In seguito alle continue ingiustizie e alle perenni problematiche dell'ERSU di Palermo, negli ultimi giorni è stato creato il CSMS (Comitato Spontaneo di Mobilitazione Studentesca): un gruppo di ragazzi che ha deciso di alzare la testa e lottare per i propri diritti.
Di seguito il loro comunicato:
"Siamo studenti dell’Università degli Studi di Palermo; molti di noi sono fuorisede richiedenti posto letto e idonei ad ottenerlo (dunque aventi il requisito economico per la concessione dei benefici: ISEE inferiore a 23.508.78 euro).
Il lettore avvezzo a prestare attenzione al contenuto delle parentesi potrebbe pensare che i 23.508,78 euro di soglia di idoneità siano accettabili e che dovremmo gioire d’essere in un paese dove il welfare esiste ed esistono linee ufficiali che identificano chi ha bisogno di essere aiutato. Ci piacerebbe davvero tanto poter rispondere a questo lettore che sì, ha ragione: in effetti, sembrerebbe che non abbiamo motivo di lamentarci e di gridare all’emergenza. Tuttavia le cose stanno diversamente.
Il 17 Ottobre scorso sono uscite le graduatorie pubblicate dall’Ente Regionale per il Diritto allo Studio di Palermo degli studenti di primo anno (triennale, magistrale e magistrale a ciclo unico) aventi diritto ai benefici per A.A 2019/2020. I richiedenti risultati idonei sono 1343, mentre gli assegnatari – ossia quelli che ottengono materialmente un tetto sopra la testa – sono 232, il 17% del totale. Il primo Idoneo non assegnatario, il numero 233, ha un ISEE di 2.870,69 euro.
Il numero 233 – che per ragioni di riservatezza non nominiamo – ha una storia e vive difficoltà reali, come centinaia di altri idonei con redditi bassissimi. Questo vuol dire, nei fatti, che all’83% degli idonei di primo anno non verrà garantito dall’ERSU un tetto sopra la testa e pertanto essi saranno costretti ad affrontare i primi mesi di lezione in condizioni disumane – sempre che ci riescano. In pratica, le Istituzioni hanno deciso di risponder loro, indirettamente, così: “Riconosciamo che hai difficoltà a pagarti una stanza e sappiamo che sul piano teorico andresti aiutato, ma malgrado ciò devi arrangiarti da solo, seguire i corsi da casa (rinunciando a lezioni ed esperienze) o abbandonare gli studi”.
Un paese che non sostiene i deboli, privandoli del diritto allo studio e alla partecipazione attiva alla vita universitaria, è un paese senza futuro.
Un paese che non ha attenzione per queste persone, costrette alla povertà e alla marginalità dai comuni di provenienza, senza possibilità di emancipazione, è un paese che attenta alla propria sorte.
Violare il diritto allo studio vuol dire minare l'uguaglianza sostanziale tra i cittadini.
Le disparità tra Atenei – ossia il fatto che in alcune città siano coperti il 100% degli idonei mentre in altre, come la nostra, si arriva a fatica al 20% – è una grave discriminazione territoriale. Nessuno di noi ha deciso se nascere a Palermo o a Verona. E nessuno di noi deve essere costretto ad abbandonare la propria terra.
Un paese che non investe in istruzione e in diritto allo studio è un paese che decide di morire. Ci sembra che la politica non abbia studiato a fondo la situazione del mondo universitario, nonostante i segnali di allarme persistano da tanti anni. Nessun provvedimento serio è stato mai preso; anzi, abbiamo collezionato solo tagli. A titolo d’esempio, il servizio “mensa” era, fino a pochi anni fa, garantito agli studenti idonei per tutta la durata dell’anno solare. Da quest’anno, dopo una progressiva riduzione avvenuta anno dopo anno, ci ritroviamo ad avere 360 pasti: sufficienti solo per 180 giorni, cioè sei mesi.
Un famoso proverbio cinese recita: “Studiare senza riflettere è inutile, riflettere senza studiare è pericoloso”. Oltre a raccontarci molto delle dinamiche politiche attuali – a proposito del pericoloso incontro tra ricerca del consenso elettorale e legittimazione dell’ignoranza – questa massima ispira riflessioni anche sul modus cogitandi dei policy maker nostrani. Certo, non è facile giudicare chi non si conosce – e difatti noi non conosciamo personalmente i nostri rappresentanti politici così come loro non conoscono (o ignorano) noi e le nostre istanze; possiamo solo farci un’idea sul loro modo di ragionare, e di operare, basandoci sulle loro dichiarazioni (o silenzi) e sulle loro azioni concrete.
Ad oggi ci vengono in mente solo due ipotesi:
1) Pensiamo che la politica non consideri il diritto allo studio un diritto fondamentale – e questo sarebbe grave.
2) Pensiamo che le Istituzioni non abbiano studiato a fondo gli effetti del mix letale tra aumento dei tassi di povertà e tagli ai fondi per il diritto allo studio – e questo sarebbe pericoloso.
Il Comitato Spontaneo di Mobilitazione Studentesca dichiara l’apertura dello stato di mobilitazione tramite la campagna #idoneiallostudio.
Riprendiamoci i nostri diritti!"