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27/03/2019 06:00:00

La fine del bene (Marsala, la politica, le indagini, a un anno dal voto...)

 Era il 2015, sembra un secolo fa, sembra ieri.
Era Marsala.
Alberto Di Girolamo si apprestava a vincere la sua corsa verso la sindacatura. Lo faceva presentando un programma politico senza grosse pretese  (e oggi largamente non realizzato. Un punto per tutti? Il “sostegno alle imprese agricole e ai giovani talenti che vogliono fare impresa”...), ma puntando su un fattore chiave: il sindaco “per bene”, fuori dalla casta, diverso.

Diamo alla città un Sindaco pulito per davvero, era il sottotesto di quel refrain elettorale. Neanche fosse Mastro Lindo. Come avviene sempre in questi casi, alla corte del Sindaco si era più realisti del re, e cominciarono, da quegli ambienti, attacchi contro tutti coloro che non erano allineati con la narrazione del bene. Avversari politici, ovviamente. Ma anche tutti coloro che erano critici verso questa impostazione da superiorità morale di una certa parte della politica e del salotto marsalese.

Chi faceva notare che non serve dichiararsi per bene, quando poi pur di vincere ti imbarchi un po’ di tutto, fai accordi nel salotto di cui sopra, fai insomma, quello che fanno legittimamente tutti gli altri politici, veniva tacciato di complicità con una sorta di impero del male mafio - massonico che a Marsala impediva il vero cambiamento portato avanti dall’esercito della salvezza. 
Io cercai di cavarmela, nel mio piccolo, con il ragionamento. Ma erano (e sono) tempi in cui si parla male, e se si parla male è perchè si pensa male. E dunque il ragionamento non serviva.  "Non tutti i voti sono buoni, e non tutte le porte vanno aperte", scrissi. E poi, citando Croce: “Il vero politico onesto è il politico bravo”.  Non l'avessi mai fatto. 
Mi toccò la gogna. Fui pure fotografato mentre ero a pranzo con il "nemico" dall'allora a me sconosciuta Linda Licari, oggi consigliera comunale, e considerato come il più venduto tra i giornalisti. 

E’ il 2019. Oggi. Sempre Marsala.
Qui e ora, io, proclamo la fine del bene.

Sto invecchiando. Lo capisco da un fatto, oltre che dalle visite più frequenti in farmacia: ricorro sempre più spesso all'auto citazione. Nel senso che ormai è così tanto tempo che scrivo e racconto le cose di qua, che mi tocca ripertermi. Insomma, nel caso del triste epilogo dell'esercito del bene, a Marsala, avevo già scritto molto, proprio il giorno dopo la vittoria delle elezioni. In un articolo che potete leggere cliccando qui. E adesso mi tocca pure copiarne un passo (ah, come sono fatto vecchio...):

 

Abbiamo bisogno di un Sindaco per bene, certo. Ma abbiamo bisogno ancora prima di una società di persone per bene. Se no qua sembra, ed è il vero pericolo per Marsala, che ad essere per bene debba essere solo il Sindaco, e tutti gli altri sono esentati. Come Cristo che toglie i peccati dal mondo, e amen. Ecco, Alberto Di Girolamo è persona per bene, io lo so, e non ho bisogno che me lo dimostri. Ma attorno a lui, al suo comitato, tra i suoi alleati, ci sono e c’erano però anche persone con le quali uno come Nino Rosolia, persona degnissima, ha detto che non si prenderebbe neanche un caffè. Il Sindaco per bene non serve se il contesto diventa marcio.

(...) C'è un'ultima cosa sulla quale deve stare attento, un’ultima trappola: quella della legalità. L’ho sentito dire spesso in questi giorni: sarò il Sindaco della legalità. Va bene, anche perché non credo si possa essere sindaco dell’illegalità. Ma la legalità è il mezzo di un azione di governo, non il suo fine. Dovrebbe essere una parola mai pronunciata, perchè applicata, come la respirazione.

Cosa abbiamo fatto in questi anni? Illusi di una superiorità morale, abbiamo giustificato ogni mancanza politica e amministrativa di chi governa la città. Ossessionati dall’idea di una protogrillina onestà a tutti i costi, abbiamo dimenticato che amministrare significa soprattutto fare delle scelte. Decidere. 
Insomma, abbiamo ridotto l’amministrazione di una città, a quella di un condominio: i conti a posto, via gli intrusi, caccia ai morosi.Si fa quel che si può.
Ma tanto, noi, siamo quelli del bene.

Già poco tempo dopo le elezioni, di sacerdoti e vestali del tempio del bene se ne vedevano ben pochi. Oggi sono scomparsi. A difendere la religione è rimasto solo il Sindaco e pochi altri adepti. 

