Gentile Direttore,
mi rivolgo a voi per esprimere il male di vivere che mi assale in una città, Marsala, che sembra destinata all’estinzione. Questa è una terra da cui scappare, vittima di sciacalli e teste basse. I primi depredano i secondi fanno finta di non vedere. Non parlo di omertà. Parlo proprio di cecità. Di lassismo. Di assenza di sangue nelle vene. Siamo morti pur essendo vivi. E allora i più fortunati di noi fuggono, perché per sopravvivere serve molto di più di quest’acqua salata e dei tramonti di fuoco. Servono tutele e opportunità. Invece siamo in mano ad un’Amministrazione che coltiva cortili troppo piccoli e giustifica ogni fallimento con un copione così collaudato da non indignarci nemmeno più. Perché la Sicilia ha tanti difetti ma uno su tutti la rende insopportabile da vivere. Ci si abitua. A tutto. Un’alzata di spalle e un meschino “chi ci pozzu fari” e si va avanti. Ma come non sentite il peso alla coscienza? Quando vedete i vostri vicini gettare sacchetti di spazzatura putrescenti dal finestrino, quando i vostri figli, i vostri amici, i vostri fratelli, usano le strade del centro come orinatoio pubblico, e urlano, spacciano e vomitano come se il decoro e la decenza fossero valori che nessuno gli ha mai nominato. Quando non vi fermate ai semafori rossi, agli stop, agli obblighi di precedenza. Quando i vostri amici, conoscenti o semplicemente sconosciuti picchiano, insultano, denigrano esseri umani e voi anziché intervenire pensate solo a guardare, spesso dall’altra parte o al massimo lo schermo di un cellulare. Come fate a dormire tranquilli?
A guardavi allo specchio e sentirvi a posto con voi stessi? Quando sapete che qualcuno ha ottenuto un lavoro non per meriti ma perché è amico dell’amico. Quando il vostro capo o il capo di qualcuno a voi vicino discrimina una collega perché donna e magari madre. Oppure sfrutta, sottopaga e strumentalizza giovani e meno giovani perché bisognosi di un lavoro e di un pezzo di pane sulla tavola. Come non vi ribolle il sangue nelle vene quando anno dopo anno metri di spiaggia spariscono inghiottiti nelle casbe di case abusive che proliferano sul nostro litorale? E noi lì, inermi. Perché l’acqua ci bagna e il vento ci asciuga. Nulla ci tange. Sabato sera una ragazza è stata picchiata e un’altra è stata aggredita perché l’ha difesa. Allora mi chiedo che città è una in cui non ci si sente liberi di uscire la sera per paura di finire in mezzo all’ennesima rissa o di essere la vittima sacrificale di una banda di giovani frustrati, depressi e ubriachi che scaricano la rabbia e l’insoddisfazione addosso al primo che “osa” incrociare al loro cammino. Dove sono le forze dell’ordine? Dove sono le forze dell’ordine quando file di automobili sostano sopra i marciapiedi del centro? Dove sono quando ci si sente violati nelle proprie case perché qualcuno pensa bene di entrare nell’androne del tuo palazzo e defecarvi? Due giorni di indignazione sui social e poi torneremo tutti a dimenticarcene. Perché sembra che questa sia una delle attività preferite degli ultimi tempi: sforzare di dimenticarci. Degli ultimi. Della storia. Delle offese dette e ricevute. Dei torti visti e subiti. Dimenticare e andare avanti.
Non entro nel merito di politiche, né locali, né nazionali. Il calderone è troppo pieno di fiele e marciume e non ho le competenze per destreggiarmi e difendermi. Parlo di buon senso. Perché al di là di ogni cosa qui manca questo. Buon senso e rispetto. Nel mezzo di questo miasma ci sono persone davvero per bene che lottano, nel piccolo, per cambiare anche solo di una virgola il “mondo”. Ma avranno ancora la forza per lottare? O saranno schiacciati? Perché se le urla restano inascoltate figuriamoci i sussurri.
Una cittadina