Siamo pieni di commissioni, tavoli di lavoro, gruppi di studio, in queste convulse settimane. Il Sole 24 Ore ne ha contate più di 50, da quelle nazionali a quelle regionali. Poi ci sono gli esperti, i consulenti ad hoc. Il Sindaco di Trapani, Giacomo Tranchida, non ha resistito e si è fatto l’epidemiologo ad hoc, perché non si fida degli altri, evidentemente, come mia nonna, che credeva poco a Bernacca e molto al suo alluce, quando si parlava del tempo.
E in tutte queste commissioni, purtroppo, mancano alcune figure. Gli architetti, gli urbanisti, ad esempio. Ce ne sono pochi. Siamo pieni di virologi ed economisti per governare l’urgenza, ma non ci sono quelli che ci spiegano il mondo che verrà, anzi, che è già arrivato.
Perché il mondo è cambiato, lo sapevamo. In maniera quasi copernicana. E sono cambiate le nostre città, il nostro modo di rapportarci con gli spazi che viviamo. E' su questo che dovrebbe interrogarsi la politica, non sul metro e sulla mascherina.
Marsala, per esempio. La nostra città è cresciuta in questi ultimi due secoli dando le spalle al mare. Ci siamo sviluppati in maniera disordinata (e oggi ingestibile) verso l’interno, per via dell’economia vitivinicola che è stata per lungo tempo la vera industria locale.
Il coronavirus, e il suo corollario di regole e imprevisti, ci ha fatto riscoprire il lungomare. Centinaia di persone affollano ogni giorno il Boeo, roba che non si era mai vista, impensabile fino a poco tempo fa. Ecco cosa voglio dire quando scrivo che è cambiato il nostro rapporto con la città: per la prima volta per noi esiste il concetto di lungomare, che non c’era mai stato.
Manca però la politica. In questo momento abbiamo bisogno di un’amministrazione che non deve ragionare come un medico condotto, per purghe e prescrizioni, ma deve avere capacità di visione. Il nostro Sindaco ci obbliga a tenere le mascherine sempre, 24 ore su 24. Ma è un provvedimento, il suo, che serve solo ad esacerbare gli animi, a creare nuove tensioni. E’ un paternalismo che le persone respingono. Perché questo è il momento (anche eccitante, come tutti gli inizi) in cui i cittadini vogliono sapere cosa sarà di loro, non quando indossare la mascherina. Come rinascere, non come evitare di morire. (Piccola parentesi: se un’ordinanza di buon senso andava fatta, è contro tutti gli incivili che buttano i guanti monouso per strada. Lì servirebbero norme severe).
Per il resto ci vuole visione. Abbiamo due scelte: o chiuderci, e prendere alla lettera questo distanziamento come un isolamento totale, noi, ridotti a monadi, incapaci ad interagire con altri. O giocare di prima, fare politica. Ci vuole la distanza? La creiamo. Come? L’abbiamo.
Il problema non sono le persone che affollano il lungomare. Sono gli spazi. Chiudiamo alle auto il lungomare, ed ecco che finalmente ci sono gli spazi per tutti. Questo Sindaco ha chiuso il lungomare in tempo di pace, quando non serviva. Adesso che servirebbe perché non lo fa?
L’ex Sindaco Renzo Carini, che più di tutti ha valorizzato il lungomare di Marsala, ha fatto un'altra proposta intelligente: apriamo il parco archeologico. Un’area enorme, nel centro città, dove possiamo passeggiare, tranquilli, senza il rischio dell’assembramento.
Apriamo gli spazi, invece di chiuderli.
Vale anche per le attività produttive. Perché, anzichè ragionare nei soliti termini di sconti sulle imposte, non si ragiona in maniera creativa? Ci sono spazi, come Villa Cavallotti o Villa Genna, che possono ospitare attività di ristorazione, bar, gelaterie, che non avrebbero coperti sufficenti altrove. In poco tempo ci si può organizzare. Come al Baluardo Velasco, abbandonato, o nei giardini sparsi per la città. Anzichè chiudere, vietare, allarghiamo, gli spazi. Abbiamo delle grandi risorse: la colmata, il parco di Salinella. Utilizziamole. E’ questa la politica. E non si fa con le ordinanze. Si fa con il coraggio e la visione.
Non sto parlando di qualcosa di transitorio. Sto parlando di qualcosa di nuovo. Marsala sta ritrovando un rapporto con il mare, lavoriamo su questo fronte: recuperiamo la Riserva dello Stagnone, che non può più essere gestita da un ente che non esiste, creiamo altri parchi giochi nel lungomare, creiamo, finalmente, una pista ciclabile. Le risorse ci sono. Anche qui, bisogna modificare il modo di pensare: finora abbiamo utilizzato le risorse comunitarie cercando di sfruttare al massimo i bandi che c'erano. Giusto, ma fino ad un certo punto. Se l'Unione Europea mi finanzia carote, ma io voglio coltivare patate, non devo ragionare alla "ogni lasciata è persa". Devo avere il coraggio di programmare, e aspettare che arrivino i soldi per le patate, perchè è questo quello che serve.
Tra poco andremo al voto, e l'idea è che, con la scusa dell'emergenza, prevalga ancora una volta una visione ragionieristica e sulla difensiva della città, che mira più a preservare, che a fare crescere. Io non so se questo virus è venuto a insegnarci qualcosa, ma se un messaggio va colto, è questo: noi siamo davvero artefici del nostro destino, ognuno di noi e tutti insieme. E penso sempre alle parole di Danilo Dolci, chissà se pensava a periodi come questi: "Ciascuno cresce solo se sognato". A cominciare dalle città.
Giacomo Di Girolamo