgest, sindacati e Comuni, sulla questione aeroporto, sul co-marketing. Emerge in questa circostanza una difficoltà a fare rete tra i vari attori nello sviluppo dello scalo trapanese. E' una situazione che va avanti da tempo. Ma se non si fa rete in questo periodo diventa difficile venirne fuori.

 

Non vale solo per l'aeroporto, ma anche per qualsiasi altro settore. In tutta Italia ci sono distretti produttivi che vanno dall'agroalimentare alla ceramica. Da noi non esistono, è complicato realizzarli. E anche all'interno delle strutture esistenti, come il Distretto turistico, o reti di Comuni, vediamo che si sfaldano cammin facendo. Al netto delle lamentele dei due comuni che si sono tirati fuori dall'accordo di co-marketing, Pantelleria e Castelvetrano, c'è un contratto con Ryanair non totalmente garantito e corrisposto, e questi 160 mila euro che vengono a mancare mettono in difficoltà l'aeroporto. Alcuni Comuni si sono resi disponibili per farsi carico di queste somme. Alcuni Comuni hanno già pagato, altri lo faranno, ci sono quei Comuni che non hanno ancora approvato il bilancio. Ci sono una serie di difficoltà. I sindacati nell'incontro con l'Airgest hanno chiesto ai Comuni di far presto, di chiudere questa partita ed andare avanti. E' una situazione che va avanti da troppi anni.

 

Fa molto discutere lo sciopero indetto dai sindacati della Funzione Pubblica, per gli statali, previsto per il 9 dicembre. In questo periodo in cui tutti stanno stringendo la cinghia, in cui i dipendenti nel privato sono in cassa integrazione, le partite Iva hanno forti difficoltà, gli Statali che sono in una posizione privilegiata, scioperano per l'adeguamento del loro contratto. A tutti è sembrata una cosa che si poteva evitare. Lei che pensa?

 

Sono rimasto sorpreso. Mi rendo conto che le richieste del mondo sindacale e di coloro che operano nel settore pubblico sono legittime. Sono vecchi contratti che vanno rinnovati, certo. Ma questa scelta di scioperare è intempestiva e fuori luogo. C'è gente che ha chiuso le attività, aziende rovinate, persone che hanno un futuro compromesso, giovani che non hanno lavoro. E poi c'è gente che sciopera per un rinnovo contrattuale. Non lo condivido, e mi associo con chi si indigna. Così si rischia di creare uno scontro sociale all'interno della classe impiegatizia. Il lavoratore privato, nella migliore delle ipotesi, è andato in cassa integrazione perdendo qualcosa dello stipendio. Il lavoratore pubblico il più delle volte è rimasto al suo posto ma lavorando in smart working, continuando a prendere lo stipendio pieno. Se a questo aggiungiamo che molti in smart working non erano nelle condizioni di lavorare allora le cose prendono ancora un'altra piega.