Sempre più spesso si utilizza la definizione di “Analfabetismo funzionale”, ma ci rendiamo conto di quali possano essere i rischi legati alla sua diffusione?
In parole semplici, l’analfabetismo funzionale è una forma di analfabetismo applicato alle situazioni quotidiane. Si tratta, non della semplice incapacità di leggere e scrivere, quanto del non saper trarre conclusioni da ciò che si legge e si scrive, non saper avviare un ragionamento logico, pur avendo dei dati da cui poter innescare una riflessione.
Da ciò si evince che basterebbe leggere di più, come metodo semplice e valido per imparare, stimolare ed attivare un procedimento argomentativo.
Ed è risaputo che in Italia si legge poco.
La lettura, e ancor meglio la cultura in generale, con i suoi innumerevoli linguaggi, dalla pittura al teatro, dal cinema alla letteratura, possiedono, oltre all’aspetto ludico e divulgativo, un intento ben più profondo, quello di essere uno stimolo per il cervello umano.
Ecco perché l’ignoranza fa comodo ai regimi, la cultura fa paura ai politicanti e ai faccendieri, che definiscono materie come letteratura e arte inutili e non necessarie.
Ebbene non è così, non lo sono mai state e mai lo saranno.
Proprio ai nostri giorni, emerge la necessità di rimettere in moto la cultura perché, con il susseguirsi degli ultimi governi, la si è tagliata fuori da ogni sovvenzione e se ne è sminuito il valore. Si è dimenticato, purtroppo, il suo ruolo pedagogico.
Spesso gli artisti non riescono a vivere del loro mestiere ed è fondamentale capire che non è il singolo scrittore/musicista/artista a doversi difendere, ma ogni cittadino, anche se non è del settore, a dover lottare per salvaguardare la diffusione della cultura nelle sue varie forme.
L’arte accresce lo spirito critico e aumenta la responsabilità civile.
Eccone un esempio pratico: un individuo abituato a vedere le situazioni da un unico punto di vista è destinato ad irrigidirsi. Al contrario, tanti linguaggi differenti rendono le menti elastiche, capaci di accogliere le differenze, persino di trarne un vantaggio, un aspetto positivo, anziché ansiogeno.
Togliendo spazio alla cultura, si sta via via eliminando quella pluralità di sguardi che essa garantiva.
Purtroppo «il momento è delicato» - giusto per fare una citazione da un libro (la raccolta di racconti di N. Ammaniti).
È caratterizzato da una sorta di pigrizia mentale, per cui il settore dell’editoria attraversa una crisi profonda e la popolazione frequenta raramente luoghi come biblioteche e teatri.
A ciò si aggiunge che il materiale a disposizione non è sempre il massimo, anzi, sembra che le case editrici più solide preferiscano pubblicare politici, calciatori e vallette piuttosto che scrittori.
Sembra che abbiano più mercato maleducati urlatori che colti giornalisti.
L’analfabetismo funzionale è un grave rischio che stiamo già correndo.
A maggior ragione, occorre leggere ancora di più, farsi una propria opinione invece di accettarne una preconfezionata e difendere i contenuti validi, quelli volti alla sensibilizzazione e all’arricchimento dell’intera comunità.
In contemporanea, occorre recuperare risorse da destinare alla cultura.
Bisogna sollecitare piani di investimento per il settore che vengano dall’alto, poiché i finanziamenti pubblici sono indispensabili, proprio per ridare a questi argomenti l’importanza che meritano.
Eppure non è un concetto nuovo, tutt’altro.
Già Dostoevskij scriveva che «La bellezza salverà il mondo», aggiungendo al concetto di bello una dimensione morale, addirittura salvifica.
Ma ciò accadrà soltanto se ognuno di noi contribuirà in prima persona a tutelarla, a difenderla, a diffonderla.
La bellezza, soprattutto nel Bel Paese, ci circonda; se le apriamo le porte, lei ci aprirà la mente.
Sabrina Sciabica