Veleni a Cinque Stelle. La deputata Piera Aiello, eletta nel collegio di Marsala alla Camera dei Deputati, prende pubblicamente le distanze dall'Associazione Antiracket "La verità vive", di Marsala, della quale è stata fino a pochi mesi fa presidente.
Cosa si sarà rotto nel rapporto tra Aiello e il dominus dell'associazione, nonché suo avvocato, Giuseppe Gandolfo? Le voci sono tante. Di sicuro Aiello non vuole più associare il suo nome ad un'associazione nell'occhio del ciclone per il modo disinvolto in cui si costituisce parte civile nei processi per mafia e per estorsione in Sicilia e in Italia, pur non avendo mai assistito alcun commerciante o imprenditore nel denunciare il racket o l'usura (altre associazioni, invece, come Libero Futuro, hanno portato decine di imprenditori alla denuncia, assistendoli giorno per giorno).
Piera Aiello è una "creatura" di Gandolfo. E' stato l'avvocato marsalese a volerla nell'Associazione Antiracket marsalese, è stato lui a lanciare la candidatura da testimonial antimafia, approfittando dell'ondata grillina che attraversa la Sicilia per un'elezione facile facile. Poi qualcosa si è rotto. Anche se Gandolfo resta l'avvocato di Aiello per una serie di denunce fatte a giornalisti o cittadini che criticano l'uso disinvolto della bandiera antimafia per fare politica, poco prima di Natale c'è stata la dichiarazione di Aiello: "Non accostate più il mio nome a quello dell'associazione antiracket di Marsala". Come mai? Secondo voci interne al Movimento, Gandolfo, mentore di Aiello, voleva essere assunto come collaboratore parlamentare, la deputata ha rifiutato.
Si tratta, tra l'altro, di una delle poche dichiarazioni pubbliche della deputata di Partanna, che in questi mesi ha fatto poco per il territorio - nessun intervento concreto su Birgi e le infrastrutture, ad esempio - e, nonostante le critiche interne al movimento, ha approvato senza fiatare tutto il pacchetto sicurezza voluto dalla Lega Nord e da Salvini. Un provvedimento che sta suscitando forti contrasti all'interno della base grillina, perchè viola secondo alcuni i principali diritti umani e lo spirito originario del movimento.
E pensare che Aiello, in qualche modo, è una "rifugiata", che con coraggio è uscita fuori da una guerra, una terriblie guerra di mafia. Durante la guerra di mafia del Belice, infatti, dopo la morte del marito, ritenuto un mafioso del clan del Belice (così come il suocero, ucciso dalla cosca rivale nel 1985, e che il figlio voleva vendicare...), nel 1991 Piera Aiello si rifugiò con coraggio tra le braccia della Procura di Marsala, rivelando quello che sapeva sulla famiglia mafiosa dalla quale voleva prendere le distanze. Per lei scattò la massima protezione, e una nuova identità.
A questo proposito, Aiello non ha fatto mai chiarezza sul modo in cui si è candidata alle Politiche del 2018. Spieghiamo meglio: l'identità di Piera Aiello, sulla carta, non esiste più, avendo lei un nuovo nome e una nuova residenza. Eppure si è candidata con il nome di Piera Aiello. Ma dall'anagrafe questo nome dovrebbe essere scomparso. Come mai? Con quali documenti si è candidata? Come è stata possibile questa forzatura? O Piera Aiello è l'unica donna in Italia ad avere una doppia carta di identità (e quella del nome che non dovrebbe esistere più chi gliel'ha rilasciata? E perchè?), oppure ha portato documenti non validi, o per lei sono state scritte regole nuove...