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08/11/2018 10:00:00

La storia del Carabiniere che è morto mentre inseguiva un ladro

 Il carabiniere Emanuele Reali, di anni 34 e padre di due bambine, è morto perché è scivolato sui binari bagnati ed è stato  travolto dal treno mentre inseguiva un uomo che aveva rubato un aspirapolvere e un frullatore.

Tutto comincia martedì mattina con una operazione di routine. In via Pier Paolo Pasolini, all’interno del parco La Selva di Caserta, i carabinieri del nucleo operativo bloccano due ladri; nella loro auto ci sono i ferri del mestiere, due radio ricetrasmittenti, una pistola giocattolo e la refurtiva: l’aspirapolvere e il frullatore.

Due complici sono riusciti a fuggire con un’altra vettura, ma sono stati identificati rapidamente. Il caso vuole che in serata li intercetti fuori da un bar di via Ferrarecce la pattuglia di cui fa parte Emanuele Reali.

Uno dei ladri viene subito ammanettato, l’altro riesce a scappare a piedi dirigendosi verso la ferrovia. Il vice brigadiere si lancia all’inseguimento a piedi, scavalca il muretto, scivola e viene travolto dal treno locale partito da Piedimonte Matese e diretto a Napoli Centrale. Una morte orribile sotto gli occhi dei colleghi che non riescono a far nulla se non costatarne il decesso.

Scrive Massimo Gramellini:

Si chiamava Emanuele e stava facendo il lavoro più inutile del mondo. Arrestare un ladro di appartamenti che, ai sensi del comma x della norma y, il giorno dopo sarebbe tornato in libertà. Si chiamava Emanuele e indossava la divisa di vicebrigadiere dell’Arma. Aveva intercettato il malvivente in un parco. Nella concitazione dell’inseguimento, aveva scavalcato un muretto ed era scivolato sui binari bagnati della stazione di Caserta, accanto a un passaggio a livello, proprio mentre irrompeva un treno regionale che non aveva potuto evitare l’impatto. Erano le otto di sera. Faceva buio. Si chiamava Emanuele e aveva trentaquattro anni, due figlie piccolissime, una moglie giovane e due genitori invecchiati di colpo. I carabinieri finiscono in prima pagina solo quando saltano su una mina in qualche guerra o quando picchiano un inerme in qualche carcere. Simboli estremi del bene e del male. Emanuele, così si chiamava, aveva inseguito e arrestato tanti ladri, ma in prima pagina non c’era finito mai. Anche la sua morte, in fondo, è stata così assurdamente ordinaria da meritare poco più di un trafiletto nelle cronache locali. I suoi colleghi scrivono che le autorità non gli intitoleranno né una strada né una piazza e che a breve il suo nome non lo ricorderà più nessuno. Invece si chiamava Emanuele Reali e così si chiamerà per sempre. Finché ci sarà un carabiniere che insegue un ladro al buio, su una strada bagnata.



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