Ieri e l’altro ieri abbiamo ripreso ad analizzare lo stato dell’arte in relazione al dragaggio dei fanghi del porto canale e alla possibile classificazione –risultante dall’indagine effettuata dalla Biosurvey S.r.l. – in ‘classe A’ e, cioè, senza particolari prescrizioni per il loro smaltimento. Da tale tipologia di analisi – Commissionata con ‘urgenza’ dal Commissario per il Rischio Idrogeologico della Sicilia, Maurizio Croce – emergono perplessità qualitative e quantitative di vario genere che approfondiamo anche oggi.
LA RIUNIONE A PALERMO PRESSO IL COMMISSARIO CROCE – Ieri mattina, a Palermo, si è svolta la riunione presso il Commissario per il Rischio Idrogeologico e, strano ma vero, si è discusso a lungo dei nostri due articoli pubblicati nei giorni scorsi. Qualcuno dei presenti non avrebbe apprezzato i nostri due ultimi articoli, inveendo contro il giornalismo e chissà quale altro fantasma. E ci sta pure, viva il dissenso e viva la democrazia. Fatto sta che attendiamo eventuali smentite o repliche relative a ciò che abbiamo raccontato. Il resto è top secret e nulla è trapelato. Erano presenti il sindaco di Mazara del Vallo, Salvatore Quinci, Enzo Sciabica ambientalista, il neo insediato Comandante della Capitaneria di Porto di Mazara, Vincenzo Cascio, il Commissario, Maurizio Croce, Sebastiano Calvo cofondatore della Biosurvey, S.r.l. . Questi in particolare ha inviato subito dopo la riunione una nota di replica alla nostra redazione alla quale daremo ampio spazio, in un altro nostro pezzo, domani.
LA QUESTIONE È UN’ALTRA – Il punto focale è in verità un altro: se si vorrà continuare pervicacemente su questa strada, e, cioè, delle ‘analisi e di studi sui fanghi’ pilotate – e non realizzate secondo tutte le prescrizioni di legge – si addiverrà all’ennesimo scontro con gli ambientalisti e non solo, che hanno a cuore le sorti di tutti i cittadini e non di una sola parte; denunce ed esposti si sono accavallati innumerevoli in questi anni e le cronache dei tribunali ne sono piene.
I DRAGAGGI E IL RISCHIO IDROGEOLOGICO – Cosa ‘c’azzecca’ quello che dovrebbe essere il normale dragaggio di un porto (qualora fosse pianificato regolarmente ogni tot. di anni, cosa che in Sicilia non accade quasi mai, basti vedere in che condizione sono i porti di: Marinella di Selinunte, Porto Palo di Menfi, per citare solo i più vicini a Mazara, ecc.) con il rischio idrogeologico? Boh? Qui da decenni si assiste al reperimento di fondi pubblici con le più svariate scuse e provenienti dai ministeri più strani. Il dragaggio dei porti in Italia di chi è competenza? Del ministero dell’Ambiente o del ministero per le Infrastrutture e i Trasporti? E allora che c’entra il primo finanziamento per ‘il dragaggio’, ottenuto dall’allora ministro dell’Ambiente, Stefania Prestigiacomo, strombazzato per mari e per monti – attribuendosene i meriti per due lustri – dall’ex sindaco Cristaldi? Forse che nel resto d’Italia i fanghi ed i sedimenti di vario genere vengono tolti coi soldi del ministero per l’Ambiente? La Regione Sicilia ad oggi tace e, quando parla, fissa date di intervento che regolarmente vengono smentite dai fatti. Tra le decine e decine ricordiamo questa promessa pubblicata dal Giornale di Sicilia il 22/6/2017: “L’assessore regionale al territorio e ambiente, Maurizio Croce, è rassicurante. «I lavori inizieranno presto – dice -. Si è perduto del tempo perché il Dipartimento Ambiente ha dovuto esaminare la valutazione ambientale della colmata B che ha fatto il comune di Mazara. Ora il Dipartimento è pronto per effettuare il provvedimento di inizio dei lavori. Ormai non c’è più niente da valutare o da esaminare. Tutto è stato fatto. Finalmente il porto di Mazara verrà dragato». Sono passati altri due anni da allora.
SOIL WASHING? NON È PIÙ NECESSARIO – Tale soluzione (ne avevamo parlato in questo articolo) era stata prospettata recentemente, (a fine dicembre 2018) da Giorgio Randazzo, referente ed ex candidato a sindaco di Mazara della Lega, ma pare che non abbia avuto alcun seguito. In Emilia Romagna tale tecnica è già stata usata con successo da anni e buona parte del materiale recuperato è stato venduto per altri usi, abbattendo così i costi complessivi dei vari dragaggi portuali e proteggendo, allo stesso tempo, i litorali romagnoli. Se i fanghi però, saranno classificati realmente in ‘CLASSE A’ potranno anche essere sversati in mare e, quindi, amen e fine di questa odissea.
Alessandro Accardo Palumbo
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