16,00 - "A me non piaceva come operava quando io ero segretario dei Radicali Italiani e lui era iscritto al movimento. Poi i rapporti si sono interrotti quando lui è entrato nel comitato nazionale dei Radicali Italiani ed io nel Partito Radicale". Lo afferma all'Adnkronos Rita Bernardini, membro del Consiglio Generale del Partito Radicale in merito all'arresto di Antonello Nicosia, assistente della parlamentare Pina Occhionero di Italia Viva estranea all'inchiesta, insieme ad altre quattro persone, con l'accusa di avere veicolato messaggi fuori dalle carceri.
"Mi sembrava più un esaltato - aggiunge Bernardini - non mi piaceva e avevamo avuto delle divergenze proprio su come devono essere effettuate le visite in carcere".
"Non operava anome e per conto del partito Radicale. Poi se facesse riferimento adaltri 'Radicali', non lo so. Noi non lo conosciamo". Cosi' MaurizioTurco, segretario del partito Radicale, interpellato dalla Dire aproposito di Antonello Nicosia, l'assistente parlamentare della deputatadi Italia Viva Giuseppina Occhionero, accusato di essere intermediariodal carcere per conto di Matteo Messina Denaro. "Anche se fosse iscrittoal partito, questo non conta nulla, perche' al partito puo' iscriversichiunque. Quel che e' certo e' che quello di cui e' accusato non lo hafatto a nome del partito. Non conosciamo neanche questo Osservatoriodiritti umani che dice di presiedere", aggiunge Turco.
10,50 - Antonello Nicosia, 48 anni, esponente dei Radicali italiani, è stato arrestato con l’accusa di avere fatto da tramite tra i boss in carcere e i clan. Per anni è stato impegnato in battaglie per i diritti dei carcerati.
Ma secondo l'accusa avrebbe portato all'esterno messaggi e ordini. Mentre era in auto con un esponente nazionale dei Radicali, nei pressi dello scalo “Falcone e Borsellino", Nicosia diceva: "All'aeroporto bisogna cambiare il nome. Ma perché dobbiamo spiegare chi sono, perché dobbiamo sempre mescolare la stessa merda?". Per Nicosia, poi, Falcone era vittima di un "incidente sul lavoro".
E ancora: "Quello là non era manco magistrato. Aveva già un incarico politico".
07,45 - Militari della Guardia di Finanza di Palermo e Sciacca e Carabinieri del R.O.S. e del Comando Provinciale di Agrigento, alle prime ore dell’alba, hanno dato esecuzione ad un provvedimento di fermo emesso dalla Procura della Repubblica di Palermo – Direzione Distrettuale Antimafia nei confronti di nr. 5 soggetti, ritenuti appartenenti o comunque contigui alla famiglia mafiosa di Sciacca (AG).
Sono altresì in corso decine di perquisizioni su tutto il territorio di Sciacca, che vedono impiegati oltre 100 finanzieri e Carabinieri, supportati da mezzi aerei e unità cinofile, che riguardano abitazioni, uffici, aziende e negozi nella disponibilità degli indagati.
Le complesse indagini hanno evidenziato come i cinque fermati, seppur in un momento di assoluta difficoltà della cosca saccense, abbiano continuato a reiterare le forme sistematiche di controllo del territorio tipiche del fenomeno mafioso.
In particolare è emersa la figura carismatica di Accursio DIMINO, detto "Matiseddu", già condannato per associazione mafiosa - da ultimo nel 2010 - per il suo ruolo espresso in Cosa Nostra, per la quale, nel tempo, è stato "reclutatore di nuovi adepti", assoluto interprete nell’acquisizione di attività economiche ed appalti di opere pubbliche nel settore edile e turistico-alberghiero, per assumere, nel primo decennio degli anni 2000, il ruolo di capo della famiglia mafiosa di Sciacca.
DIMINO, negli anni ’90, per conto della famiglia di Sciacca ha avuto un ruolo centrale nello sviluppo di dinamiche associative ultra-provinciali, mantenendo contatti e veicolando “pizzini” con i corleonesi, in particolare con Riina Salvatore e Brusca Giovanni.
In quegli anni, le attività investigative avevano, inoltre, accertato i contatti con il latitante mafioso Matteo MESSINA DENARO.
