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20/05/2020 06:00:00

Bonafede, oggi si discute la sfiducia. I contatti imbarazzanti di Petralia e Palamara

12,35 - E' in corso nell'Aula del Senato la discussione sulle mozioni di sfiducia presentate nei confronti del ministro della Giustizia Alfonso Bonafede. Emma Bonino di +Europa attacca: 'E' il ministro del sospetto, non giova all'Italia'.  Il leader di Italia Viva Matteo Renzi sottoliena: 'E' l'intervento tra i più difficili della mia vita'. Il segretario della lega Matteo Salvini: 'Voteremo anche la mozione Bonino'.  

L'INTERVENTO DEL MINISTRO: La vicenda che riguarda Nino Di Matteo "è stata ormai a dir poco sviscerata in ogni sua parte". E "sono stati ampiamente sgomberati tutti gli pseudo-dubbi". Le parole al Senato il Ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, ribadendo che la scelta del capo del Dap fu discrezionale. Sulla scelta del capo del Dap che portò il ministro della Giustizia a scegliere Francesco Basentini invece di Nino Di Matteo non ci fu "nessun condizionamento. Non sono più disposto a tollerare alcuna allusione o ridicola illazione". "E' totalmente falsa l'immagine di un governo che avrebbe spalancato le porte delle carceri addirittura per i detenuti più pericolosi", ha sottolineato Bonafede. I giudici che hanno scarcerato i detenuti in questi ultimi mesi lo hanno fatto in base a leggi "in vigore da 50 anni e che nessuno aveva mai cambiato".

06,00 - E’ il giorno più lungo per il ministro della Giustizia, il mazarese Alfonso Bonafede.

Oggi si discutono le due mozioni di sfiducia presentate nei confronti del Guardasigilli. Ed è un momento in cui si decidono anche le sorti del governo Conte. E Italia Viva potrebbe essere l’ago della bilancia, per l’incertezza del partito di Matteo Renzi registrata a poche ore dalla discussione al Senato delle mozioni di Lega e + Europa. “Se passa la sfiducia si apre la crisi di governo”, ha detto ieri sera Graziano Delrio, capogruppo del Pd.

La situazione politica.

A Palazzo Madama l’ordine del giorno prevede alle 9.30 la discussione delle due mozioni di sfiducia contro il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede. Una è stata presentata dal centrodestra, l’altra da +Europa, il partito di Emma Bonino. Dopo le discussioni i senatori voteranno, scaglionati in gruppi da cinquanta. Come ha detto ieri Graziano Delrio, capogruppo del Pd alla Camera, «se passa una mozione di sfiducia a Bonafede si apre una vera crisi». Stesso concetto espresso dal reggente del M5s Vito Crimi. Sulla carta la maggioranza ha 151 voti sicuri e l’opposizione 142. Poi ci sono nove incerti, tre del Gruppo misto e sei tra i senatori a vita. Decisivo sarà quindi il voto dei 17 di Italia Viva. Matteo Renzi oggi prenderà la parola in Aula, ascolterà la replica di Bonafede e quindi dirà ai suoi come comportarsi. Ieri Giuseppe Conte ha ricevuto a Palazzo Chigi Maria Elena Boschi, capogruppo di Italia Viva alla Camera. La Boschi si è presentata con un pacchetto di proposte, una lista che detta le condizioni per tenere in vita la maggioranza. «È chiaro che se il partito di Renzi votasse la sfiducia, anche nel caso in cui il Guardasigilli dovesse farcela, si aprirebbe una crisi di governo. Ma l’ex premier in queste ore non sta vestendo i panni del rottamatore» scrive il Corriere della Sera.

 

«In cuor suo Matteo Renzi la decisione l’ha già presa, e oggi nel suo intervento in Senato dirà chiaramente che Iv respingerà assieme al resto della maggioranza le due mozioni di sfiducia presentate dalla Lega e da Più Europa contro il ministro pentastellato della Giustizia Alfonso Bonafede: “Però mi aspetto dal governo risposte chiare in tema di giustizia”. A partire dalla prescrizione, su cui il leader di Iv si aspetta l’istituzione di un tavolo in cui si discuta di come accelerare i tempi dei processi e di come intervenire sulla prescrizione “bloccata” con la riforma Bonafede durante il governo giallo-verde. Durante l’incontro di ieri con Boschi il premier ha anche offerto ai riottosi alleati renziani la possibilità di un “innesto” a Via Arenula: ossia l’ingresso di un esponente di Iv (i nomi sul tavolo sono quelli di Gennaro Migliore e di Lucia Annibali) nella squadra di Bonafede. Non senza irritazioni in casa M5S»  è il retroscena del Sole 24 Ore.


