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03/10/2019 06:36:00

I veleni dell'antimafia: l'attentato ad Antoci forse è stata una simulazione

 "L'ipotesi più plausibile è quella della simulazione". Lo dice il presidente dell'Antimafia siciliana, Claudio Fava, conversando con i cronisti dopo l'approvazione, all'unanimità, in commissione della relazione sul fallito attentato all'ex presidente del Parco Nebrodi nella notte tra il 17 e il 18 maggio del 2016.

Tre ipotesi formulate per l'attentato a Giuseppe Antoci, e che rimangono tutte in piedi: la simulazione, l'attentato mafioso e un atto puramente dimostrativo.

L'Antimafia regionale "più che esprimere conclusioni certe e definitive" dà atto "delle molte domande rimaste senza risposta, delle contraddizioni emerse e non risolte, delle testimonianze divergenti, delle criticità investigative registrate". L'auspicio è che "su questa vicenda si torni ad indagare (con mezzi certamente ben diversi da quelli di cui dispone questa Commissione) per un debito di verità che va onorato. Qualunque sia la verità".

Antoci si dice "basito" dalle conclusioni della commissione: "Rimango basito di come una commissione, che solo dopo tre anni si occupa di quanto mi è accaduto, possa arrivare a sminuire il lavoro certosino e meticoloso che per ben due anni la Dda di Messina e le forze dell'ordine hanno portato avanti senza sosta, ricostruendo gli accadimenti con tecniche avanzatissime della polizia scientifica di Roma e che oggi rappresentano per l'Italia un fiore all'occhiello".

Ecco i passi principali della conclusione della commissione guidata da Claudio Fava all'Ars. "È impensabile che di un attentato di siffatta gravità nulla sapessero (stando ai risultati delle intercettazioni ambientali e al lavoro di intelligence investigativa) la criminalità locale né le famiglie di Cosa Nostra interessate al territorio nebroideo (Barcellona Pozzo di Gotto, Tortorici, Catania).È insolito infine che sull’intera ricostruzione dei fatti permangano versioni dei diretti protagonisti divergenti su più punti dirimenti: gli aggressori erano due o più di due? Sono stati visti mentre facevano fuoco o no? Sono stati visti fuggire nel bosco o no? Sono stati esplosi altri colpi dopo che il presidente Antoci era stato messo in salvo?
Difficilmente si sarebbe potuti arrivare ad esiti investigativi diversi dall’archiviazione d’un fatto tuttora attribuito ad ignoti, ma certamente indagini più estese e soprattutto più coinvolgenti rispetto ad altri apparati di forze dell’ordine avrebbero potuto contribuire a fornire alcune risposte che mancano. Su altri punti, tutti dirimenti, la non plausibilità dei comportamenti resta invece senza spiegazioni. A giudizio di questa Commissione restano attuali le tre ipotesi formulate in premessa: un attentato mafioso fallito, un atto puramente dimostrativo, una simulazione. Ipotesi, tutte, che vedono il dottor Antoci vittima (bersaglio della mafia nelle prime due; strumento inconsapevole di una messa in scena nella terza). Alla luce del lavoro svolto da questa Commissione corre l’obbligo di evidenziare che, delle tre ipotesi formulate, il fallito attentato mafioso con intenzioni stragiste appare la meno plausibile. L’auspicio è che su questa vicenda si torni ad indagare (con mezzi certamente ben diversi da quelli di cui dispone questa Commissione) per un debito di verità che va onorato. Qualunque sia la verità".


Antoci la sera el 17 maggio 2016 stava andando a casa a Santo Stefano di Camastra (Messina), dopo un incontro a Cesarò, quando la sua auto blindata con scora venne bloccata lungo la strada da alcuni massi e vennero sparati alcuni colpi di lupara contro la vettura da persone che poi riuscirono a scappare. Durante la sparatoria è sopraggiunto il commissraio Daniele Manganaro, con una auto di servizio, che ha iniziato a sparare dei colpi di pistola mettendo in fuga i malviventi. La procura di Messina ha archiviato le indagini avviate in un primo momento senza arrivare a individuare alcun responsabile. Ma dalla relazione della commissione emerge uno scontro interno agli inquirenti, con il dirigente della polizia Mario Ceraolo che ha smentito la ricostruzione di Manganaro.

