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03/11/2019 06:00:00

Chi manovra gli odiatori?

Ma chi sono in fin dei conti questi famigerati haters, gli odiatori indefessi, i bellicosi “leoni da tastiera” che ammorbano l'atmosfera dei social con i miasmi putridi dei loro insulti e delle loro minacce? La risposta è semplice e disarmante: sono in massima parte dei poveri diavoli, persone che singolarmente prese, e affrontate dal vero, a viso aperto, si rivelano fragili al punto da suscitare pietà. Lo si è visto con straordinaria chiarezza qualche sera fa nel programma televisivo “Piazza pulita”, quando un giornalista è riuscito a scovare e a intervistare alcuni responsabili delle peggiori violenze verbali che da tempo colpiscono la senatrice Liliana Segre. Uomini di una certa età, timidi e balbettanti come bambinetti beccati a commettere delle vergognose marachelle. Mormoravano stupidaggini. Non sapevano che dire. Non erano in grado di giustificare il loro feroce accanimento contro una donna colpevole solo di essere un'ebrea sfuggita per miracolo alla morte nel campo di Auschwitz.

Eppure occorre andare più a fondo nell'analisi di questa realtà, perché la posta in gioco è più alta e grave di quanto ci s'immagini. Ne va di mezzo addirittura il destino della nostra democrazia. Leon Poliakov dedicò alcune pagine del suo saggio Il nazismo e lo sterminio degli ebrei alla descrizione dei tipi di individui che operarono più attivamente nei lager della morte. Terribili criminali assetati di sangue? Sì, certo, questa era la loro maschera. Ma, appunto, solo una maschera che nascondeva delle realtà umane ben più misere e squallide: individui deboli e frustrati, sottoproletari disperati e piccolo borghesi falliti, che l'esaltazione fanatica della fede nazista aveva magicamente trasformato in eroi spietati della razza ariana. Del resto, lo stesso Adolf Eichmann che ispirò a Hannah Arendt il famoso concetto di “banalità del male”, che altro fu se non un miserabile omuncolo, un grigio burocrate del Male?

Ed è su questo che ci si deve interrogare. Gli odierni odiatori che avvelenano il mondo dei social presentano di sicuro delle notevoli affinità con il popolo dei “finti eroi” descritto da Poliakov. Come loro sono socialmente e culturalmente fragili. Come loro sono essenzialmente individui che odiano se stessi, e per negare la propria miseria e nullità sono sempre in cerca di qualcuno e qualcosa su cui riversare l'astio che li divora. E dunque sono naturalmente i più esposti alla propaganda dell'odio, della paura, dei complottismi e delle false notizie che imperversano nella rete. Sono la massa d'urto di un sentimento diffuso che  rischia di minare alle fondamenta il sistema delle nostre libertà e della nostra civile convivenza.

Ma attenzione: di questo sbandamento pauroso non sono loro i veri responsabili. Loro sono appunto la truppa d'assalto, gli esecutori degli ordini. I veri responsabili – come sempre – sono quelli che fomentano dall'alto l'odio e la paura. Complottismi e false notizie sono le loro armi più potenti e letali. Storia insegna, del resto. Perché se si esamina storicamente, per esempio, l'assurda e folle teoria del “piano Kalergi” e della cosiddetta “sostituzione etnica”, oggi sbandierata come una sacrosanta verità dai capi dell'estrema destra (Salvini e Meloni, tanto per non fare nomi, hanno agitato questo spauracchio nelle piazze), si scopre facilmente come essa stesse già a fondamento delle idee paranoiche di Adolf Hitler. Victor Klemperer nel suo saggio LTI La lingua del Terzo Reich nota che Hitler era ossessionato dall'idea (puramente fantastica) che gli ebrei avessero portato “i negri sul Reno per danneggiare la razza bianca dominante attraverso un imbastardimento forzato”. E aggiungiamo qui che Hitler odiava Kalergi più o meno come oggi, per esempio, Orban odia Soros...

Sono queste le idee folli che attizzano l'incendio dell'odio razzista e xenofobo, e trasformano un popolo di frustrati in una massa d'urto estremamente pericolosa. Solo la storia, la cultura, la corretta informazione e l'uso pacato della razionalità possono salvarci da questa deriva che ha il sapore amaro di un passato non troppo lontano.

Selinos