Aveva addosso il suo passaporto e quello delle due figlie piccole una delle cinque donne morte nel naufragio della imbarcazione in legno davanti alle coste di Lampedusa, in Sicilia. Le due bambine sono salve e si trovano all'hotspot dell'isola, salvate dall'intervento della Guardia costiera. Gli inquirenti, grazie al Dna e alle fotografie scattate dalla Polizia scientifica stanno adesso cercando di arrivare alla identificazione delle cinque vittime.
Erano in tanti su quella barca: ai poliziotti della squadra mobile di Agrigento, i migranti hanno detto che sul barcone di dieci metri, naufragato sabato scorso a un miglio dalla costa di Lampedusa, erano in 170, partiti dalla Libia. I dispersi, dunque, sono 16. Domenica erano stati recuperati cinque cadaveri, tutti di donne.
Questo il video del salvataggio delle oltre 150 persone da parte della Guardia Costiera, tra cui diversi bambini.
CONTE A LAMPEDUSA. "Il premier Conte a Lampedusa? E' ben accetto. Non può che fare piacere sapere che il Presidente del Consiglio venga sull'isola, anche per noi che facciamo sanità qui. E' un segno di attenzione importante". Lo ha detto all'Adnkronos Francesco Cascio, il responsabile medico di Lampedusa che si trova sull'isola. "Sicuramente è una cosa buona che venga a Lampedusa - dice ancora commentando l'annuncio fatto dal premier ad Adnkronos Live -è un segnale di grande attenzione nei confronti dell’isola e dei lampedusani. Ovviamente qui si troverà a d affrontare una serie di problemi". E ricorda che sabato, dopo il naufragio del barcone con oltre 170 persone a bordo, "siamo andati in tilt". "Abbiamo abbiamo dovuto fronteggiare una situazione difficile - dice Cascio, che ha preso il posto di Pietro Bartolo, oggi eurodeputato - i naufraghi erano tutti bagnati perché erano caduti in acqua, la situazione era davvero molto difficile".
LE ACCUSE ALL'EUROPA. Lo scorso mese di giugno è stato presentato alla Corte penale internazionale (Cpi) un esposto che accusa l’Unione europea e gli Stati membri di «crimini contro l’umanità» per le politiche migratorie che hanno causato migliaia di morti in mare e respingimenti in Libia. La responsabilità europea nelle morti è dimostrata in un documento di 242 pagine che analizza ogni scelta, decisione, dichiarazione pubblica dei funzionari e dei politici dei Paesi membri e delle istituzioni comunitarie. Al cuore della denuncia, che prende in esame il periodo dal 2014 ad oggi, la consapevolezza delle autorità italiane e europee nella creazione di quella che è la «rotta migratoria più mortale del mondo» e delle conseguenze letali dei respingimenti sistematici dei migranti in Libia. I reati ipotizzati riguardano l’«omissione di soccorso» – l’Ue non avrebbe intenzionalmente salvato i migranti in difficoltà in mare per scoraggiare gli altri, nella consapevolezza del crescente numero di morti a seguito del passaggio dall’operazione «Mare nostrum» a «Triton» (2014-2016): quasi 20.000 morti; e «crimini per procura» – dopo che le navi delle Ong sono intervenute salvando i migranti e sbarcandoli in Europa, l’Ue ha delegato alla sedicente Guardia costiera libica l’intercettazione e il refoulement dei migranti nei campi libici, commettendo – secondo gli autori dell’esposto – crimini contro l’umanità di persecuzione, deportazione, detenzione, schiavitù, stupro, tortura e altri atti inumani (2016-2019): 50.000 i civili respinti in Libia. In particolare, vengono chiamati in causa i Paesi che hanno svolto un ruolo cruciale nella definizione della politica europea sulla migrazione, cioè Italia, Germania e Francia. Tra i nomi che compaiono negli atti d’accusa ci sono quelli dei primi ministri Matteo Renzi, Paolo Gentiloni, Emmanuel Macron e Angela Merkel. Ma anche quelli degli ex ministri dell’Interno Marco Minniti e Matteo Salvini. Ora l’ufficio della procura dell’Aia dovrà decidere se acquisire la denuncia, un primo passo che potrebbe portare all’apertura di una inchiesta.