Poi, in ultimo, è arrivata la magistratura. In maniera bislacca. Perchè le ultime inchieste non riguardano principalmente Marsala, eppure è come se la classe politica fosse in una sorta di ansia da attacco di panico. 
Cosa ci raccontano le ultime inchieste? Cose che non sapevamo, e cose che sappiamo già.
Ovvero che c'è un problema grosso così di qualità del consenso. Ed è un problema che riguarda tutti. Che c'è un bel pezzo della politica marsalese ha i suoi piccoli scheletri dell’armadio. Anzi, in tanti armadi. E uno di questi armadi, magari, si trova nella sagrestia del tempio del bene.

Ci guardiamo smarriti. Ma le inchieste giudiziarie ci dicono anche cose che avremmo dovuto sapere da tempo. E cioè che i giudici fanno i giudici, gli investigatori fanno gli investigatori, e i politici e i cittadini dovrebbero fare ognuno il loro mestiere, bene, e invece si delega sempre. Si pensa sempre alla responsabilità degli altri e mai alla propria. Se un mio avversario promette un posto di lavoro in cambio di un voto è un mafioso. Se lo faccio io è perchè aiuto una padre di famiglia che ha bisogno. 
Ci sono tanti casi imbarazzanti che riguardano questa amministrazione e chi la sostiene. Dalle vicende che riguardano molti consiglieri comunali di maggioranza,  allo scandalo dei servizi sociali. Dai lavori pubblici fatti male, alle opere dimenticate (il Palazzetto dello sport, il Palazzo di Giustizia). 

Ma il punto non è questo.
Il punto è la politica. Cos'è la politica ce lo ha spiegato una volta un prete buono, Don Milani:  "Ho imparato che il problema degli altri è uguale al mio. Sortirne insieme è la politica, sortirne da soli è l'avarizia".

Il punto è la politica. Il presidente del consiglio comunale Enzo Sturiano ha, per me, almeno una decina di buoni motivi per dimettersi, ma non certo quello di essere stato vicino a Paolo Ruggirello. Chi firma oggi per le dimissioni di Sturiano, e invoca la questione morale, dov'è stato negli ultimi quattro anni? E negli anni precedenti l'ultima campagna elettorale? Se continuiamo ad usare la clava della moralità, per eliminare chi ci sta antipatico, finiremo di nuovo nella trappola del bene. Non è così che si cambia la classe dirigente. E poi, pende sempre la maledizione di Pietro Nenni: "A fare gare a fare il puro, finisce sempre che arriva quello più puro di te che ti epura...". 

Ecco perché oggi, noi, a un anno dalle elezioni de 2020 dobbiamo conclamare a Marsala la fine del bene.
Perché il bene non serve, il bene non conta. 
Conta la politica, il compromesso virtuoso, il "sortirne" insieme di qualcosa, il futuro della città. Conta la giustizia sociale. 
Il prossimo Sindaco di Marsala deve essere innazitutto capace, bravo. Nel senso di competente, presentabile, creativo. E deve essere circondato da assessori e consiglieri all'altezza. Se lo sarà, sarà anche onesto, senza bisogno di doverlo scrivere su tutti i muri, mentre con il piede nasconde la polvere sotto il tappeto. 

Sarà difficile. La più grande delusione di questa amministrazione è quella di aver anche esaurito una spinta. Di aver macinato cioè, nel nome del bene, l' autoproclamatasi "società civile" (che poi ha fatto sempre politica, ma nei salotti fa più chic chiamarsi così...)  che ancora a Marsala cercava di avere un ruolo: dalle belle signore del caseggiato ai professionisti dall'appello facile, agli stakanovisti delle raccolte firme, fino agli intellettuali del dopo cena. Oggi è consumata, per età, per caviglie gonfie, perché ha perso di credibilità, perché non ci crede più, perchè la sera andiamo tutti a letto presto. 

Noi abbiamo creduto al bene. E il bene non esiste. Adesso cerchiamo ancora qualcosa in cui credere. Un nuovo totem. Nel solito paiolo, sperano che mescolando gli ingredienti di successo ("legalità", "antimafia", "giovani", "società civile", "onestà", "gruppi di lavoro", etc.) spunti fuori qualcosa, il solito vecchio schema che si ammanta di nuovo, il polpettone ricicciato buono per ogni evenienza. Magari facciamo un'operazione alla Tranchida: tutti insieme nel fortino, e si salvi chi può. A Trapani ha funzionato.

E passeremo dal Sindaco per bene, al Sindaco per benissimo. Salvo poi, ritrovarci ancora nella palude, guardarci smarriti, chiederci dove abbiamo sbagliato, noi, così diversi eppure così uguali agli altri.  

 

 Giacomo Di Girolamo



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