Continuiamo anche oggi la seconda parte del nostro speciale dedicato alla mafie e al contenuto della relazione semestrale presentata dalla Direzione Investigativa Antimafia al parlamento nazionale (la prima parte la potete leggere qui).
Oggi facciamo un approfondimento su Cosa Nostra. Come anticipato ieri, pur provata dalla forte azione di contrasto dello Stato, che si concretizza con confische e carcere duro, la mafia siciliana rimane "vitale e dinamica".
Equilibri interni saltati - I risultati delle attività d'indagine, assieme alle più recenti dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, delineano uno stato di generale criticità per l'organizzazione impegnata a trovare degli equilibri interni, saltati per diversi motivi lontani ma anche più recenti. Tra questi sicuramente la lunga mancanza di una effettiva struttura di vertice - la commissione, la cosiddetta cupola, che era l’unica legittimata a prendere decisioni in nome di tutta Cosa nostra.
Possibile ritorno alla violenza - La Dia non esclude "che, alla luce della non chiara evoluzione", "le articolate dinamiche dell'organizzazione possano sfociare in atti di violenza particolarmente cruenti". Una possibilità, questa "finora non suffragata da indizi che facciano presagire una volontà precisa di ritornare a forme di conflittualità eclatanti".
Mandamenti contrari alla Cupola – Se da un lato la mancanza di questa Cupola centrale ha contribuito a far saltare diversi equilibri dall’altro oggi alcuni mandamenti sono contrari alla ricostituzione della 'Commissione provinciale' a Palermo, che ha sempre rappresentato un punto di riferimento per tutta la Sicilia. Secondo la relazione della Dia, «la ricostituzione della Cupola, non è auspicata dai rappresentanti dei mandamenti, specie quelli più attivi nella gestione delle attività economiche anche fuori dal territorio di competenza che, abituati ad agire quasi in autonomia, potrebbero soffrire la restrizione delle regole imposte dalla Commissione. E’ dunque uno scenario ancora in evoluzione, proprio in relazione alla ricostituzione della 'Commissione provinciale'. Cupola che comunque, bisogna ricordare, si stava ricostituendo e che è stata azzerata dall’operazione dei carabinieri e della procura agli inizi del dicembre scorso che portò all'arresto di 46 persone, coinvolte in 4 mandamenti e che ha portato alla luce proprio quella riunione della nuova Cupola, che si è tenuta a Palermo, nel maggio scorso, con a capo il boss 80enne, Settimo Mineo.
La logica manageriale per occupare i mercati - Secondo il rapporto, «la mafia siciliana mira ad occupare i mercati legali attraverso logiche manageriali volte a massimizzare i profitti e a ridurre al minimo i rischi, 'intossicandi' i circuiti legali con immissioni di 'denaro sporcò e alla ricerca di «collaborazioni esterne per instaurare rapporti di scambio con ambienti politico-istituzionali». La Dia cita «l'esistenza di una struttura di natura reticolare che tende ad infiltrare i luoghi del potere decisionale ed economico, e nel cui ambito i singoli sodalizi ora stringono alleanze funzionali all’ottenimento di obiettivi puntuali, ora possono, ma più di rado, entrare in conflitto. L’atteggiamento violento, infatti, permane come una forma di «capitale quiescente», pronto all’occorrenza ad esplodere se vengono minacciati gli interessi delle consorterie».
Capacità attrattiva di Cosa Nostra - Nell’analizzare il fenomeno la Dia sottolinea come le mafie, nonostante «la forte azione repressiva dello Stato», continuino ad avere una «capacità attrattiva» sulle giovani generazioni, non solo nel caso di figli di boss o di ragazzi provenienti da famiglie mafiose ma anche e soprattutto quando queste fanno parte di un bacino molto più grande di «reclutamento generale» dal quale «attingere manovalanza criminale». Un bacino che continua ad essere alimentato dalle difficili condizioni sociali del sud: il reclutamento, dice infatti la Dia, «non appare certamente disgiunto da una crisi sociale diffusa che non sembra offrire ai giovani valide alternative per una emancipazione dalla cultura mafiosa». In sostanza, le mafie riducono «sensibilmente l'iniziativa imprenditoriale lecita, approfittano dello stato di bisogno di molti giovani e speculano sulla manodopera
Giochi e scommesse il nuovo "business" - Oltre a quelli classici, come traffico di sostanze stupefacenti e a quelli più tradizionali, uno dei settori su cui Cosa nostra ha investito è quello dei giochi e delle scommesse, come emerso nell’operazione “Game Over”. L’attività investigativa, ha fatto emergere come un importante imprenditore del settore, Benedetto Bacchi, originario di Partinico, fosse riuscito, con l’appoggio delle famiglie mafiose della provincia, ad imporre il brand di raccolta scommesse della società a lui riconducibile, con sede a Malta».
«Contestualmente, sono state sottoposte a sequestro numerose agenzie e punti di raccolta delle scommesse che, dislocati sul territorio nazionale, utilizzavano però un network di diritto maltese, facente sempre capo al citato imprenditore». Sul piano generale, «tutti i mandamenti mafiosi sembrano interessati al settore, favorendo l’apertura di nuove agenzie di gioco. È quanto si rileva, ad esempio, dall’esecuzione, nel mese di giugno, di un decreto di confisca nei confronti di esponenti di punta della famiglia di Brancaccio, che ha colpito un patrimonio di oltre 10 milioni di euro, composto da aziende e società, alcune delle quali operanti proprio nel settore delle scommesse».