Quantcast
×
 
 
03/11/2020 06:00:00

Covid. Medici esasperati, strutture al collasso. Così la politica siciliana ha abbandonato i territori

 Non si sa esattamente quando è avvenuto il punto di rottura tra cittadino e personale medico, sta di fatto che nella prima fase della pandemia e durante tutto il lockdown sono stati elogiati, equiparati ad eroi. Ce le ricordiamo le foto degli infermieri con il viso segnato dai dispositivi di sicurezza.


Tutti sapevamo della seconda ondata, tutti.
Tranne, evidentemente, il governo centrale, e a cascata quello regionale che non si è attrezzato, che è arrivato impreparato a questo ulteriore appuntamento.
Il governatore siciliano, Nello Musumeci, sostiene una tesi e dopo appena 10 ore la tesi diventa opposta. Non c’è una guida in Sanità che possa rassicurare il personale sanitario, né i cittadini.
Del resto la politica si trincera dietro la paura dei medici di poter parlare liberamente di quello che vivono all’interno degli ospedali, delle carenze, delle criticità, della mancanza del personale.


L’ASP è sempre pronta a provvedimenti disciplinari. Si ripara così la politica, fallimentare e incapace a dare risposte immediate, parla alla pancia e non ne azzecca una.
Un esempio su tutti? Il reparto di Pneumologia, essenziale per un Covid Hospital, doveva essere trasferito da Trapani a Marsala, c’è stata una brusca marcia indietro. Niente da fare, nessun trasferimento, di tanto in tanto verrà qualche pneumologo. Ha vinto il politico che evidentemente ha saputo imporsi, che certamente non ha fatto il bene della collettività. E sicuramente c’è chi poi dai vertici della sanità, locale e provinciale, non si sa imporre abbastanza.


Intanto i medici e tutto il personale è esasperato, non ce la fanno a reggere i ritmi, dal momento in cui si imbardano fino a quando si svestono non possono nemmeno andare in bagno, turni più lunghi del previsto.
Come se non bastasse vengono dileggiati sui social, come se si inventassero i reparti pieni, i Pronto Soccorso al collasso, le Terapie Intensive in overbooking.

Una condizione che rende tutto più stressante, che lascia l’amaro in bocca e che fa guardare dentro quel buco nero della Sanità.
In questi mesi estivi si poteva almeno riorganizzare la medicina territoriale, invece si è preferito chiudere gli occhi e puntare sul turismo, ma anche lì quei bonus regionali sono stati un fallimento.
E’ mancato il coordinamento, perché le professionalità, seppure poche, ci sono.

I medici di base sono stati lasciati da soli, operano in solitudine, quando alla medicina territoriale andavano maggiori risorse senza cadere nell’errore dello spreco.
Ma per fare questo serve una guida autorevole e altrettanto lungimirante, capace di imporsi alla politica, che sulle poltrone predilige i filogovernativi.
Manca il raccordo tra la medicina territoriale e quella ospedaliera.
Molti pazienti affetti da Covid-19 non necessitano di ricovero, quindi i medici di base dovrebbero poter assistere i loro pazienti presso i domicili di riferimento.
In molti Paesi funziona benissimo la telemedicina per le cure domiciliari, in Italia l’ Istituto Superiore di Sanità ha previsto questo strumento che consentirebbe al paziente Covid di trasmettere al proprio medico di base i parametri vitali.  Del resto le USCA nascono proprio perché la medicina territoriale non funziona.


Torna in ballo la politica, perchè dovrebbero rimodulare l’attuale assetto e ridisegnare il ruolo del medico di famiglia, che non può essere così confinato quando invece è un professionista centrale nel dare una risposta concreta alla medicina del territorio e contestualmente a preparare una medicina ancora più efficace, quella preventiva . Alcuni politici lungimiranti pensano che proprio nelle Pandemic fatigue si possano trovare le idee per una vera riforma del sistema sanitario.


Ma in questo momento, a gestire la sanità in Sicilia ci sono avvocati, ingegneri, bravi solo a tenere a bada i bilanci ma senza alcuna competenza di gestione del mondo così complesso della sanità di oggi e del futuro.