Le mazzette per le concessioni edilizie e l'arresto dei consiglieri comunali a Palermo
Terremoto a Palermo. Ci sono stati sette arresti eccellenti, perchè è stato svelato un sistema per ottenere varianti a concessioni edilizie in cambio di mazzette. Coinvolti imprenditori, tecnici e 2 consiglieri comunali.
E'un'operazione che scuote il Comune di Palermo, quella condotta dalla guardia di finanza e dai carabinieri. Un vero e proprio comitato d'affari costituito per la lottizzazione di aree industriali dismesse. A svelarne le dinamiche anche le dichiarazioni del boss pentito di Belmonte Mezzagno Filippo Bisconti. Sette gli arrestati tra i quali i capigruppo del Pd e di Italia Viva.
L’ipotesi di reato è corruzione: avrebbero messo a disposizione i propri uffici di amministratori per pratiche su progetti edilizi che consentissero guadagni illeciti e assunzioni di amici e parenti. Ieri a Palermo arresti domiciliari per sette persone. Tra loro il capogruppo Pd Giovanni Lo Cascio, e quello di Italia viva Sandro Terrani. Il prefetto ha sospeso i due consiglieri. Congelata anche la nomina dell’ex vicesindaco Arcuri: non è indagato ma avrebbe una lunga familiarità con alcuni degli arrestati. Si accingeva a tornare in giunta. Il sindaco Orlando ha fatto un fulmineo passo indietro: ora la nomina di Arcuri diventa «inopportuna», anche se «noi abbiamo presentato il piano regolatore proprio per mettere ordine e dare regole al settore». L’inchiesta nasce dalla denuncia di un funzionario comunale e dalle rivelazioni di un pentitodi mafia, il costruttore Filippo Bisconti, boss di Belmonte Mezzagno.
Il commissario siciliano del Pd Losacco ha sospeso e poi espulso il consigliere dem. Ma la vicenda si abbatte sul partito siciliano, da anni in travaglio, e che si prepara all’elezione del segretario regionale con primarie riservate solo agli iscritti (la sfida è fra il franceschiniano Barbagallo e l’outsider Ferrante) e dei segretari provinciali.
Un «comitato d’affari composto da imprenditori e professionisti in grado di incidere sulle scelte gestionali di pubblici dirigenti e amministratori locali, i quali avrebbero asservito la pubblica funzione agli interessi privati, in modo da consentire di lucrare indebiti e cospicui vantaggi economici nel settore dell’edilizia privata». Così gli inquirenti descrivono quanto emerso dall’indagine Giano Bifronte, sfociata negli arresti domiciliari per due consiglieri comunali di Palermo, due funzionari dello stesso Comune, un architetto e due imprenditori. L'obiettivo del "comitato d'affari" era la lottizzazione di aree industriali dismesse del Comune di Palermo: vaste superfici in via Maltese, via Messina Marine e via San Lorenzo in cui costruire e gettare nuovo cemento.
Una indagine che in un sol giorno riporta il capoluogo siciliano agli anni forse più bui della sua storia, gli anni del cosiddetto "sacco di Palermo", il boom edilizio avvenuto tra gli anni cinquanta e sessanta grazie agli accordi tra mafia e politica che stravolse la fisionomia architettonica della città.
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