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21/03/2020 07:00:00

Ai tempi del covid-19 tutti giocano la stessa partita ed è fatta di tanti autogoal

 Ai tempi del covid19 tutti giocano la stessa partita ed è fatta di tanti autogoal. “Mascherina? Non ne ho bisogno!”

Nei paesini le notizie rimbombano, ma non tutti le applicano, fanno fatica o vogliono ignorare il problema?Tanti si credono invincibili, o meglio immuni.

Abbiamo sempre letto sui libri di storia dei periodi che hanno segnato la nostra popolazione, la nostra cultura, ma mai qualcosa che ci avesse segnato come persone dirette. Provo ancora ad immaginarmi una peste dell’800 con i social media e allo stesso tempo un covid19 senza quest’ultimi. Cosa sarebbe accaduto di diverso? Quasi diventano parte delle domande esistenziali quelle che ci poniamo ogni giorno da due settimane circa; di certo abbiamo sbagliato, una negligenza da parte di tutta la popolazione mondiale che, nonostante l’esistenza di un mezzo di comunicazione così importante, abbiamo comunque sottovalutato la questione.

Potrei dire una sorta di catena, o meglio ancora una challenge, che spopola tra i canali instagram per passare il tempo. La verità però è questa: abbiamo la possibilità di far conoscere a tutto il mondo ciò che sta accadendo in tempo reale e sembra non ce ne importi nulla. Non che non abbiamo imparato dai nostri errori ma, noi italiani,mettendo in guardia il resto della popolazione mondiale, ci siamo resi conto che tutti hanno reagito allo stesso modo.

È passata poco più di una settimana dalla decisione delle misure di sicurezza in Italia e nel mio paese, Corleone, tutto è ancora confuso. Non siamo né eravamo abituati. Nel ventunesimo secolo non sei preparato a dover stare in casa, a fare le cose manualmente, a trovare cosa fare. Eppure, anche se la mia generazione è cresciuta con i giocattoli in mano, facciamo fatica a levarci gli smartphone dagli occhi. Così passiamo il tempo facendo video, cantando, suonando, facendo dirette o videochiamate con gli amici. Le videochiamate sono le nuove uscite virtuali; ti ritrovi a parlare con gli amici in qualsiasi momento della giornata, fanno ormai parte della famiglia.

Capita che chiamino proprio mentre si sta pranzando e la madre di Pietrino inevitabilmente chiede “che la vuoi un po’ di pasta?”. Se si parla di videochiamate non si può non fare riferimento alle video lezioni; un nuovo approccio all’educazione scolastica, un nuovo modo di imparare e devo dire anche divertente, nonostante per alcuni nativi digitali sembra essere un peso seguirle. Quasi vorrebbero ritornare a scuola, anche se- ammettiamolo- alla chiusura di quest’ultime, tutti hanno urlato entusiasti, come ai mondiali del 2006.

Amiamo e odiamo la tecnologia, o meglio non la sappiamo usare adeguatamente.
A dire il vero, però, la frase “tutto il mondo è paese”(condivisa a pieno),in una sua piccola parte, lascia spazio a chi affronta la quarantena in un modo diverso, dando sfogo alla creatività e chi ha forza di volontà nell’affrontare dei workout giornalieri. Oltre ai modi per occupare il tempo, fortunatamente quando si cresce in un paese è difficile che le tradizioni si dimentichino, ancor di meno se si vive con nonna. Si comincia allora a fare sfincioni, torte, pizze, pane, pasta, come se dovessi recuperare una vita di ricette mai fatte. Un aspetto fondamentale di questa quarantena è, appunto la re-unione familiare; costretti a passare più tempo insieme bisogna trovare il modo per farlo al meglio, e quella costrizione diventa un buon antidoto per sé e per il nucleo in cui vivi.

Come detto sopra, non siamo abituati a tutto ciò e soprattutto non siamo abituati a stare in casa. In particolare noi giovani ci tratteniamo davvero tanto. C’è chi esce di casa perché ne ha bisogno e chi, a malincuore, non capisce le circostanze del problema e si riunisce nelle case di altri amici o condividendo gli stessi spazi chiusi. Forse vivere in un paesino, in un’isola, lontani dai contagiati maggiori fa sembrare il tutto più surreale. Ma questo senso di “ribellione” non arriva solo dai giovani, ma spesso anche dagli anziani, che non vogliono utilizzare le precauzioni(o le interpretano a modo loro) perché non ritengono di averne bisogno. In un certo senso, ci crediamo invincibili, sicuri che da noi non arriverà mai e prenderla come uno scherzo,chi addirittura la smentisce, allevia la paura. La paura però è arrivata, come una scossa potente, quando si è verificato il primo caso di corona-virus giorno undici del mese corrente, contratto da una donna di un paese limitrofo, Giuliana. Nei giorni a seguire il comune ha tenuto conto dei contagi, al fine di informare la comunità e per fortuna non è stato riscontrato caso alcuno.

La vita va avanti, bisogna solo farlo con responsabilità seguendo le istruzioni di governo; non bisogna viverla come qualcosa di imposto, ma come degli atteggiamenti utili per il bene comune. Inoltre, è corretto dire che il web fa anche del bene, ultimamente, infatti, oltre ai regolari aggiornamenti riguardo le misure prese e le somme stanziate per la ricerca, girano gli hashtag di supporto #iorestoacasa , #andràtuttobene al fine di sensibilizzare la popolazione tutta, chi canta nel proprio quartiere per rendere più allegra la quarantena, e i bambini che sventolano dai propri balconi arcobaleni seguiti dalla frase andrà tutto bene. In fin dei conti ha ragione chi ha condiviso “ricordiamoci che ai nostri nonni fu ordinato di andare in guerra, a noi stanno chiedendo di stare sul divano”.

Chi ne sta soffrendo di più certamente sono i bambini, che si sono trovati isolati da un giorno all’altro senza poter giocare con i propri compagnetti o piccoli amici. Sono tristi, ma lo comprendono, come la mia piccola vicina di casa, Martina, che dal balcone parla con la cugina e si mandano disegni attraverso le porte. Guardandole, mia madre pensa al periodo in cui era piccola e si trovava nella stessa situazione che all’inglese chiamava “austerity” , mio padre alla francese lo chiama “pitittu”. Quello non era il periodo della guerra né ne staremo vivendo una , ma bisogna restare uniti metaforicamente.

Questo periodo ci sta servendo per trovare noi stessi, le vecchie buone abitudini, i valori fondamentali e quelli di un tempo. Abbiamo così tanto tempo per noi stessi che potremmo riprendere le nostre passioni; è anche un periodo di riscoperta dei nostri paesaggi, dei legami e del nostro Paese. Ecco, proviamo ad imparare a credere nel nostro Paese non solo nei momenti bui o lucenti, ma ogni giorno. Qualsiasi siano i nostri progetti futuri ricordiamoci dei momenti come questi, momenti non progettati, che buttano in un pozzo il Paese intero, ma che, con le tute protettive, mascherine e guanti, tutti a braccetto riusciamo a risalire.

Maria Cutropia



Cronaca | 2024-09-27 18:00:00
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