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22/11/2018 06:00:00

Campobello: dalla mafia alla droga, tutti i guai di Mario Tripoli. E la politica tace...

Qualche giorno fa abbiamo raccontato la notizia dell'arresto, a Campobello di Mazara, di Mario Tripoli, fratello della consigliera comunale Maria. 

Per i pubblici ministeri antimafia di Palermo che ne hanno chiesto e ottenuto l’arresto lo scorso maggio nell’operazione AnnoZero, Mario Tripoli era organico a Cosa nostra.

In particolare il Giudice per le indagini preliminari di Palermo scriveva che Tripoli “fa parte della famiglia mafiosa di Campobello di Mazara, mettendosi a totale disposizione dell'organizzazione, tra l'altro svolgendo funzioni di diretta assistenza di Raffaele URSO, esponente di vertice della medesima famiglia, mantenendo i contatti, organizzando e partecipando a incontri e riunioni con altri membri dell'organizzazione mafiosa, consentendo il continuo scambio di comunicazioni con soggetti di vertice del sodalizio, partecipando direttamente alla realizzazione dei reati-fine del sodalizio tra cui danneggiamenti aggravati, minacce aggravate, estorsione aggravata, infiltrazione in procedure giudiziarie relative alle aggiudicazioni di immobili all’asta.”

A Tripoli i magistrati contestavano pure una serie di atti di danneggiamento, poiché in corso con Filippo Dell’Aquila (altro soggetto arrestato) “distruggevano e deterioravano l’appezzamento di terreno di proprietà di CIRAVOLO Caterina, CIRAVOLO Gaspare Alessandro e INGARGIOLA Francesca, tagliando otto alberi di ulivo - costituenti piantate di alberi di cui al n. 2 della medesima norma - con una motosega con l’aggravante di aver favorito cosa nostra… ” perché, in concorso tra loro, distruggevano e deterioravano l’appezzamento di terreno di proprietà di GENTILE Antonino, tagliando nove alberi di ulivo - costituenti piantate di alberi di cui al n. 2 della medesima norma - con una motosega con l’aggravante di favorire cosa nostra. Abbiamo raccontato qui la vicenda e i rapporti con i politici.

Dopo un mese il colpo di scena: il Tribunale del Riesame di Palermo scarcera Tripoli che rimane indagato a piede libero mentre quasi tutti gli altri indagati dell’operazione Anno Zero rimangono in carcere.

Dopo 6 mesi, stavolta, è la Procura di Marsala a chiedere e ottenere l’arresto di Mario Tripoli per detenzione ai fini di spaccio di circa 7 kilogrammi di marijuana.

L’inchiesta è coordinata dalla Procura della Repubblica di Marsala e svolta dal N.O.R.M. della Compagnia dei Carabinieri di Mazara del Vallo in collaborazione con quelli di Campobello.

I fatti risalgono al 15 Marzo 2017 quando i Carabinieri perquisiscono l’abitazione del Tripoli a Campobello di Mazara e vi trovano 48 cartucce per pistola riposte sotto il sedile anteriore destro della Golf Wolkswagen di proprietà della moglie Barbera Rosetta.

I Carabinieri si insospettiscono ed estendono la perquisizione ad un altro immobile di proprietà di sua zia, un capannone industriale in contrada Pellegrino, di fatto in uso a Mario Tripoli. Lì rinvengono occultati sotto cumuli di sabbia due bidoni da 30 e 50 litri contenenti ciascuno due sacchetti di plastica con all’interno in totale 7 kg e 670 grammi di marijuana. Per trovare il secondo bidone è stato necessario, addirittura, l’utilizzo di un escavatore perché occultato troppo in profondità.

A questo punto la Procura di Marsala al fine di ricostruire l’intera vicenda criminale utilizza le intercettazioni ambientali e telefoniche del procedimento penale “AnnoZero” nel quale il Tripoli è stato arrestato e poi scarcerato.

Dall’attività investigativa capiscono che nell’occultamento dello stupefacente sono coinvolti anche i fratelli Francesco e Salvatore Catalanotto.

