Riprendiamo sulle pagine di Tp24 il nostro approfondimento sulla requisitoria del pm Gabriele Paci, al processo che si sta svolgendo a Caltanissetta, nei confronti del boss latitante di Cosa Nostra, Matteo Messina Denaro, accusato di essere il mandante delle stragi degli anni '90.
L'attacco allo Stato e l'omicidio Lima - Nella riunione di Castelvetrano, alla fine del '91 si decide la strategia di guerra allo Stato. E’ una deliberazione che ha un raggio molto più ampio e che riguarda la strategia per indurre lo Stato a trattare. La strategia di attacco alle istituzioni che Riina e soci hanno deliberato, si attua non con l’omicidio di Falcone o Martelli a Roma, ma il primo atto ufficiale di questa guerra sanguinosa, che durerà due anni, è l’attentato di Salvo Lima, la mattina del 12 marzo del 1992. Il commando è composto da uomini d’onore palermitani tra cui Giovan Battista Ferrante, oggi collaboratore di giustizia. Salvo Lima, potentissimo uomo politico democristiano, già sindaco di Palermo negli anni che sono passati alla storia come il “sacco di Palermo”, prima ancora di Ciancimino, sottosegretario in diversi Governi nazionali a guida democristiana, uomo di punta della corrente dell’onorevole Andreotti, di cui era luogotenente in Sicilia. All’epoca era europarlamentare e viene freddato a Mondello a colpi di pistola mentre stava andando in ufficio. Colpevole per i mafiosi di non essersi attivato per favorire una conclusione positiva del maxi processo. Il primo obiettivo di quell’attacco allo Stato era Falcone, ma sappiamo come la situazione a Roma non era ottimale, e cade un altro obiettivo primario che era Lima. Ma a differenza di Falcone, va nel girone dei traditori. Aveva garantito gli equilibri per anni, era l’amico che aveva tradito. Con il delitto Lima inizia l’attacco sferrato da Cosa Nostra allo Stato italiano e volto alla destabilizzazione del Paese. (Salvo Lima - Foto)
Gli obiettivi primari da colpire tra magistrati, politici, forze dell'ordine - L’intera Cosa Nostra è in subbuglio. Come hanno ripetuto i diversi collaboratori, il piano strategico prevede alcuni obiettivi primari che sono Giovanni Falcone, Claudio Martelli, Salvo Lima, Paolo Borsellino, Maurizio Costanzo e Ignazio Salvo, ma il numero degli obiettivi cresce a dismisura nel corso del tempo come con la progettazione concreta di una serie di attentati nei confronti dell’onorevole Calogero Mannino, Antonio Di Pietro, Pietro Grasso, Purpura, l’onorevole Andò, Vizzini, Nicolosi e tanti altri. Muore a Porto Empedocle il maresciallo Guazzelli che cadde anche lui nell’ambito di questa strategia e a settembre di quell’anno il dottor Germanà è vittima di un attentato a Mazara del Vallo. A settembre muore Ignazio Salvo, morto a Santa Flavia, ucciso da un commando guidato da Brusca e Bagarella. Insieme a questi c’è la morte di Giovanni Lizzio, capo della Squadra Mobile della Questura di Catania, e ci sono una serie di attentati dinamitardi alla sede della democrazia cristiana. Vengono incendiate le case di diversi amministratori comunali. Tutti questi attentati, ad iniziare da quello della villa di Pippo Baudo, vengono rivendicati dalla “Fantomatica” Falange Armata, così come deciso dalla commissione regionale di Cosa Nostra. (Ignazio Salvo - foto)
Matteo Messina Denaro e le "bombe del dialogo" - La figura di Matteo Messina Denaro si inserisce in tutte queste vicende. Non si limita, infatti, ad andare alla riunione di Castelvetrano o a fare la puntatina a Roma. Ma è puntualmente l’autore, partecipe di questa strategia dall’inizio alla fine, strategia che dura due anni e che inizia con la missione romana, anche se non andrà come programma, e fino all’ultimo attentato al collaboratore Contorno, avvenuto a Formello, vicino Roma e avvenuto nell’aprile del 1994. Qualcuno ha chiamato quelle bombe, le “bombe del dialogo”, che serve a capire quale era la finalità di quella strategia.
Lo Stato rischia l’unità nazionale - In quel momento lo Stato è debole e tra l’altro, in quel periodo, vede la nascita di nuovi movimenti politici che propongono l’idea di separazione della Nazione. L’idea di uno Stato federale composto da singoli stati, è un’idea del senatore Gianfranco Miglio, non è un’idea così, carbonara, ma un’idea che si sviluppa alla luce del sole. Un’idea che si ritrova con la situazione del Paese aggravata da tangentopoli e dalla strategia della tensione di Cosa Nostra.
Cosa Nostra nel 1993 coltiva l’idea separatista - In Sicilia si crea un partito che si chiama “Sicilia Libera". Per la prima volta Cosa Nostra non aveva più i riferimenti politici ma doveva entrare in politica. E' l’idea del 1993 e ancora una volta protagonista è Matteo Messina Denaro anche in questa vicenda “politica” di Cosa Nostra".
Giulio Andreotti - Matteo Messina Denaro parla con Francesco Geraci dopo l’omicidio Lima e commenta così: “Adesso vediamo se lo capisce”. Si riferiva ad Andreotti. Quell’anno ci sono le elezioni politiche e c’è anche l’elezione del presidente della Repubblica e Giulio Andreotti è uno dei candidati a diventare presidente. E’ chiaro il messaggio che Cosa Nostra dà con l’omicidio Lima e quali obiettivi voleva raggiungere. (Giulio Andreotti - foto)
La trattativa - Per la prima volta a parlare di trattativa è Giovanni Brusca. Inizia a collaborare nel 1996, all’epoca non si parla di trattativa, e solo nel 97 dopo le dichiarazioni di Brusca si inizia a parlarne. Più che di trattativa sono diverse le trattative.
"Brusca - afferma il pm Paci - dice che dopo l’omicidio Lima qualcuno si è fatto sotto. Riina confida a Brusca di aver elaborato le richieste che prenderanno il nome del famoso "papello": la revisione dei processi, l’annullamento delle norme sull’aggravamento delle condizioni carcerarie, la modifica delle norme in materia di misure di prevenzione patrimoniale.