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02/03/2020 06:00:00

Scrive l'avvocato Di Maria, su Campobello e Caravā "vicino ai mafiosi"

 Direttore Egregio,

Le chiedo ospitalità per un mio contributo in risposta all’articolo dal titolo; “La proposta dei grillini a Campobello di Mazara: teatro per "Caravà, unico grande sindaco" pubblicato su TP24. Prima di affrontare il merito della questione, mi permetta di chiarire la ragione del mio intervento. Esso scaturisce, per un verso, dalla circostanza che il Consigliere indicato nell’articolo è mio figlio, per altro, di ordine culturale. Auspicherei, posto come dato storicamente acquisito la presenza di un’articolazione di Cosa nostra nella nostra cittadina, un confronto sul più adeguato contrasto all’egemonia culturale nella comunità campobellese di tale consorteria, specie all’approssimarsi di un’importante scadenza elettorale. Ancora un’ulteriore precisazione, io e mio figlio siamo stati conoscenti del Caravà e non amici, non abbiamo sostenuto la lista Democrazia Europea, né abbiamo brindato quando è stato arrestato; dunque, mi sento: “vergin di servo encomio e di codardo oltraggio”.

Ciò premesso, il giornalista attribuisce al Caravà la qualifica di «sindaco vicino ai mafiosi», vicinanza che emergerebbe dalle indagini. Mi sembra di avere inteso che, pur essendo acclarata l’assoluzione, emergerebbe prepotente dal compendio probatorio una vicinanza quanto meno morale con esponenti mafiosi.

Ora, per meglio documentarmi, ho scaricato dalla rivista giuridica alla quale sono abbonato la sentenza n. 24077 della VI Sez. penale della Corte Suprema di Cassazione, pronunciata all’udienza del 06 aprile 2016, riguardante il caso in questione (che mi dichiaro pronto a trasmettervi). Ebbene, dalla lettura della pronuncia si apprende che la «Corte di appello espressamente concorda con il Tribunale nel ritenere i dati acquisiti insufficienti a provare la partecipazione di C. alla associazione, ma li valorizza per dimostrarne la condotta di concorrente esterno (pagg. 92-92)». E segnatamente, sul rilievo che «l’ispezione presso il Comune di Campobello ha rilevato plurime irregolarità alcune delle quali indirettamente a favore di soggetti collegabili alla associazione mafiosa e Caravà, quale sindaco, aveva comunque il compito di vigilare sulla commissione di gara (formata da dirigenti comunali) che le produsse (pagg.109-114)». La Cassazione, d’altra parte, ha ritenuto che «invece, la sentenza della Corte di appello trascura la valutazione dell'elemento psicologico del concorso esterno alla associazione a delinquere di stampo mafioso - costituito dal dolo generico diretto, ma non meramente eventuale, nel senso che il contributo al rafforzamento della associazione, seppure non obiettivo unico o primario della condotta, deve essere stato previsto e perseguito come suo risultato almeno altamente probabile (Sez. 5, n. 15727/12, Dell'Utri ed altri) - e non puntualizza adeguatamente il ruolo (verosimilmente nel settore degli appalti) che Caravà avrebbe svolto, perché neanche menziona almeno un singolo episodio di concreto apporto alla associazione criminale».

Da questa breve sintesi della motivazione appare chiaro che il vaglio delle indagini non rendono il Caravà un associato e neanche concorrente esterno. A meno che le emergenze alle quali si riferisca il Dott. Morici non rimandino ai dati fattuali accertati dalla Polizia Giudiziaria cassati dall’Autorità Giudiziaria. Principio valevole in uno Stato autoritario, ma non in uno di diritto.

Se, diversamente, il riferimento è alla reputazione del Caravà, essa, volendo ricorrere alla doverosa pietas dovuta verso i defunti, era sofferente. Lui stesso nei comizi confessava: «anch’io ho sbagliato», ma «le voci correnti nel pubblico» riferivano di violazioni diverse da una vicinanza a Cosa Nostra. Ma meglio su questo argomento potrebbero riferire gli amici e i sostenitori che lo frequentavano e lo collaborava durante la sindacatura. Per quanto mi riguarda - fedele all’insegnamento paolino che omnia munda mundis (Tito 1, 15) - posso affermare che durante la sua sindacatura egli si espresse pubblicamente contro la mafia, si impegnò per l'effettivo riutilizzo dei beni confiscati, il Comune si costituì parte civile in processi contro associazioni mafiose, organizzò con il rappresentante locale, Prof. A. Moceri, e la Presidente provinciale di Libera, M. Asta, una manifestazione antimafia.

Concludo con una domanda: il dominio mafioso a Campobello di Mazara è soltanto frutto di sottomissione e succubanza? Oppure, è culturalmente accettato da una parte della popolazione?

Avv. Biagio Di Maria

 

***

 Più che conoscenti il Di Maria avvocato e suo figlio erano  sostenitori di Ciro Caravà sindaco, dato che nel 2011 proprio Tommaso Di Maria, oggi consigliere comunale del Movimento 5stelle, era candidato nella lista del Partito Democratico avendo ottenuto circa 100 voti e non risultato eletto.
Lo stesso avvocato Biagio Di Maria ottenne alcuni incarichi dalla giunta guidata dallo stesso sindaco Caravà durante la sua sindacatura. 
Ciò premesso, andiamo ai fatti. 

Abbiamo più volte precisato la differenza tra i fatti e la loro rilevanza penale. E abbiamo sottolineato come l’ex sindaco Caravà, arrestato per mafia nell’operazione Campus Belli del dicembre del 2011, sia stato assolto in primo grado, condannato a nove anni in Appello ed infine assolto definitivamente in Cassazione.

Ma pur in assenza di rilevanza penale, i fatti rimangono.

Per esempio, le intercettazioni della moglie e delle figlie del boss Nunzio Spezia che affermavano che Caravà pagava loro il biglietto per andare a trovare il capomafia nel carcere napoletano di Secondigliano esistono eccome. Ed il fatto che queste intercettazioni non avrebbero avuto “riscontri estrinseci”, non le cancella.

Così come non si cancellano le intercettazioni in cui emergono le scuse dell’ex sindaco per le parole usate nell’inaugurazione di un bene confiscato, quando la moglie di Nunzio spezia dice: “E quello gli ha detto proprio all’autista, che è amico di Baldo… dice ‘io lo so che sono arrabbiati, però ho dovuto farlo, perché…’”.

Anche in questo caso, il fatto che non ci siano ulteriori elementi di prova per concludere che Caravà avesse fatto pervenire le sue scuse alla famiglia Spezia, è una cosa che attiene all’ambito giudiziario, materia per giudici ed avvocati.

Noi raccontiamo i fatti. E ne proponiamo una lettura che ovviamente può non coincidere con quella giudiziaria. 

La redazione 



Native | 2024-07-16 09:00:00
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