Sono stati effettuati davanti al gip di Marsala Riccardo Alcamo due degli interrogatori di garanzia, quelli degli indagati posti agli arresti domiciliari, dell’ultima operazione anti-immigrazione clandestina (“Sea Ghost”) condotta da Guardia di finanza e Dda.
Dall’udienza a porte chiusa è trapelato, in particolare, quanto ha dichiarato la marsalese Giuseppa Randazzo, titolare dell’omonima ditta individuale, nonché rappresentante legale di una cooperativa agricola, che secondo l’accusa avrebbe fraudolentemente contribuito a regolarizzare i migranti sbarcati attraverso la stipula di “fittizi contratti” di lavoro dipendente al duplice fine di consentire, da un alto, ai clandestini di ottenere e rinnovare il permesso di soggiorno per motivi di lavoro e, dall’altro lato, di percepire indebite indennità di disoccupazione agricola a danno dell’Inps.
La Randazzo, sostengono inoltre gli investigatori, aveva manifestato il suo ruolo attivo nell’organizzazione anche mettendo a disposizione di Nizar Zayar, uno degli arrestati, la propria abitazione per consentire lo smistamento dei migranti appena sbarcati. Ma davanti al gip, la donna si è difesa affermando: “E’ vero che alcuni dei 65 tunisini che ho assunto non hanno lavorato. Ma altri invece hanno lavorato. E comunque tutte le persone assunte erano già in possesso del permesso di soggiorno in Italia. Io non c’entro nulla con l’immigrazione clandestina”. A difendere la Randazzo, interrogata a Marsala su rogatoria chiesta dal gip di Palermo, è l’avvocato Ignazio Bilardello, che dice: “Abbiamo portato le prove che dimostrano che Giuseppa Randazzo non può essere accusata di associazione per delinquere finalizzata all’immigrazione clandestina. Le persone assunte erano già in possesso di permesso di soggiorno e residenza in Italia”. Al termine dell’interrogatorio di garanzia, l’avvocato Bilardello ha chiesto la revoca della misura cautelare per la sua cliente. E se ciò non avverrà, farà ricorso al Riesame. Ieri, davanti al gip Alcamo, anche il trapanese Sergio Carpentieri, accusato di avere fornito uno dei gommoni usati per gli sbarchi. Nell’operazione “Sea Ghosts”, sono state fermate otto persone, 4 tunisini e 4 italiani. I migranti, chiamati “agnelli”, e talvolta minacciati con pistole e coltelli, venivano trasportati dal nord Africa alla Sicilia, una rotta ormai consolidata, insieme con le sigarette di contrabbando, utilizzando gommoni veloci, in grado di viaggiare di notte anche a 30 nodi. A bordo, 10-12 persone e 250-300 chili di “bionde”. Per la traversata, il costo del biglietto sarebbe oscillato da 1500 a 4000 euro a persona. Al vertice dell’organizzazione ci sarebbero stati i marsalesi Angelo Licciardi (negli anni ’90, arrestato e condannato per fatti di droga) e Giuseppe Vasile, nonché il tunisino Nizar Zayar, tutti in carcere. Licciardi si sarebbe occupato della gestione contabile, curando la ripartizione dei guadagni e provvedendo, con Vasile, ad acquisto e custodia delle imbarcazioni. In carcere sono finiti anche altri tre tunisini che operavano sulle sponde africane.