Il virus quando arriva ti trasporta in una dimensione parallela. Pensi che alla fine non è come dicono sui social i negazionisti. Che non è come dice quella lì del “non ce n'è Covid”. Che non è una cosa che riguarda altri, lontano da te e dal tuo mondo. Ma che può succedere anche a te. Perché il virus, anche qui a Marsala, mette in discussione tutto.
"Sono stato 20 giorni ricoverato al Covid Hospital di Marsala. I medici e gli infermieri non mi hanno mai fatto mancare attenzioni. Sono degli eroi. Sono pochi e combattono a mani nude contro un nemico invisibile. Ma al Paolo Borsellino non è tutto sotto controllo come dicono. C'è tanta disorganizzazione. E per l’Asp sono un positivo fantasma".
A raccontare la sua esperienza a Tp24 è G.S. uno dei 294 positivi al coronavirus di Marsala. È stato ricoverato per 20 giorni, dimesso la scorsa settimana e adesso a casa, in attesa di un tampone negativo.
"I sintomi sono andati via, ma sono ancora positivo. La mia degenza è cominciata ad ottobre. Ho accusato i primi sintomi e ho fatto un test sierologico che ha dato esito negativo. Ma continuavo a stare male. Febbre, tosse, non sentivo sapori né odori, difficoltà a respirare e un gran dolore dappertutto”. Così l’uomo va in ospedale. I medici gli dicono che non ci sono dubbi: è Coronavirus. Il tampone, la tac, il ricovero.
“Quando sono stato ricoverato ho salutato da lontano la mia famiglia. Non sapevo se li avrei rivisti. Questa malattia è imprevedibile. Il Covid c’è, e colpisce in maniera inaspettata. Arriva quando abbassi la guardia. Può toccare a chiunque. Ho vissuto giorni di grande preoccupazione e mi arrabbio quando vedo persone sottovalutare il problema, quando sui social leggo certi commenti, quando vedo foto di assembramenti e di irresponsabilità”.
Ci racconta che quei giorni di degenza al quarto piano del Covid Hospital di Marsala li ha trascorsi in stanza con un altro malato Covid-19. “Fortunatamente non ho avuto bisogno dell'ossigeno. I medici e gli infermieri non ci hanno mai fatto sentire soli. Ci tranquillizzavano, sono stati i nostri angeli custodi. Ci tenevano compagnia nei momenti di sconforto. A volte eravamo noi a supportare loro. Sono pochi, e lottano a mani nude contro questo virus”. G.S. e il suo compagno di stanza, F.S., ci tengono a ringraziare i medici e gli infermieri del “Paolo Borsellino”, per il “grande senso di umanità” con cui li hanno assistiti.
Ma non tutto è andato bene. Perchè dietro quei medici che con abnegazione affrontano l’emergenza Covid, direttamente sul fronte, ci sono tanti problemi. C’è un ospedale in sofferenza, in carenza di personale.
“Gli ultimi giorni di degenza, quando i sintomi sono andati via, siamo in fase di guarigione, ci portano dove c’era il reparto di Urologia, al primo piano. Qui, siamo stati abbandonati per tre giorni. Nessuno è venuto a fare pulizie”. Il 9 novembre la cartella clinica indica le dimissioni alle 13 del pomeriggio.”Tornerò a casa”. Ma non tutto va liscio. “Sono pronto per uscire, passano le ore, ma fino alle 23 nessuna notizia. Non posso lasciare l’ospedale. Se ne parla l’indomani. Senza darci spiegazioni. Alle 12.30 circa un infermiere mi comunica che posso lasciare l'ospedale per andare a casa. Ma l’infermiere che deve accompagnare sia me che l’altra persona se ne va dicendo al collega del reparto che sarebbe tornato dopo mezz’ora. Nel frattempo c’è il cambio turno. Dopo le 14 e l’impazienza di lasciare l’ospedale scopriamo che manca l’ambulanza che deve accompagnarmi a casa. Rimaniamo, sia io che l’altro paziente, in corridoio per oltre mezz’ora, in mezzo ai rifiuti, come dimostra la foto. Abbandonati a noi stessi, senza mascherine, senza pranzo”.
Finalmente l’ambulanza arriva. G.S. torna a casa a Marsala, dove ha lasciato la sua famiglia, che fortunatamente non ha preso il virus.
Incubo finito? No. Da allora nessuno si è fatto vivo. “Ho provato a chiamare per giorni l’Usca, l’Unità speciale di continuità assistenziale. Mi hanno risposto solo dopo 3 giorni. Ma la cosa incredibile è che all’Usca non risulta il mio nome tra i positivi al Covid. Sono un fantasma. Mi dicono di ricontattare il medico curante, che però non sa a questo punto che fare. L’Usca mi dice che il medico curante finchè non invia una mail per chiedere il tampone per me non potranno venire a casa”. Ad oggi nessuno ha fatto il tampone, nessuno ha rilevato la sua positività. “Gli unici che si sono fatti sentire sono quelli di Energetikambiente per dirmi come dovevo smaltire i rifiuti”. Intanto per la politica e i vertici della sanità è tutto sotto controllo.