di Rossana Titone - La violenza contro le donne è uno di quei fenomeni contro cui si combatte ma ad armi impari.
Gli strumenti sono pochi, si fa fatica a sradicare una mentalità che vede la donna come un oggetto, un segno del possesso e quindi della forza di un uomo nei confronti della donna.
Il fenomeno ha radici profonde, una piaga sociale, eppure ancora poche donne alzano lo sguardo e vanno lontano da quelle mura che sono un carcere, che sono tristezza, che raccontano violenza, che puzzano di morte.
Ci vorrebbe un patto sociale, tra donne. La capacità di scorgere il sole negli occhi delle altre, di individuare una rete che sappia essere rassicurante, accogliente, salda come una roccia.
La paura c'è, esiste, blocca e anestetizza. Lottare contro gli stereotipi è sacrosanto, bisogna anche ripercorrere percorsi di sana educazione al rispetto di se stesse, a non essere adesive a nessun uomo. L'indipendenza costa in termini di sacrifici e rinunce, ha l'odore buono della libertà, della capacità di autodeterminarsi, di vivere con il vento che soffia pure contro ma con la forza di scommettere su se stesse.
Ogni anno ci ritroviamo qui, e non solo, a ribadire che è importante essere unite per fronteggiare una cultura che identifica la donna in oggetto, come prolungamento di un uomo.
Anche questa è violenza, perchè le parole hanno un peso e sono importanti. Le parole sono fiumi che possono condurre lentamente a ruscelli limpidi oppure travolgerti e farti male.
C'è un caso su tutti di cui bisogna parlare, la ragazza di 18 anni che è stata stuprata a casa di Alberto Genovese. Un articolo di Vittorio Feltri la definisce ingenua, una che nonostante la giovane età e l'ambizione (legittima) di fare la modella si è cercata lo stupro. Perchè, dice Feltri, quando entri in camera da letto di uno che è considerato un mandrillo sai che devi toglierti le mutande e non sai quando te le rimetterai.
E quindi l'uomo è forte, virile, facoltoso. Uno che ha studiato alla Bocconi, magari uno che ha tutte le donne del mondo... una serie di parole messe in riga che deviano il senso unico e reale: si è trattato di stupro, unito alla violenza. Perchè questa ragazza è stata picchiata, legata, ha il corpo pieno di lividi e soprattutto ha un'anima devastata.
Non c'è un concorso di colpe, se ne faccia una ragione chi la pensa in questa maniera. A diciotto anni si è libere di sognare il mondo dello spettacolo e delle passerelle, questo non sdogana a commettere violenza carnale.
Le donne non sono una “cosa”, non meritano di stare in una vetrina, perchè i messaggi silenziosi che si mandano sono sconvolgenti. Un corpo parla anche quando è fermo, sfilare è un arte, stare immobili in vetrina no.
Le donne facciano rete, non attacchino altre donne e soprattutto non inventino scuse banali giustificando i propri comportamenti.
Ci vuole coraggio ad assumersi la responsabilità di dire: sono libera di essere un oggetto.
Per ognuna di queste donne tante altre lotteranno per alzare l'asticella della dignità, dell'autodeterminazione, della capacità di segnare percorsi virtuosi. Tante donne lotteranno contro soprusi e contro ogni tipo di violenza. Lo faranno non per se stesse, lo faranno per tutte.
#Nonunadimeno