A questo appuntamento Bonafede, però, arriva con un’ulteriore grana, che coinvolge il capo del Dap, il trapanese Dino Petralia, nominato proprio qualche giorno fa a guidare le carceri italiane dopo anni di onorato servizio nella lotta alla mafia.

 

 


Il caso di Matteo e il capo del Dap
Bonafede, mazarese di nascita, toscano d'adozione, è uno degli anelli deboli del Governo Conte. Da quando è in carica ha collezionato magre figure sulle sue competenze giuridiche, mettendo in imbarazzo l'Esecutivo e il Movimento 5 Stelle, di cui fa parte.
Ma nelle ultime settimane è arrivato anche il caos carceri ad infuocare il clima attorno al Guardasigilli. Dalle rivolte nei penitenziari italiani allo scontro con l'ex pm Nino Di Matteo, un icona per i 5 Stelle.
Uno scontro scontro nato nell'ambito della nomina del nuovo capo del Dap, il dipartimento amministrazione penitenziaria, resa necessaria dopo l'addio di Francesco Basentini per le polemiche sulle scarcerazioni di alcuni mafiosi per il rischio Coronavirus.  Un posto, quello di capo del Dap, affidato al magistrato trapanese Dino Petralia, proprio su scelta di Bonafede.
E su Dino Petralia, in questi giorni, sono emersi altri fatti che ruotano attorno al caso Palamara.

Il caso Petralia
Trapanese, è marito di Alessandra Camassa, presidente del Tribunale di Marsala, e padre di Paolo, da poco assessore della giunta Orlando a Palermo. Dino Petralia è stato pm a Trapani, Sciacca, Marsala, Palermo e Reggio Calabria. Dal 2006 al 2010 è stato membro del Csm, con la corrente che oggi è nel gruppo Area insieme a Magistratura democratica.
La nomina di Petralia a capo del Dap è stata vista come garanzia di competenza e di intransigenza nei confronti delle istanze mafiose, alla luce delle tante inchieste antimafia seguite.
In questi giorni però sono stati resi pubblici da alcuni giornali delle intercettazioni che imbarazzano il nuovo capo del Dap, e di conseguenza anche il ministro Bonafede.
I documenti sono quelli contenuti nell’inchiesta per corruzione che coinvolge Luca Palamara, magistrato ex presidente dell’Anm.
Come riporta in un articolo “Il Giornale” sarebbe emerso che “negli scorsi anni anche Petralia aveva chiesto l'aiuto di Palamara per conquistare un posto cui ambiva assai: la Procura di Torino, lasciata libera dal suo capo Armando Spataro nel dicembre 2018”.
Emergerebbe questo da alcuni contatti e messaggi scambiati tra Palamara e Petralia e che sono stati rintracciati dalla procura di Perugia.
Un posto, quello a capo della Procura di Torino, a cui Petralia teneva molto.
Un posto molto ambito in cui erano in lizza 14 magistrati tra cui lo stesso Palamara. Il neo capo del Dap aveva dalla sua parte anzianità e titoli, ma non le correnti delle toghe all'interno del Csm. Petralia lo intuisce e comincia ad inviare messaggi a Palamara.
“I messaggi - scrive Il Giornale - si infittiscono fino all'ultimo sfogo, il 20 maggio 2019, quando Petralia si lamenta che nonostante i suoi «titoli oggettivi che nessun altro possiede» verrà scavalcato «per logiche antiche che pure questo Csm sosteneva di avere abbandonato».

Nove giorni dopo, però, scoppia il finimondo, con l'inchiesta per corruzione a carico di Palamara che esce allo scoperto e investe l'intero Csm, e Petralia si tira fuori dalla corsa.


Gli altri magistrati trapanesi 
Per molto tempo i magistrati di mezza Italia hanno sperato che Palamara avesse cancellato i messaggi dal suo telefono. Così non è stato. Dal telefono di Palamara - racconta sempre Il Giornale - sono saltate fuori anche “le pressioni che lo stesso Petralia aveva fatto l'anno precedente per aiutare un suo amico, Vito Saladino, a diventare presidente di sezione del tribunale di Marsala. Petralia chiede l'intervento di Palamara, che in quel momento è ancora membro del Csm. E il 4 luglio 2018, nell'ultima seduta prima del suo rinnovo, il Csm nomina Saladino”.

Viene fuori anche il nome dell’ex Procuratore di Trapani, Marcello Viola. Come ha raccontato qualche giorno fa “Il Riformista”: “Il risiko degli incarichi riguarda tutt’Italia. Nel disegno di Palamara, Borrelli è destinato a diventare il nuovo procuratore di Perugia, Massimo Forciniti il presidente del Tribunale di Salerno, Marcello Viola il procuratore di Roma, Antonio Chiappani il procuratore di Brescia, Dino Petralia il procuratore di Torino e Leonida Primicerio il procuratore di Salerno. Palamara punta a diventare aggiunto a Roma”.