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26/06/2019 06:00:00

Sicilia, il Pd di Faraone rischia il commissariamento

 Domani, 27 giugno, da Roma dovrebbe arrivare la decisione del PD nazionale sul commissariamento della segreteria regionale, e quindi su Davide Faraone.


Il senatore dem, vicinissimo a Matteo Renzi, si è candidato alle primarie di dicembre per la segreteria regionale, la sua competitor, Teresa Piccione, si è ritirata in corsa adducendo irregolarità e non rispetto dello Statuto. Tra i ricorsi e una voglia interminabile di faide interne si consuma una ulteriore telenovelas del Partito Democratico. I notabili hanno chiesto il commissariamento e poi lo svolgimento di ulteriori primarie.


E’ tempo di decisioni e da Roma si dovrà capire che tipo di scelte, e dunque di strade, da seguire ci sono.
Le scelte di Nicola Zingaretti, intanto, sono state soft sulla questione Luca Lotti, non ci sono state nemmeno le scuse su quella che predicano continuamente e che sarebbe l’etica. Ma i dem di questi scivoloni ne prendono tanti. Il commissariamento non gioverebbe a nessuno, produrrebbe altre spaccature e creerebbe ulteriori frizioni, inoltre tutto il tempo finora trascorso ha fatto allontanare le animosità di alcuni lasciando il passo a una voglia conciliante.


Ambienti romani indicano già una soluzione, nessun commissariamento, piaccia o meno, il segretario Faraone ha lavorato sui territori. Ha girato la Sicilia e ha evidenziato le criticità dell’Isola, ancora irrisolte.
Dalle discariche abusive ai siti archeologici mal gestiti e con le erbacce incolte. Commissariare significa sconfessare il lavoro fatto, si andrà verso un accordo.


Qualcosa Faraone dovrà cedere, specie sui territori. Una guerra celata, un’armistizio ma la segreteria regionale sarà salva. Certo, se questo a Faraone convenga o meno è un altro discorso. La politica è sempre fatta di equilibri instabili e precari, costruire su questa strada, impervia e con i notabili pronti a colpire, non deporrà in suo favore.


Cosa sarà del Pd? Dipende che cosa sarà dei renziani, di una leadership che lo stesso Matteo Renzi dice di non volere ma che trattiene per dote naturale.


La convivenza è forzata, e se si dovesse tornare al voto a breve le ambizioni di molti dovranno fare i conti con le segreterie.
Come potrà giustificare Zingaretti il commissariamento di Faraone visto che è l’unico del partito a fare qualcosa, sganciato da logiche di sistema e di salvataggio di poltrone?


Domani l’attesa finirà, il Pd o si riunirà in ipocrita amorevolezza attorno ad un tavolo ovvero continuerà, lontano dalle piazze e della gente.