A partire dalla sua scarcerazione, sono stati documentati i rapporti intrattenuti da DIMINO con soggetti mafiosi operanti nel territorio di Sciacca, di Castellammare del Golfo (TP) e con taluni personaggi ritenuti contigui alla famiglia mafiosa Gambino di New York.
Con riferimento a quest’ultima articolazione di Cosa Nostra, DIMINO si è in particolare relazionato con un soggetto con cui aveva pianificato un’attività criminale che successivamente non è stata portata a compimento a causa dell’improvviso omicidio – avvenuto a New York lo scorso 13 marzo – di Frank Calì (alias FrankieBoy), esponente di spicco della citata famiglia mafiosa italo-americana, evento questo immediatamente comunicato in Sicilia dagli Stati Uniti.
Fra i fatti contestati a DIMINO nel provvedimento emesso dalla Direzione Distrettuale Antimafia della Procura di Palermo vi sono le pressioni su imprenditori locali per consentire a imprese riconducibili a propri sodali di ottenere appalti, l’attività di recupero crediti a beneficio di soggetti legati a uomini d’onore, propositi di danneggiamenti e altre attività criminali nei confronti di diversi soggetti per finalità estorsive.
Alcuni colloqui captati nel corso delle indagini svelerebbero inoltre come il DIMINO abbia rappresentato, in passato, l’ala più dura della famiglia di appartenenza, facendo parte del c.d. “triumvirato”, lo storico gruppo di fuoco operante negli anni ‘90 Sciacca.
06,45 - Militari della guardia di finanza di Palermo e Sciacca e carabinieri del Ros e del comando provinciale di Agrigento, alle prime ore dell’alba, hanno dato esecuzione ad un provvedimento di fermo emesso dalla procura di Palermo – Dda nei confronti di 5 soggetti, ritenuti appartenenti o comunque contigui alla famiglia mafiosa di Sciacca.
L’operazione Passepartout ha dato un colpo ai capi e ai fiancheggiatori anche insospettabili della famiglia mafiosa dell’agrigentino.
Sono altresì in corso decine di perquisizioni su tutto il territorio di Sciacca, che vedono impiegati oltre 100 finanzieri e carabinieri, supportati da mezzi aerei e unità cinofile, che riguardano abitazioni, uffici, aziende e negozi nella disponibilità degli indagati.
Tra gli arrestati dell’operazione un collaboratore parlamentare, paladino dei diritti dei detenuti: Antonello Nicosia, 48 anni, originario di Sciacca (Agrigento).
Nicosia aveva accompagnato la deputata Pina Occhionero (ex “Liberi e Uguali” di recente passata a “Italia viva”) in alcune ispezioni nelle carceri siciliane: durante quelle visite i boss avrebbero affidato all’assistente della parlamentare dei messaggi da recapitare all’esterno.
La deputata non risulta indagata, il collaboratore avrebbe agito a sua insaputa.
Nicosia conduceva un programma in Tv, “Mezz’ora d’aria”, era il direttore dell’Osservatorio internazionale dei diritti umani onlus e componente del Comitato nazionale dei Radicali italiani, di recente era stato a Firenze fra il pubblico della Leopolda, la kermesse renziana.
Ma, intanto, intratteneva rapporti con mafiosi di rango. Uno soprattutto, il capomafia di Sciacca, Accursio Dimino, 61 anni, imprenditore ittico ed ex professore di educazione fisica, da sempre legatissimo al superlatitante Messina Denaro: anche lui è stato arrestato nel blitz di questa notte.
Dalle intercettazioni sarebbe emerso che Nicosia sia andato a trovare in carcere un detenuto del clan di Castelvetrano.
Nel corso del faccia faccia carcerario, dietro il paravento del suo ruolo di assistente parlamentare che gli ha garantito riservatezza, Nicosia avrebbe minacciato l'uomo. Doveva tenere la bocca chiusa. Qualcuno temeva forse si pentisse. Il fermo è stato eseguito nella notte. Bisognava bloccare gli indagati con urgenza. Nel corso delle indagini sarebbe emerso il loro obiettivo di trasferirsi all'estero. In particolare negli Stati Uniti, dove ad attenderli c'erano i boss della potente famiglia mafiosa dei Gambino.