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16/08/2019 12:00:00

Scrive Riccardo, sull'atto di razzismo subito da un giovane mentre trasmetteva felicità...

Gentile redazione, non so se accetterete questo articolo che descrive un fatto successo a Palermo, ma tentar non nuoce.

Sabato 11 agosto ho assistito a un disgustoso atto di razzismo in pieno centro di Palermo, seguito da una deprimente omertà dei presenti.

Erano le 18 e 30, fuori dalla Chiesa di San Giuseppe dei Padri Teatini si radunavano come ogni giorno molti turisti, con i relativi tassisti di ape-car per farli salire a bordo. Tra il movimento e il brusio generale si levò della musica molto allegra, ossia il brano “Get Down On It” dei Kool & The Gang, una canzone da festa fra le piú riuscite di sempre. A diffonderla era una cassa collegata a un cellulare, posta su un vecchio motorino Ciao. A guidarlo era un ragazzo con la barba scura, dagli occhî neri. Il suo volto era una Pasqua, gli era venuta in mente questa idea fantastica di portare allegria per le strade attraverso la musica. Mentre guidava piano gesticolava in direzione dei pedoni sul marciapiede. Io ero elettrizzato dalla musica e dalle bellissime sensazioni che quel ragazzo stava trasmettendo a me e alla gente. Quello che ho visto dopo mi ha causato un malumore cosí intenso che ancora dopo giorni non mi sono ripreso, sono a dir poco deluso e furioso dalla piega che sta prendendo la nostra società italiana ed europea.

Mi ero girato per ballare con la musica e gesticolare a favore di quel ragazzo e della sua idea, ma ho avuto il triste privilegio di vedere un tizio lanciare un gavettone da almeno dieci litri verso di lui. Questo qua, con gran furtività, si intromise fra due carrozze di cavalli e da lí lanciò il gavettone, riuscendo a non farsi vedere quasi da nessuno, e nello stesso momento prosegue camminando come se nulla fosse. Era stato bravissimo, un lodevole gesto tecnico che solo un esperto di lancio di oggetti sarebbe riuscito a fare. Purtroppo fu anche preciso, infatti centrò in pieno la cassa con il telefono e quindi lo scooter, bagnando anche il ragazzo. Il volto di quest’ultimo si trasformò in un’espressione di stupore, allarme e delusione. In quel momento ho avuto uno shock. Il mio cervello cercò di convincersi che fosse uno scherzo estivo fra amici, ma quella era autentica violenza, intimidazione subdola e perfida di un gruppo di persone a danno di un’altra indifesa. Avrei voluto urlare e destare la folla che rimase stupefatta ma se ne disinteressò pochi secondi dopo. Invece ho avuto paura. Mi sono limitato a riferire a quel ragazzo che a lanciargli il gavettone era stato quel tizio con i capelli a spazzola tirati su col gel, rasati a lato, senza barba, grosso e muscoloso e una maglietta con il taschino colorato, e bermuda beige. La canzone cominciava ad andare a scatti, cellulare e cassa erano ormai distrutti. Il ragazzo, dopo aver staccato il telefono ormai fradicio dalla presa della cassa, tornò indietro verso gli ape-car lamentandosi dell’aggressione subita. Il lanciatore di gavettoni e i suoi compari si limitarono a negare tutto, a offendere il ragazzo dandogli del “cornuto” e dicendogli di “tornare a casa propria”, con un tono goliardico e amichevole. A vedere la scena c’ero io e un piccolo gruppo di turisti, tra l’indifferenza generale. Alla fine il ragazzo va via. Raccolsi un po’ di coraggio e ho detto al lanciatore e ai suoi compari che tanto li avevo visti e che quello che avevano fatto era vergognoso. Di tutta risposta un suo compare mi disse, con un tono intensamente mafioso:

“Penso che tu dovresti farti gli affari tuoi”

Ho visto un atto di bullismo razzista con i miei occhî, queste persone erano riuscite a rovinarmi la giornata e forse la settimana, non dimenticherò mai la vergogna cui fui mio malgrado partecipe. Con quale spavalderia questo qua si era permesso di dire che quello non fosse affare mio? Gli risposi:

“Certo, altrimenti mi ammazzi”

E lui, con un tono da agnellino:

“No… io non ho mai detto che ti avrei ammazzato”

A fargli seguito intervenne un altro compare che mi intimò con estrema rabbia:

“Va’ scassaci la minchia”

Trovandomi in una situazione simile, preferii andare via. Pochi metri piú avanti un altro compare urlò al lanciatore:

“Ma ‘u pigghiaste ‘n testa?”

Poco dopo di segnalare questo atto di aggressione, intimidazione, violenza, danni materiali e morali e razzismo al 112. Chiamai, ma nessuno rispose. Allora decisi di raccontare tutto sui miei social e ai miei amici, e scrivere questa lettera che spero verrà accettata da quanti piú giornali possibili. I gavettoni sono l’anticamera dei pestaggî, si è creata una mentalità pericolosa e sia io sia tante persone non vogliamo lasciar correre, anche se la politica ha sdoganato l’odio di razza.

Qualcuno obietterà dicendo che non è certo che questa violenza fosse scaturita da razzismo. A queste persone rispondo: quale altra ragione per scomodarsi a preparare un gavettone e lanciarglielo se non per respingere lui in quanto africano? Forse la sua colpa era di portare il sorriso, che sui volti dei conducenti degli ape-car non comparve nemmeno una volta. Ma a me convince di piú il movente razzista, alla luce di quelle offese tipiche da commento livoroso sotto una bufala anti-immigrati. Per quante difficoltà economiche potessero avere il lanciatore e i suoi compari, la cosa piú inutile e deleteria era proprio prendersela con un immigrato e impedire alla musica e alla bellezza di farsi strada.

Riccardo 



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