Comincio con un'immagine e l'immagine è una lampadina.
Quella che illumina le nostre cene a casa, l'abat jour sul comodino che vorremmo cambiare da un secolo, e che sempre lì, bello e di pessimo gusto, il lampione che ci guida nel rientro a casa (quando funziona). La lampadina, insomma.
Comincio dall'immagine di una lampadina. E da un paradosso.
Perché qui non si tratta di parlare di illuminazione pubblica e di bollette, ma di un paradosso, che è appunto, il paradosso della lampadina.
E che fa pressappoco così: quando un'invenzione entra nella nostra quotidianità, ad un certo punto, ce la scordiamo. Diamo per scontato che è così e così sarà per sempre e amen. Non ci chiediamo come si stava prima, come è stata inventata quella cosa. Com'è fatta. E lì è basta. Come la lampadina, appunto. O come internet, per chi è nato dopo i '90.
O come le città.
Una città è una cosa complessa. Organismo che accoglie tante vite e ne ha una sua, si fa attraversare e ti ostacola, ti fa nascere e ti dice: vai via.
Il torto che si può fare ad una città, il grande torto, non è quello di abbandonarla. Noi siciliani lo sappiamo bene: quando si va via da casa nostra, in realtà la portiamo sempre con noi. Il torto più grande che si possa fare ad una città è questo: darla per scontata. Non chiedersi perché le cose vanno in un certo modo, come andavano prima, come potrebbero andare. Non avere la curiosità di capirla, questa città, di metterne insieme i pezzi e le rotelle del suo delicato meccanismo. Come una lampadina qualsiasi.
Noi, oggi, a Marsala, la mia città, la nostra città, stiamo facendo questo grandissimo torto.
La diamo per scontata. C'è. Quando le cose vanno bene, bene. Quando vanno male, poi si vede.
Questo mio scritto è, pertanto un appello.
Il prossimo anno, il 2020, si vota per il rinnovo del consiglio comunale e per l'elezione del prossimo Sindaco.
Guardandomi in giro, ho come una sensazione. Si fanno i primi nomi, si pensano a qualche coalizione, due o tre idee per un programma. Ma di fondo c’è come una nota di fondo: lasciamo fare, tutto si appatta. Chi deve vincere, vince. Chi perde, perde. La città è questa, pazienza, e comunque meglio di tanti altri posti.
E invece no. L'anno prossimo si vota, e noi abbiamo l'occasione, davvero, di prendere per mano il nostro destino, farlo in maniera seria, decisa, e immaginare la città che vogliamo. Ma immaginarla davvero, sulle competenze e sul merito, sulle idee e sui progetti, senza fare la gare a chi è più “per bene”, lo siamo tutti.
Ecco il senso del mio appello. In giro vedo i soliti tavoli e tavolini. Ho invece il dovere di dare un contributo. “Dovere”, che parola complicata. Quasi come “potere”. Lo si interpreta sempre nel senso del comando. A me invece piace il verbo, potere, nel senso di avere possibilità. Potere e dovere camminano insieme, allora.
Noi, Tp24, siamo la testata più importante e autorevole di Marsala, siamo un osservatorio unico, abbiamo visto scecchi correre e cavalli cadere. Abbiamo il potere, il buon potere, di essere un luogo di incontro, relazione, stimolo. Dobbiamo farlo. Non perché pensiamo al corpo elettorale, ma perché pensiamo alla comunità di oltre 50.000 persone che ogni giorno ci legge, al nostro corpo “lettorale”.
Noi ci offriamo come luogo di confronto. Di più: noi vogliamo scrivere un programma. Vogliamo credere, lo crediamo, che in città ci siano persone, menti, qualità in grado di elaborare proposte serie, fattibili, nuove. Io ci credo.
Io stesso ho un sacco di idee per Marsala, e come me credo tante altre persone che qui vivono. Ci credo perchè prima di scrivere queste righe ho girato tanto per imprese, associazioni, gruppi, artisti, professionisti. E ho visto che nel cuore di ognuno c'è una passione che batte per Marsala, solo che è sopita, è la luce fioca di una lampadina.
Questa è la nostra sfida. Chi ci sta? Noi mettiamo a disposizione il nostro giornale, la nostra radio. Poi creeremo una piattaforma per facilitare la partecipazione. Infine ci daremo appuntamento, perché ci piace guardare le persone negli occhi.
Diciamoci appuntamento. Saremo dieci o saremo cento non mi importa. Ma cominciamo a ragionare tutti sulla città che vogliamo, con serenità. Può un giornale fare politica? Si. La facciamo ogni giorno, il nostro corpo “lettorale” lo sa. E' questa la politica, mettere in campo i problemi, risolverli. E la buona politica non comincia mai dall’alto.
Nei prossimi giorni vi diremo cosa vogliamo fare... Magari mettiamo insieme una piattaforma online per condividere qualche idea. Tutti hanno cittadinanza, ognuno avrà tempo per dire la sua. L’importante è non prendersi in giro, non possiamo permettercelo.
E vediamo se possiamo riaccenderla, questa benedetta lampadina. Una sola, non basta. Più saremo, più daremo nuova luce a questa nostra bellissima città.
Giacomo Di Girolamo