Scrive la commissione, che ha ascoltato entrambi i poliziotti, Antoci pm e altri addetti ai lavori, nelle conclusioni della relazione: "Sull’attentato del 18 maggio 2016, il lavoro di questa Commissione, più che esprimere conclusioni certe e definitive, si trova costretto a dar atto delle molte domande rimaste senza risposta, delle contraddizioni emerse e non risolte, delle testimonianze divergenti, delle criticità investigative registrate che qui proviamo sommariamente a riepilogare.
Non è plausibile che quasi tutte le procedure operative per l’equipaggio di una scorta di terzo livello, qual era quella di Antoci, siano state violate (l’auto blindata abbandonata, la personalità scortata esposta al rischio del fuoco nemico, la fuga su un’auto non blindata, l’aver lasciato due agenti sul posto esposti ad una reazione degli aggressori…). Non è plausibile che gli attentatori, almeno tre (a giudicare dalle tre marche di sigarette riscontrate sui mozziconi), presumibilmente tutti armati (non v’è traccia nelle cronache di agguati di stampo mafioso a cui partecipino sicari non armati), non aprano il fuoco sui due poliziotti sopraggiunti al momento dell’attentato. Non è plausibile che, sui 35 chilometri di statale a disposizione tra Cesaro e San Fratello, il presunto commando mafioso scelga di organizzare l’attentato proprio a due chilometri dal rifugio della forestale, presidiato anche di notte da personale armato, né è plausibile che gli attentatori non fossero informati su questa circostanza. Non è comprensibile la ragione per cui il vicequestore aggiunto Manganaro non trasmetta le sue preoccupazioni ai poliziotti di scorta di Antoci (per “non agitarli”, sostiene) salvo poi cercare di raggiungerli temendo che potesse accadere qualcosa senza nemmeno tentare di mettersi in contatto telefonico con loro. Non è comprensibile la ragione per cui non sia stato disposto dai questori p.t. di Messina e dai PM incaricati dell’indagine un confronto tra i due funzionari di polizia, Manganaro e Ceraolo, che su molti punti rilevanti hanno continuato a contraddirsi e ad offrire ricostruzioni opposte. E’ censurabile il fatto che il dottor Manganaro abbia offerto su alcuni punti (la visita al vicequestore aggiunto Ceraolo, la paternita dell’espressione “vedette mafiose”) versioni diverse da quelle che aveva fornito ai PM in sede di sommarie informazioni. E’ per lo meno inusuale che di fronte ad un attentato ritenuto mafioso con finalità stragista la delega per le indagini venga ristretta alla squadra mobile di Messina e al commissariato di provenienza dei quattro poliziotti protagonisti del fatto, fatta eccezione per un contributo meramente tecnico dello SCO e per l’intervento del gabinetto della polizia scientifica di Roma molto tempo dopo. Non si comprende la ragione per cui al gabinetto della polizia scientifica di Roma, tra i vari quesiti sottoposti, non sia stato chiesto di valutare se la Thesis blindata di Antoci avrebbe potuto o meno superare il “blocco” delle pietre poste sulla carreggiata (e soprattutto quanto tempo e quante persone occorressero per posizionare quelle pietre)".

Antoci, che è stato responsabile legalità del Pd e ora è tornato a fare il bancario, aveva attuato un protocollo di legalità nel parco dei Nebrodi poi allargato a tutta la Sicilia e quindi diventato legge nazionale. Grazie a questo protocollo sono stati denunciati per frode e mafia diversi allevatori dei Nebrodi e non solo. L'antimafia siciliana ha aperto l'inchiesta sulla vicenda nel maggio scorso. Fava a margine critica i metodi utilizzati per le indagini: "Ipotesi despitaggio? No, noi pensiamo semmai che ci sia stata una carenza investigativa come ci è stato riportato da molte fonti autorevoli, tutte investigative - dice Fava - è abbastanza inconsueto che di fronte a un'ipotesi stragista di questo tipo, per fortuna mancata, si attivino la squadra mobile di Messina e il commissariato di Sant'Agata di Militello. E come se - aggiunge - dopo l'attentato fallito all'Addaura a Falcone fosse stato incaricato delle indagini il commissariato di Mondello...".



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