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10/02/2019 06:00:00

No, no, no, sulla Francia non si può!

Al grido di “viva i gilet gialli!” l'impareggiabile signorino Di Maio – gran sacerdote della Prima Sacra Tessera cancella-povertà, custodita in una teca di cristallo come il sangue di San Gennaro – spalleggiato dall'ineffabile Toninelli e dallo sputafuoco Di Battista, ha varcato le Alpi per dimostrare al perfido Macron che l'Italia ce l'ha durissimo, che dei soprusi di Parigi noi ce ne strafottiamo, e che ben presto in Europa trionferà una sacra alleanza populista che purificherà il mondo da parassiti, nemici del popolo e complottisti demo-pluto-giudeo-massonici. Salvo poi a spaventarsi per l'inevitabile ritorsione francese (l'ambasciatore richiamato a Parigi, l'Air France che fa marameo all'Alitalia), e a ostentare tutta la sua stoffa di sprovveduto in una incredibile lettera al quotidiano “Le Monde”, dove tenta di incantare i cugini d'Oltralpe attribuendo alla Francia la formidabile tradizione di una “democrazia millenaria”. (Ma dove ha studiato la storia? Di che millennio straparla? È sicuro di sentirsi bene? Non è capace nemmeno di consultare Wikipedia, per apprendere che fino al 1789 regnava in Francia un monarca assoluto?).

Ebbene, vorremmo qui far notare al coltissimo e sagacissimo vicepremier e ai suoi zelanti sodali che attaccare la Francia non ci ha mai portato un gran bene. Anzi, vorremmo ricordare loro che l'ultima volta che l'Italia cercò di spezzare le reni a quella grande (ebbene sì) nazione le cose si risolsero in un disastro, in una tragedia, in una delle vicende più infami della nostra storia nazionale. Forse ripassare brevemente quella pagina di storia non farebbe male a nessuno di noi, in questo brutto febbraio 2019, col nostro Paese in piena crisi economica, morale e demografica. Forse sarebbe salutare riflettere sul fatto che certe smargiassate si pagano sempre a caro prezzo.

Ebbene: corre l'anno 1940. È il 10 di giugno, e il GSP (Grande Smargiasso Pelato) annuncia alla folla in delirio sotto il balcone di Piazza Venezia che: “La dichiarazione di guerra è già stata consegnata gli ambasciatori di Gran Bretagna e di Francia”. E bravo il Duce! Che uomo astuto! Che  stratega eccezionale! Lui pensa che sia un gioco da ragazzi colpire alle spalle, sconfiggere e umiliare una nazione già ridotta in ginocchio dalla guerra-lampo scatenata un mese prima dalle truppe hitleriane. Lui se ne frega (e già, quello è il suo motto!) dell'ignominia di una simile aggressione vigliacca, che sputtana il nome dell'Italia agli occhi del mondo intero. Tanto è sicuro che la vittoria sarà rapida e sfolgorante. Ed è così che invece prende il via la più grande figura di merda che l'Italia abbia mai fatto in tutta la sua storia.

All'alba del 21 giugno parte finalmente la gloriosa offensiva sul fronte delle Alpi Occidentali. L'Italia schiera 21 divisioni, la Francia soltanto 6. Ma il fiasco delle operazioni è pressoché totale. I francesi resistono ovunque sulle loro posizioni, il fronte non cede di un passo, e il bilancio delle perdite alla fine è terribilmente chiaro: in quattro giorni di combattimenti gli italiani perdono più di 1.200 uomini tra morti (631) e dispersi, mentre i feriti e i congelati nella neve in alta montagna sono più di 2.600. I francesi hanno invece 40 morti, 84 feriti e 150 dispersi. Quattro giorni, sì. Solo quattro maledettissimi giorni, per nostra fortuna! Perché nel frattempo la Francia, ormai debellata dai tedeschi, è stata costretta a firmare l'armistizio.

Vorremmo tutti dimenticare quella pagina orrenda della nostra storia. A volte potremmo anche riuscirci, perfino. Poi capitano cose incresciose che ci colpiscono allo stomaco, e quei quattro giorni di vergognosa sconfitta tornano a galla nella memoria come un rigurgito acido e doloroso.

Ma per finire, un suggerimento a Di Maio: la prossima volta, per recitare il suo falso mea culpa ai francesi, lasci perdere le lettere a “Le Monde”, per carità! Lasci fare il giornalista a chi ha studiato e ne ha le doti. Piuttosto, si trucchi da Josephine Baker, si ricopra di paillettes e di penne di struzzo, e vada alla tv francese a cantare “J'ai deux amours, mon Pays et Paris”. Sarà certamente più efficace, e finalmente Air France si deciderà a salvare la nostra compagnia di bandiera!

 

Sélinos