La figlia di Rostagno - "Provo amarezza, sì, per questa sentenza della Cassazione. Perché per l'omicidio di mio padre c'è un mandante, ma non c'è un esecutore materiale. Non c'è il nome del killer che ha sparato". Non solo. "Per anni e anni ci sono stati depistaggi, ricordo che nel processo di primo grado sono venute fuori cose davvero imbarazzanti di cui non ero mai venuta a conoscenza". Maddalena Rostagno ha atteso per anni questo momento. La parola fine sul processo per l'omicidio del padre. Ma si dice "amareggiata". "Vuole sapere come mi sento? - dice in una intervista all'Adnkronos - c'è un po' di amarezza. C'è un uomo che viene assassinato, mi arrestano la madre, dicono che sono stati 4 tossicodipendenti della comunità, mandando anche un messaggio che essere tossici significa anche essere assassini. Che mio padre per una roba del genere sarebbe risorto, contrario alla sua filosofia di vita. Poi c'è stato un colpo di fortuna, con la Squadra mobile di Trapani, per cui è stata fatta una comparazione di proiettili ed è emerso il nome di Vito Mazzara".
Per i giudici di primo grado a impugnare il fucile, spezzato dalle esplosioni, sarebbe stato Vito Mazzara, capomafia di Valderice. Sembravano portare a lui e a un suo parente biologico non identificato le tracce di Dna ritrovate nell'arma, ecco perché gli era stato inflitto all'ergastolo. La condanna si aggiungeva a un altro ergastolo per l'uccisione nel 1995 dell'agente di custodia Giuseppe Montalto. Ma in appello, la corte d'Assise d'Appello, dopo aver acquisito un manuale dei criteri di interpretazione delle tracce di Dna, ha optato per l'assoluzione ribaltando il giudizio di primo grado. Sentenza confermata dalla Cassazione.
I depistaggi ricordati dalla figlia - "22 anni di depistaggi, in primo grado sono venute fuori cose imbarazzanti. Molte cose le sapevo, alcune cose non le avevo mai pensate. Io non faccio l'avvocato né la giornalista, ho iniziato a leggere libri di mafia solo dopo l'omicidio per celebrare il mio dolore". E ricorda: "Il primo depistaggio fu quello di spostare il corpo di Mauro. I carabinieri fecero spostare il corpo di mio padre. Già durante il processo di primo grado si scoprì che quello l'uomo che aveva chiamato, il signore che viveva in una casa vicino alla curva, è stato sentito solo dopo 25 anni". Al momento una decina di persone è al processo a Trapani per falsa testimonianza.
«Sono passati 32 anni, due mesi e un giorno, ma alla fine Mauro ha ottenuto giustizia — commenta Chicca Roveri, moglie di Rostagno e madre di Maddalena —. A ucciderlo è stata la mafia, la stessa che ancora comanda. Ma quanta fatica e quanto dolore per arrivare a una verità da subito evidente. Alla domanda se credo nella giustizia, che si solito si pone ai familiari delle vittime, preferisco rispondere citando Dante: “E qui chinò la fronte e più non disse, e rimase turbato”».