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21/06/2019 06:00:00

Nicastri e Arata, ecco come operavano alla Regione e come bloccavano i rivali

C’era chi appena sentiva quel nome, quel nome “cerchiato in rosso”, il nome di Vito Nicastri, preferiva non averci a che fare. E c’era chi invece nonostante Nicastri fosse ritenuto vicino a Matteo Messina Denaro lo riteneva un perno principale negli affari su eolico ed energie rinnovabili. Come Paolo Arata, che si definiva “socio di Vito al 50%”. Arata, ex deputato di Forza italia e consulente per l'Energia della Lega, si qualificava alludendo alla sua società con l'imprenditore in odore di mafia Vito Nicastri. L'inchiesta che ha portato in carcere Paolo Arata, suo figlio Francesco, l'imprenditore alcamese Vito Nicastri e suo figlio Manlio e ai domiciliari un funzionario della regione, Alberto Tinnirello, ruota attorno a tangenti e casi di corruzione nella realizzazione di impianti di energia rinnovabile.

“Così non andiamo da nessuna parte ...proprio quel nome non deve circolare... sotto nessuna forma! Non appena vedono il nome Nicastri... lo hanno cerchiato, lo hanno mandato giù dicendo: “Non può andare avanti, questa pratica! Negategli l'accesso agli atti perché è mafioso!”. Aveva paura di come potessero andare le cose il funzionario regionale Giacomo Causarano, indagato per corruzione, che lo scorso ottobre sbottò appena vide il nome di Nicastri.
C’è ad esempio il caso di Salvatore D’Urso, dirigente regionale del dipartimento Energia. Sul suo tavolo arriva un’istanza di accesso agli atti della società Greta Wind in cui figura il nome di Manlio Nicastri, figlio del “re dell’eolico”.

Una pratica che, raccomanda D’Urso ai suoi funzionari, deve essere trattata con “particolari cautele”. Viene incaricata una dirigente e Tinnirello che non era d’accordo con la bocciatura dell’istanza “sol perchè proveniente da un presunto mafioso”. Un’intercettazione della Dia ha colto il dialogo fra i due dirigenti. Scrivono i magistrati: «Tinnirello fingendo disinteresse, criticava la decisione di D’Urso di respingere una richiesta d’accesso agli atti solo perché proveniente da un presunto mafioso, concludendo che, a suo giudizio, la richiesta andava invece accolta». Qualche giorno dopo, Tinnirello provò a intercettare la pratica di accesso agli atti di Greta Wind e l’affidò al fidato Causarano.

Queste manovre per capire come trattare un progetto proveniente da personaggi “particolari” vengono captata dai trojan introdotti negli smartphone degli Arata che riescono ad effettuare registrazioni ambientali. Gli smartphone diventano delle cimici. E proprio per evitare di parlarne per telefono si era deciso di parlare della questione in un bar.

Causarano in quell’occasione aveva indicato la via per facilitare le cose: “Il cambio di amministratore dentro una società non credo che sia un problema no? Allora, siccome ancora queste carte non girano... deve metterci qualcuno che non abbia nulla a che vedere col cognome né tantomeno con la via, cambiate sede legale, mettetela a Palermo... Metti un nome di Roma, di Milano... chiunque! Passa dritta”.
Perchè i due, Arata e Nicastri, si erano attrezzati bene, nonostante il re dell’eolico fosse agli arresti domiciliari. Avevano creato un sistema di potere che poteva contare sul sostegno romano dell’ex sottosegretario alle Infrastrutture Armando Siri, che è indagato per corruzione a Roma in un’inchiesta parallela a quella Siciliana.

Con Siri avrebbero interloquito per far nominare dirigente l’ex deputato regionale Udc Francesco Regina. Tutto dipendeva dall’ingresso nel governo Musumeci e nella maggioranza all’Ars della Lega. Una alleanza che non riuscì e una nomina che non avvenne. La coppia Arata-Nicastri grazie alle tante conoscenze e all’influenza che avevano gli consentiva anche di controllare le pratiche delle società concorrenti, non solo di oliare quelle della loro società Solgesta.

E infatti all’assessorato all’Energia, la coppia Nicastri e Arata era talmente influente che riusciva a bloccare la concorrenza, e fra le aziende penalizzate c’era ad esempio la “Sun Power Sicilia” di Antonello Barbieri. L’azienda doveva installare un impianto fotovoltaico a Melilli e Carlentini. Causarano chiese alla ditta di produrre al più presto «gli atti attestanti la disponibilità dei terreni»., condizione fondamentale per ottenere il via libera ai lavori. Era in pratica una mossa per mettere sotto pressione Antonello Barbieri, aveva avuto in passato degli affari in comuni con Nicastri e aveva un contenzioso per un assegno.

I due Nicastri, intanto, sentiti dal Gip Guglielmo Nicastro, assieme a Francesco Arata si sono avvalsi della facoltà di non rispondere alle contestazioni di corruzione, autoriciclaggio e la fittizia intestazione di beni.