I tipici meccanismi mafiosi (scoraggiare chi si appresta a comprare qualcosa su cui esponenti di Cosa Nostra, o vicini a questa, hanno messo gli occhi e intimidire per costringere qualcuno a rinunciare a propri diritti) sono stati oggetto della (coraggiosa) testimonianza della 60enne salemitana Giuseppa Salvo, ascoltata come “parte offesa” nel processo, in Tribunale, a Marsala, a otto delle 16 persone coinvolte, tra arrestati e denunciati, nell’operazione antimafia “Pionica” del 12 marzo 2018.
Alla sbarra, tra gli altri, anche il presunto capomafia di Salemi, Michele Gucciardi, 65 anni, attualmente recluso a Tolmezzo, al quale, lo scorso anno, l’ordinanza di custodia cautelare fu notificata dai carabinieri in carcere (arrestato nell’operazione “Ermes”, è stato condannato prima a 17 anni e poi a 14 anni e 4 mesi). Giuseppa Salvo, costituitasi parte civile con l’assistenza dell’avvocatessa marsalese Valentina Favata, ha raccontato come furono prima scoraggiati i possibili acquirenti (disposti a sborsare due milioni di euro) della sua azienda agricola di contrada Pionica (59 ettari nel territorio di Santa Ninfa, con cantina vinicola, lago per irrigare e altre infrastrutture) e poi pretesi i diritti sui vigneti, i cosiddetti “catastini”.
Giuseppa Salvo, ex moglie (divorziata) di Antonio Maria Salvo, nipote di uno dei due cugini Salvo (Ignazio), aveva ereditato l’azienda agricola dal padre. Davanti al Tribunale di Marsala (presidente del collegio: Alessandra Camassa), la donna ha ripercorso la sua vicenda. “Ho ereditato l’azienda di Pionica da mio padre, che per la sua conduzione si era indebitato con le banche – ha detto la Salvo -. Nel 2004, per tamponare i debiti, ho venduto la mia azienda agricola per circa 800 mila euro, ma non è stato sufficiente". Poi, avevo raggiunto un’intesa con una venezuelana originaria di Salemi, la signora Timpone, per vendere Pionica per due milioni di euro, ma l’accordo è saltato perché lei ricevette un consiglio da un agronomo della zona che le disse che l’azienda non valeva tanto, che non valeva la pena. Noi pensiamo che il consiglio sia arrivato da Melchiorre Leone”. Quest’ultimo, agronomo di Vita, è tra coloro che hanno scelto l’abbreviato davanti al gup di Palermo. Per lui, i pm hanno già chiesto 12 anni di carcere.
Poi, all’asta, l’azienda Pionica, come spiegato nella precedente udienza dal colonnello della Guardia di finanza Rocco Lo Pane, fu venduta per appena 130 mila euro all’alcamese Roberto Nicastri, fratello di Vito Nicastri, il “re dell’eolico”, che un anno dopo rivendette per ben 530 mila euro alla “Vieffe”, che ottenne due finanziamenti comunitari di 420 mila e 120 mila euro connessi ai diritti dei vigneti. Diritti che Giuseppa Salvo sarebbe stata costretta a cedere a seguito delle pressioni ricevute da Michele Gucciardi e Melchiorre Leone, i quali, a conoscenza delle difficoltà economiche della donna, avrebbero infierito al fine di favorire personaggi vicini all'organizzazione mafiosa (i Nicastri). E in aula, Giuseppa Salvo ha raccontato di avere ricevuto la visita di Gucciardi, con il quale, ha detto, non aveva mai intrattenuto alcun rapporto, ma del quale conosceva la “caratura”. Continua...