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02/05/2019 08:00:00

Pesca del pesce spada, l'Unione Europea boccia l'Italia

Speranze deluse per una delle più importanti filiere ittiche del Belpaese, tra i fiori all'occhiello della produzione made in Sicily: la Corte di Giustizia Europea ha respinto ieri il ricorso presentato da Roma contro la normativa europea che dal 2017 ha introdotto le quote per la cattura del pesce spada. L'Italia, sulla spinta delle associazioni di categoria, due anni fa aveva chiesto di alzare il tetto massimo di cattura, reputando il regolamento impugnato troppo limitativo per le possibilità di pesca nel Mediterraneo, ma i togati di Lussemburgo hanno giudicato le misure adottate dal Consiglio Ue come ben proporzionate, basate su solide motivazioni e non in contrasto con l'interesse dell'Unione di garantire la gestione sostenibile delle risorse biologiche marine.

L'attuale soglia di cattura fissata per il nostro Paese è pari a poco più di 3500 tonnellate l'anno, pescabili soltanto dall'inizio di aprile alla fine di dicembre, ma il tetto, da qui a ai prossimi tre anni, è destinato a calare ulteriormente. Partendo dalle raccomandazioni l'Iccat - la Commissione internazionale per la conservazione dei tunnidi e delle specie affini che ha previsto un limite di 10550 tonnellate per tutti i Paesi che si affacciano sul Mediterraneo - il sistema di gestione comunitario, per la quota massima di pesca relativa all'Ue, pari a 7428 tonnellate nel 2017, ha stabilito infatti una riduzione del 3% ogni anno, dal 2018 al 2022, per un totale del 15% in cinque anni.

Un ribasso progressivo, spiega Giovanni Basciano, vicepresidente nazionale dell'Agci Agrital, Associazione generale cooperative italiane Settore agro-ittico alimentare, e membro del Cda del Distretto pesca siciliano, «che non rispetta il nostro fabbisogno e lo spessore della produzione italiana, con oltre il 40% delle catture mediterranee di spada per oltre 4000 tonnellate pescate annue, e che da due anni sta penalizzando una filiera già in difficoltà, soprattutto in Sicilia, dove si concentra circa la metà delle catture e della flotta italiana dedita a questo tipo di pesca, con una lunghissima e preziosissima tradizione di palangari, dalla marineria di Marsala a quella di Porticello, senza dimenticare Catania e le Eolie. Noi siamo sempre stati contrari al sistema delle quote, e con quel ricorso chiedevamo quantomeno di alzare il tetto massimo per l'Italia». Ma non c'è stato nulla da fare, e di questo passo, sottolinea Basciano, «in Sicilia si rischia di ripetere quanto è accaduto al livello nazionale dopo la batosta sui limiti di cattura del tonno fissati dall'Ue a fine anni ‘90, che hanno avuto ripercussioni pesantissime sul settore ittico tricolore, con una drastica riduzione delle imbarcazioni accreditate per la pesca.

Beninteso, quella misura ha centrato il suo obiettivo, tanto che oggi il Mediterraneo è strapieno di tonni, e nessun pescatore si sognerebbe mai di remare contro la materia prima da cui ricava reddito, distruggendola con la cattura intensiva, o di negare che di pesce spada, nei nostri mari, ce n'è sempre di meno. Ma va ricordato che esistono misure alternative alle quote pesca, come ad esempio la chiusura spazio-temporale delle aree marittime, capaci di raggiungere lo stesso scopo, ovvero la salvaguardia delle specie ittiche, con minori sacrifici per i lavoratori, che oggi si ritrovano schiacciati in un sistema di regole troppo rigido». E al netto delle ripercussioni negative sulla filiera, sottolinea infine il vicepresidente dell'Agci Agrital, la riduzione progressiva delle quote di cattura può portare svantaggi anche per i consumatori, «che rischiano di vedere sempre più pesce spada straniero sulle loro tavole, a prezzi spropositati».