Il diritto alla vita, ad una vita dignitosa, a stare in un luogo sicuro, a alla propria integrità fisica è sacrosanto. E se per salvaguardarlo allora si è disposti a compiere azioni offensive, queste non devono essere punite.
E’ una sentenza esemplare quella del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Trapani, Piero Grillo, a seguito di giudizio abbreviato, con cui sono stati assolti un cittadino sudanese e un cittadino ghanese soccorsi, insieme ad altri 63 naufraghi, dal rimorchiatore Vos Thalassa nel canale di Sicilia nel luglio 2018, ed arrestati al momento dello sbarco perché accusati di avere guidato una rivolta contro l’equipaggio del mercantile per non essere ricondotti in Libia, oltre che per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.
Li hanno definiti facinorosi, dirottatori, terroristi. Sono stati argomento per la propaganda politica dei leghisti.
Ma le motivazioni della sentenza con cui sono stati assolti i due migranti rappresenta una novità assoluta in termini giuridici e soprattutto, nero su bianco, un lampante atto di studio e di rispetto dei diritti dell’uomo.
Il caso della Diciotti tenne banco per giorni nelle cronache italiane la scorsa estate, con i ministri Salvini e Toninelli, che freschi di nomina etichettarono i due migranti “facinorosi”. Ci fu il braccio di ferro che finì con l’approdo della Diciotti a Trapani e i due giovani che scesero in manette dalla nave militare. Quella reazione, quelle azioni offensiva a bordo del rimorchiatore sono da inquadrare come “legittima difesa”, per questo il giudice ha assolto “perchè il fatto non costituisce reato”.
Il giudice sviluppa un ragionamento importante, fondamentale in un'epoca di intolleranza e muri. Un’azione offensiva può ritenersi legittima se viene posta in essere per salvaguardare dei diritti primari della persona come quello alla vita, all’integrità fisica e sessuale, messi in pericolo nel caso di un respingimento in Libia.
La sentenza porta un ragionamento che schiaccia in poche pagine ore e ore di dibattiti sui talk show. “Se si riflette un momento sul fatto che i 67 migranti avevano subìto, prima della partenza dal territorio libico, disumane condizioni(...), appare evidente come il ritorno in quei territori costituisse per loro una lesione gravissima di tutte le prospettive dei fondamentali diritti dell'uomo” scrive il giudice Grillo. Che aggiunge che “erano i gioco il diritto alla vita e non essere sottoposti a trattamenti disumani o di tortura”.
Il giudice Grillo arriva a questa conclusione utilizzando fonti di diritto internazionale, europeo e nazionale. Importante è stata, da parte del giudice, anche l’interpretazione dell’accordo stipulato nel 2017 tra Italia e Libia. Un accordo che avrebbe portato l’autorità libica a pretendere il rimpatrio dei migranti. Ma l’accordo non era giuridicamente vincolante perchè mai ratificato dal Parlamento.
I due migranti protagonisti della rivolta sul rimorchiatore la notte tra l’8 e il 9 giugno del 2018, e arrestati pochi giorni dopo, sono stati difesi nel procedimento dagli avvocati Francesco Di Giovanna e Donatella Buscaino.
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