E' il tempo del populismo, è il tempo dei pensieri ammucchiati, in verità mai pensati ma vomitati sui social, abbattuti su qualcuno come una scure. E' il tempo del nemico da scovare, da cacciare, da lapidare con le offese via web. E chi è il nemico? Solamente chi ha un pensiero diverso, chi lo esprime chiaramente, chi lo scrive.
Lo sappiamo bene noi, di Tp24, che siamo stati oggetto di minacce, di insulti, di messaggi che avevano, e hanno, l'obiettivo di massacrarci, di renderci deboli e vulnerabili, di farci scendere a determinati livelli ( tranquilli, non lo abbiamo mai fatto). Le scritte sessiste, i messaggi di odio ci hanno accompagnato e ci accompagnano ogni giorno, fanno capolino unitamente alle scritte incitanti al pestaggio, che non è solo social, ma che mina la serenità di chi ci sta accanto: “A questi di Tp24 è meglio andarci allo studio”, e poi ancora “Andiamo a prenderlo a casa” ( riferito al direttore della testata).
E per questo comprendiamo come ci si possa sentire quando, adesso, gli insulti sono rivolti ad altri. Ci dispiace per chi pensa che il problema sia solamente Matteo Salvini, non è così. Lo è anche, ma non solo. C'è un odio accecante contro chiunque abbia un pensiero, legittimo, contro una parte politica, contro un deputato, contro l'idea di Governo. Quello che inquieta è come si possa pensare che alcune minacce, o offese, siano diverse da altre e per questo condannabili. Mentre per altri il discorso non funziona alla stessa maniera.
La solidarietà è tale quando manifestata sempre, altrimenti è parvenza e occasione mancata per tacere. I doveri morali non sono solo da una parte, siamo troppo abituati a chi ci propina che il giusto è tutto in un verso. Non può esistere un doppio binario della solidarietà, se così fosse allora c'è un falso perbenismo che ignora che le minacce di morte, e gli insulti sessisti passibili di querela, sono tali per tutti e non hanno un peso maggiore se rivolti a qualcuno in particolare.
Questa redazione esprime vicinanza alla consigliera Linda Licari, oggetto del becero gioco social di denigrazione solo per avere espresso la sua opinione in merito all'attività di governo del Ministro dell'Interno, Matteo Salvini. Un merito tutti questi leoni da tastiera ce l'hanno: sappiamo esattamente come non vorremmo essere e come non saremo mai. In questi mesi difficili per l'Italia ad essere minata è la libertà di espressione.
Si è coraggiosi. Siamo coraggiosi, nessuno si offenda, quando nonostante tutto continuiamo a testa alta a fare il nostro lavoro, con la schiena dritta e con la capacità di raccontare ciò che accade, senza la paura dell'ennesimo messaggio intimidatorio. Non siamo eroi, non siamo vittime. Siamo preoccupati, questo si.
Perchè sappiamo, prima degli altri, cosa significa diventare carne da macello per invasati della comunità di facebook che sparano dritto, cibandosi di odio e trasmettendo l'ira post dopo post. Ne abbiamo raccolto di testimonianze in queste lunghe settimane. Lo stesso Davide Faraone, senatore del PD, è bersaglio umano costante di hater i cui messaggi farebbero rabbrividire chiunque. Adesso anche essere abbronzati diventa motivo per insultare pesantemente, linciaggio mediatico a mezzo messaggio privato.
Si prendono le distanze da tutto ciò? Assolutamente sì, ma sempre e non a corrente alternata. Perchè ci sono episodi che non riguardano la simpatia umana, l'amicizia, la vicinanza partitica, i rapporti personali, ma l'obbligo morale. Uguale per tutti, in qualunque circostanza.
Le parole ignobili hanno il medesimo peso per chiunque vengano utilizzate, lo si sappia e lo si scriva, sempre. Solo così si può pensare di costruire un'Italia civile.