di Katia Regina. Un’esperienza mistica. Surreale. Necessaria, per fare pace con un mondo inquinato anche dalla bruttura dei proclami di esseri viventi che nulla conservano più di umano.
Un viaggio disorientante fatto di tornanti tra i monti Sicani, nel cuore alto delle Sicilia, a sfidare temperature al limite della sopportazione per giungere in un luogo che sembra posato oltre una porta del tempo. La storia del teatro Andromeda viene definita da Lorenzo Reina, suo creatore, una Storia semplice, e a sentirlo verrebbe da pensare che quel teatro sia sempre stato lì, nei luoghi in cui da ragazzo portava al pascolo le sue pecore.
A lui è stato dato il privilegio di riconoscere ogni singola pietra e rimetterla al suo posto. E non è la prima volta, nella storia dell'uomo, che un'anima semplice, come quella di un pastore,viene scelta per compiere un progetto da condividere con l'umanità.
Lorenzo s'è fatto demiurgo e ha costruito un teatro in un pizzo di montagna, traendo ispirazione dalla costellazione di Andromeda. Da semplice contadino di Dio, come egli stesso si definisce, risolve così il suo essere tormentato dalla solitudine di una condizione in cui soltanto odi greggi belar; muggire armenti.
Lorenzo Reina è diventato uno scultore per poi tornare a fare l’allevatore, e anche in questo ambito si è distinto, allevando asini e trasformndo le terre, ereditate dal padre, in fattorie didattiche. La sua arte non è passata inosservata al grande mercato, com’era peraltro giusto, ha partecipato infatti alla XVI edizione della Biennale internazionale di architettura di Venezia.
Lorenzo accoglie i visitatori con fare dimesso, e la sua umiltà lo innalza oltre la sua stessa opera. A tutti gli amanti delle arti mi sento di dire che visitare il teatro Andromeda è pari, a mio parere, al viaggio alla Mecca per i musulmani. E da tutto il mondo giungono ormai i visitatori, fedeli al Dio delle Arti e della Bellezza. Scegliete di farlo anche per assistere ad uno spettacolo, il programma è ricco di eventi e lo trovate sul sito del teatro.
Io sono andata per rivedere il Mobbidicchi di Giacomo Bonagiuso, spettacolo già recensito lo scorso anno, quando è andato in scena alle Saline Genna di Marsala. Un testo furioso e agghiacciante, partorito da una mente bellassai, quella di Giacomo Bonagiuso e incarnato da attori strepitosi.
Sulla bellezza di quest’opera mi sono già espressa (qui la recensione) e non immaginavo si potesse migliorare, ma le nuove sonorità introdotte, a cura del musicista Maurizio Curcio, unitamente alla voce ammaliante di Roberta Scacciaferro, hanno aggiunto alla rappresentazione un quid formidabile.
Lorenzo Reina era tra il pubblico, svettava nella sua postazione privilegiata, incorniciato dalle sue mura, vestito di bianco, bello come la sua straodinaria opera.