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20/10/2019 06:00:00

La terra desolata

Confesso che gli avvenimenti della settimana appena trascorsa mi hanno gettato in uno sconforto profondo. Non voglio dire in depressione o in disperazione, perché questi termini evocano una strada da evitare come la peste. Ma nello sconforto sì. E ieri sera, rivedendo come in un film alcuni di quegli avvenimenti, per fatale associazione di idee ho ripensato al tema letterario della “terra desolata”: quella landa di tenebre, di vergogne e di orrori che gli antichi cavalieri erano costretti ad attraversare per inseguire il sogno luminoso del Graal. (Thomas Stearns Eliot s'ispirò a quel motivo dedicandogli il titolo e la sostanza della sua opera più famosa, The Waste Land, del 1922: un profetico poemetto che oggi non si può non rileggere con molti brividi di inquietudine). E vorrei consolarmi un po' rammentando, appunto, che a nessun Graal si giunge in questa vita se non per via di aspri sentieri. Ma le asprezze di questi giorni sono talmente penose che mi hanno tolto ogni voglia di sorridere. Perciò perdonatemi, se dalla lieve ironia che amo passerò oggi ai toni tristi di una geremiade importuna.

 

Rivedo le immagini nebbiose di quei poveri corpi sepolti in fondo al mare di Lampedusa. Braccia protese verso un cielo che non c'è più. Corpi deformi di esseri umani, di nostri fratelli, di figlie e figli di Dio trascinati nell'abisso dalla “dura cervice”, dalla caparbia insipienza di un'umanità che – come Eliot ammoniva già un secolo fa – sembra avere smarrito per sempre i valori della semplicità, della concordia e del perdono. Pecore matte, greggi impazzite e pronte, oggi come allora, a credere ciecamente nelle fandonie dei demagoghi e dei venditori di fumo, fino a lanciarsi nel gorgo e a perire inseguendo sogni di sicurezza e di ricchezza che in baleno si mutano in incubi spietati.

 

Rivedo le giovani combattenti curde invocare vanamente giustizia contro l'infamia dei traditori americani ed europei che hanno abbandonato il loro popolo, dopo averlo usato come carne da macello per annientare la furia massacratrice dei terroristi dell'Isis. E il volto dolce e severo di Hevrin Halaf, che a mani nude lottava per i diritti delle sue compagne e della sua gente, ferocemente assassinata a colpi di pietra e, pare, anche stuprata dai criminali delle bande gihadiste siriane assoldate da Erdogan per la sua lurida guerra di dominio e di vendetta.

 

Rivedo la rabbia disperata degli operai della Whirlpool di Napoli, che tra pochi giorni resteranno in mezzo a una strada, privati in un solo colpo del loro lavoro e della loro dignità. Centinaia di famiglie lanciate nel vuoto, nella totale miseria, dalla furia di un capitalismo senza regole, dal disegno ottuso e criminale di una multinazionale che dalla sua sede negli Stati Uniti ha deciso di accrescere i suoi profitti trasferendo la fabbrica di Napoli in un Paese dove la produzione costa un po' meno che nel nostro.

 

Rivedo le scene avvilenti della nostra politica nazionale. La faccia ridente del giovane capo di quel Movimento 5 Stelle che fino a poco tempo fa scatenava fuoco e fiamme per qualche scontrino irregolare dei suoi deputati, e prometteva roghi e galere per tutti i corrotti e gli evasori di questo mondo, e ora invece si scandalizza all'idea di combattere l'evasione fiscale incentivando l'uso delle carte elettroniche e abbassando a mille euro il limite del contante nei pagamenti. Grandi ideali e roboanti proclami gettati spudoratamente nel cesso per la tremenda paura di perdere i voti del popolo dei “piccoli” evasori (che piccoli affatto non sono, essendo la somma delle loro evasioni pari a decine e decine di miliardi di euro!).

 

Rivedo il faccione incartapecorito e macabro di Silvio Berlusconi, parodia oscena di se stesso, risorto a nuova vita come figurante di terza fila del teatro salviniano, sciorinare nuovamente a raffica le sue barzellette stupide e volgari.

 

E rivedo i volti dei quattro giovanissimi falciati qui in Sicilia nell'ennesima strage stradale del sabato notte. Susanna Tamaro ha scritto che questi morti sono il frutto di una visione della festa non come gioia semplice e serena, ma come divertimento e sballo estremo, da consumarsi anche a costo, appunto, della stessa vita, per ricolmare il vuoto di esistenze sradicate e smarrite. E siamo dunque, di nuovo, alla terra desolata dei cavalieri del Graal. E ai versi di Eliot che la descrivono con orrore: “Che radici premono, quali rami crescono/ da questi resti di pietra? Figlio dell'uomo,/ tu, non puoi dire o pensare, perché tu sai solo/ di un mucchio di immagini rotte, dove batte il sole,/ dove l'albero morto non ripara, il grillo non conforta,/ e la pietra riarsa non dà suono d'acqua.”

 

Selinos