E’ stata depositata e dunque resa pubblica la motivazione della sentenza d’appello del processo per l’assassinio di Mauro Rostagno, celebrato a Palermo e concluso il 19 febbraio 2018 con la condanna confermata del boss Vincenzo Virga quale mandante e l’assoluzione di Vito Mazzara, condannato in primo grado dalla Corte d’assise di Trapani quale esecutore. La redazione della sentenza ha dunque preso, invece dei 90 giorni previsti dalla legge, ben 13 mesi.
Mauro Rostagno "creava fastidio al boss Agate allo stesso modo con il quale Peppino Impastato aveva infastidito Gaetano Badalamenti: vale a dire al punto da indurlo a decretarne la sua soppressione". E' quanto emerge dalla sentenza
In 451 pagine vengono spiegati dai giudici della Corte d'assise i motivi della decisione.
Il Dna esaminato era estremamente frazionato, labile, datato nel tempo, contaminato dalle persone e dalle manipolazioni anche con materiali chimici e siliconici e, inoltre, in quantità infinitesimale al punto che per essere esaminato era stato necessario procedere all'amplificazione": troppe dunque le incertezze sul Dna del killer che ha sparato. "Gli esiti degli accertamenti eseguiti sulle tracce di Dna rinvenute sui frammenti di fucile impiegato per l'omicidio di Rostagno - scrivono i giudici - a giudizio della Corte non consentono di pervenire a conclusioni dirimenti e perciò rasserenanti né a formulare diagnosi positive sulla possibilità di pervenirvi con gli ulteriori approfondimenti istruttori chiesti dalle difese".
"Per il collegio è evidente che il fatto che l'omicidio di Mauro Rostagno fosse stato sicuramente deliberato da Cosa nostra e che quando venne commesso Vincenzo Virga fosse saldamente a capo del mandamento di Trapani costituisce un considerevole elemento sintomatico della partecipazione dell'imputato all'omicidio", scrivono ancora i giudici della Corte d'assise d'appello di Palermo.