E’ il 10 Marzo 2017 alle ore 06.22 del mattino, Mario Tripoli e Francesco Catalanotto a bordo della Mitsubishi majero di proprietà di quest’ultimo si recano al capannone nella disponibilità del Tripoli in Contrada Pellegrino a Campobello, dove i Carabinieri della locale stazione rinveranno nascosto sotto terra lo stupefacente.

Dopo un breve sopralluogo i due si spostano per acquistare i bidoni in un ferramenta del posto, lamentandone, tra l’altro, il prezzo eccessivo:  Catalanotto “due di 50 e uno di 30…minchia non si possono comprare queste cose un bordello di soldi costano”, Tripoli: “ti ho detto 20 euro l’uno (ride)”.

Alle 9.39 si fermano in un bar in via Vittorio Emanuele ove incontrano il fratello di Tripoli Mario al quale chiederanno l’uso dell’escavatore utile per occultare la droga: Tripoli “passa un attimo dal bar , non facciamo che a mio fratello l’escavatore non è partito”.

Terminato l’incontro si spostano in un supermercato della zona, Simply, per acquistare i sacchetti di plastica che secondo gli inquirenti sarebbero serviti per conservare lo stupefante.

In effetti scrivono gli investigatori “come riscontrato al momento del sequestro, lo stupefacente era stato rinvenuto all’interno di sacchetti di plastica a loro volta contenuti all’interno di recipienti semirigidi, verosimilmente si tratta di una precauzione utilizzata per preservare lo stupefacente dall’umidità, atteso che lo stesso doveva essere nascosto e conservato sotto terra”.

Alle 10.30 ai due si aggiunge Catalanotto Salvatore che salito a bordo della Mitsubishi majero invita il fratello a non intraprendere la strada dello spaccio, non ritenendolo esperto in quel settore criminale a differenza sua che invece si ritiene molto competente: “E gliela nascondo io… e me la sbrigo io… prendi questa cosa subito e dalla a me… stai zitto lampione tu di queste cose non ne hai esperienza”.

In effetti, scrivono gli inquirenti, l’esperienza di Salvatore Catalanotto nello specifico settore dello spaccio di stupefacenti è stata poi confermata il successivo 13 aprile 2017 quando viene arrestato unitamente a Vento Vincenzo (1989) e Valenti Alexandre (1990) poiché trovati in possesso di 310 grammi di marijuana.

Alle ore 11.16 il Tripoli e i fratelli Catalanotto si recano nuovamente nel capannone di contrada Pellegrino e gli inquirenti ascoltano in lontananza rumori di veicolo a lavoro compatibili con un escavatore e il Catalanotto Salvatore dire “avanti… a minchia… facci fare il buco, dai vai parte Mariano (inizia a lavorare Mariano “Tripoli”).

Appare inquietante notare che nella richiesta di arresto della Procura di Marsala a Mario Tripoli viene contestata la recidiva aggravata, e il Giudice per le indagini preliminari che lo pone agli arresti domiciliari con l’obbligo del braccialetto elettronico scrive “Tripoli Mario… annovera una serie di condanne definitive, a pene severe, per gravi reati (rapine aggravate, estorsioni, illegale porto d’armi), che ne connotano la particolare pericolosità sociale".

Appare sempre più ambigua la politica a Campobello di Mazara. Da un lato l’attività pubblica antimafiosa svolta dalla sorella Maria Tripoli nella qualità di consigliere comunale di maggioranza, fotografata insieme al Sindaco Castiglione durante l’inaugurazione di beni confiscati alla mafia con le più alte cariche istituzionali. Di contro l’attività criminale del fratello Mario Tripoli, accertata da numerose sentenze di condanna definitive e le gravi accuse di mafia contestate dalla Procura Antimafia di Palermo nonché l’odierno arresto per droga.

E all’ambiguità si aggiunge un alto tasso di omertà che si ramifica nella piccola Campobello: nessuna presa di posizione di Sindaco, Assessori, Consiglieri Comunali, Partiti Politici è mai arrivata sui fatti e sulle inchieste che, seppur indirettamente, coinvolgono l’intera classe politica campobellese.



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